07/10/2011
Una coltivazione di pavaeri da oppio, in Afghanistan.
Guerra, corruzione, oppio ed eroina sono lo zoccolo duro della storia politica, economica e sociale dell’Afghanistan da decine d’anni. Nessuno ha mai potuto dimostrare qual è il seme e quale il frutto in questo circolo vizioso di violenza, dolore, disperazione e distruzione. Ma in fondo scoprire se viene prima l’uovo o la gallina non interessa più a nessuno. Tutti sanno che narcotraffico, corruzione, e conflitto sono legati insieme, continueranno o finiranno insieme. Per ora sembra che tutto continui come prima, con più disperazione e senza più pazienza da parte di chi voleva un futuro diverso per questa terra martoriata da mezzo secolo.
Dieci anni dopo l’inizio della nuova guerra che vede gli Stati Uniti protagonisti, le coltivazioni di papavero da oppio sono aumentate di molto in valore totale anche se sono leggermente calate in quantità a causa delle produzioni ridotte nelle province meridionali di Helmand e Kandahar, le regioni più produttive d'oppio del paese. Ma il Paese rimane il problema di narcotraffico numero uno del mondo, senza vedere per ora una soluzione vicina e sostenibile, visto che il business del narcotraffico va alla grande nelle province del nord e nord-est di Badakhshan, Baghlan e Faryab, così come nelle province meridionali e occidentali di Herat, Ghor e Kapisa. Baghlan, Faryab, Kapisa e Ghor erano tutte terre libere dall’oppio nel 2010.
Oggi solo 16 delle 34 province sono “pulite”, fuori del giro del narcotraffico, cioè circa il 20% di meno rispetto all’anno scorso. La campagna internazionale per la riduzione dell’economia oppio-eroina va dunque nella direzione sbagliata e rappresenta un'inversione inquietante rispetto ai grandi sforzi e alle speranze di tagliare la produzione di oppio, una fonte di reddito importante per l'insorgenza talebana. Quest’anno i prezzi dell'oppio secco sono aumentati del 306 per cento, a 281 dollari al chilo dai 69 dollari dell'anno scorso. È stato il secondo anno consecutivo di forti aumenti, dopo l’altra impennata dei prezzi attribuita l’anno scorso ad una malattia dei papaveri che aveva distrutto quasi la metà del raccolto. "Oggi abbiamo prezzi mai visti prima dal 2004," ha detto Jean-Luc Lemahieu, rappresentante in Afghanistan dell’ l'Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine. "Questo non è il solito business criminale che eravamo abituati a contrastare: con questi prezzi non c’è coltivazione alternativa che possa convincere i contadini ad abbandonare l’oppio”.
Un laboratorio per la produzione di eroina scoperto e disattivato da un'operazione antidroga nella provincia dell'Helmand, in Afghanistan nel settembre 2011 (foto fornita dal Ministero della Difesa australiano)
Il denaro facile chiede protezione ed armamento e rigenera la
violenza che l’ha prodotto come testimoniano l’altissimo livello di armi
in circolazione in Afghanistan per uso nel conflitto interno e per i
traffici da e verso i paesi limitrofi. Mohammad Ibrahim Azhar,
vice ministro antidroga, sottolinea l’alto prezzo in vite umane di
poliziotti e contadini pagato per l’eradicazione forzosa del papavero da
oppio. Le vittime si contano ormai a centinaia che si aggiungono alla
sofferenza diffusa causata dalla vita precaria, l’insufficienza degli
aiuti agricoli e la scarsa sicurezza che regna ovunque, senza alcun
vantaggio evidente per le province che hanno abbandonato il
narcotraffico. I Talebani invece offrono protezione armata e addirittura
credito ai produttori di oppio. Sono strumenti di propaganda che
convincono facilmente in alcune regioni il 90% della popolazione a farsi
narco-produttori. “L’occasione fa l’uomo ladro” ha detto Lemahieu, “ma
quando la domanda globale di eroina e la disperazione locale sono così
forti non sarebbe giusto semplificare l’analisi del problema
condannando solo i Talebani o i produttori di oppio".
Ma è anche vero che gli alti guadagni dell’eroina provocano dipendenza,
quasi come quella dei consumatori; infatti nelle province del Nord il
94% dei produttori si dichiarano soddisfatti di una buona situazione di
sicurezza, ma non per questo intendono rinunciare alle produzioni
illecite. L’Afghanistan del 2011 fornisce circa il 90 per cento dell'oppio mondiale. I
contadini delle province di Helmand e Kandahar, che insieme
rappresentano oltre il 70 per cento della coltivazione del papavero
afgano, continuano a ripiantarlo nonostante il fatto che il governo
cerca di sradicare le coltivazioni con campagne di eliminazione che
l’anno scorso hanno raggiunto 10.000 ettari.
La polizia aghana brucia ingenti quantità di oppio sequestrate nell'area di Herat (foto Ansa).
Quando il Presidente George W. Bush iniziò la campagna d’Afghanistan
contro i Talebani annunciò che lo sforzo avrebbe richiesto agli
americani mesi di forte pazienza. Di mesi ne sono passati 120 e sono
previsti altri tre anni di presenza delle truppe americane fino al 2013.
Circa 1700 soldati americani hanno perso la vita e decine di migliaia
sono stati feriti. Per la maggior parte di loro si tratta di ferite
invalidanti, che non minacciano la vita, ma impediscono un
re-inserimento nella vita produttiva ordinaria. Per tutti loro, quasi
tutti giovani, la legge americana di protezione sociale dei veterani
obbligherà il governo USA a pagare alti costi per 60 o 70 anni,
nell’ordine di 100.000 dollari a persona, e quindi miliardi di dollari
per 60 anni consecutivi. Di fronte a un bilancio così pesante la
pazienza degli americani è finita. La maggioranza di loro, 6 su 10
secondo un sondaggio CBS, pensa che l’America non dovrebbe essere
coinvolta nel conflitto Afgano.
Sandro Calv
ani,
Direttore
Centro ASEAN sugli Obiettivi di sviluppo del millennio delle Nazioni Unite, Bangkok, Thailandia
A cura di Alberto Chiara