G20, il futuro fa paura a tutti

A Cannes i problemi in gioco sembrano essere soprattutto europei. In realtà riguardano tutti, anche Stati Uniti e Cina. Serve un compromesso tra la ricetta tedesca e quella di Obama.

Le origini della crisi

03/11/2011
Il presidente francese Nicolas Sarkozy accoglie a Cannes il presidente della Cina Hu Jintao.
Il presidente francese Nicolas Sarkozy accoglie a Cannes il presidente della Cina Hu Jintao.

Da lunedì pomeriggio gli sherpa sono riuniti a Cannes per preparare gli ultimi dettagli del vertice del G20 e discutere le righe ancora mancanti del comunicato finale. Questa volta però sono stati sorpresi dalla tormenta finanziaria del 1 novembre che ha reso ancora più evidente, se ce n'era bisogno, la delicatezza della situazione internazionale. Ma perché la crisi perdura? Perché le zone ricche del pianeta sembrano le più vulnerabili? Che cosa possiamo aspettarci dal prossimo futuro? Fare previsioni è esercizio molto difficile e generalmente sconsigliabile, ma possiamo provare a fare qualche considerazione su quanto sta accadendo per provare a cogliere quali siano gli scenari possibili.








Le origini della crisi
La finanza


Iniziamo dalle origini della crisi. Durante gli anni '90 e, soprattutto, dopo il 2000 abbiamo assistito ad una sistematica deregolamentazione della finanza internazionale. Sono stati ridotti regole, controlli e autorizzazioni per agire nel mercato finanziario: banche d'affari, banche commerciali e assicurazioni hanno potuto agire senza più confini di settore e godendo di una facilità di azione consentita dalla deregulation. Molti grandi operatori hanno messo in atto comportamenti sempre più spregiudicati, come i mutui sub prime (cioè prestiti a soggetti non solvibili, sotto la linea 'prime' che distingue chi ha possibilità di pagare da chi no) scaricando il rischio delle operazioni su altri operatori, mimetizzando i titoli rischiosi in mezzo a quelli normali (operazioni consentite dalla riduzione di regole e controlli). La contemporanea evoluzione del mercato finanziario resa possibile dall'informatica e da internet ha fatto che il mercato finanziario diventasse globale e che si scambiassero titoli articolatissimi (fondi, cioè pacchetti di più titoli, fondi di fondi, derivati etc.) senza sapere che cosa contenessero esattamente, basandosi esclusivamente sulla fiducia di chi li emetteva. Quando si sono determinati i primi default (quando i debitori insolventi non potevano più pagare nemmeno con la loro casa perché nel frattempo il mercato immobiliare era crollato riducendo il valore degli immobili posti a garanzia dei mutui), l'emorragia si è trasmessa attraverso tutto il percorso delle cessioni e ha infettato l'intero mercato finanziario. Si è diffuso il panico e tutti hanno temuto di avere in mano titoli spazzatura, cioè componenti rischiose o impagabili all'interno di titoli apparentemente sicuri: le borse sono crollate, Lehman Brothers è stata lasciata fallire e le banche hanno smesso di prestarsi reciprocamente denaro, timorose del contagio.


L'economia

Il messaggio dato dal crack delle borse è stato recepito dalle famiglie che hanno iniziato a risparmiare, cioè a rinviare gli acquisti di beni durevoli, a cominciare dalle automobili. L'industria dell'auto (ma è avvenuto in tutti i settori dei beni durevoli, quelli il cui acquisto può essere rimandato) ha perso il 30% di fatturato nell'ultimo trimestre 2008 e ha iniziato a licenziare. Le famiglie dei licenziati a quel punto hanno iniziato a stringere la borsa su tutti gli acquisti, anche quelli della spesa ordinaria. Quella riduzione dei consumi ha riguardato tutti i settori e ha iniziato a trasmettere la crisi dai beni durevoli a tutti gli altri. La riduzione generalizzata degli acquisti ha generato licenziamenti in tutti i settori, provocando ulteriori riduzioni dei consumi in una spirale che si autoalimenta pericolosamente. La crisi così dalla finanza così si è trasmessa dalla finanza all'economica, iniziando dal settore dei beni durevoli ed estendendosi in breve in tutti i comparti.


La finanza pubblica

Gli stati in questa situazione si sono trovati di fronte ad una riduzione delle entrate (le imposte sono proporzionali ai redditi) e ad un contemporaneo aumento del fabbisogno finanziari per sostenere la spesa sociale (con la crisi aumenta automaticamente la spesa per sussidi di disoccupazione, cassa integrazione etc.). La scelta a questo punto è tra aumentare le tasse, strozzando ulteriormente i consumi e rischiando l'impopolarità, e aumentare il debito, rinviando al futuro il peso del sostegno finanziario alla crisi.

Riccardo Moro
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Postato da giorgio traverso il 03/11/2011 18:19

Bisogna cambiare sistema,il CAPITALISMO,ha fallito.Ci vuole una societa più giusta,più giustizia sociale,aiutare gli imprenditori onesti,regole trasparenti per le banche,combattere imercenari della finanza.per ultimo leggi molto severe per chi non rispetta l'ambiente. giorgio traverso

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