Corno d'Africa, la fame che uccide

Si parla ormai di quasi 11 milioni e mezzo di persone a rischio sopravvivenza, in Somalia, Kenya, Etiopia. Ma anche Gibuti ed Eritrea. Mentre i Paesi donatori latitano.

Le Ong avevano lanciato l'allarme già nel maggio scorso

24/07/2011
Madre con bambino in fuga dalla carestia nei pressi di Mogadiscio, Somalia (Foto: Ansa).
Madre con bambino in fuga dalla carestia nei pressi di Mogadiscio, Somalia (Foto: Ansa).

Già nel maggio scorso 31 Ong italiane e internazionali avevano lanciato un appello per rispondere in tempo all’emergenza che si profilava. Appello rimasto inascoltato. Eccone il testo.


     Due milioni e 400 mila somali, quasi un terzo della popolazione del Paese, vivono attualmente in crisi a causa di una delle peggiori siccità nella storia recente, anche per il conflitto in corso.


     È una coalizione di 31 agenzie umanitarie a sottolineare che la recente siccità ha influito sulla già precaria situazione della sicurezza alimentare, uccidendo il bestiame in gran numero e portando alle stelle i prezzi dei cereali nel Paese.


     Le piogge attese in Somalia quest’anno sono state finora in ritardo, e insufficienti per recuperare l’impatto  della siccità sulle comunità. Anche se l'Africa orientale è soggetta a siccità ricorrenti, questa del 2011 è stata particolarmente difficile. Le precipitazioni per questa stagione saranno al di sotto del normale. Le 31 agenzie umanitarie avvertono che molti somali rischiano di perdere la vita e i mezzi di sussistenza, con il peggioramento della siccità.

     La produzione agricola è stata massicciamente rovinata, e dipendendo dalle precipitazioni i raccolti della scorsa stagione sono andati persi. Il prossimo raccolto previsto in luglio e agosto, è probabile che sia al di sotto del normale e continui lo stato di crisi. Con le famiglie povere legate della produzione locale dei cereali più economici, un altro raccolto insufficiente porterebbe i prezzi a salire alle stelle ulteriormente. Questo aumenterebbe il prezzo per i beni di sopravvivenza, rendendo l'acquisto di prodotti alimentari estremamente difficile per la stragrande maggioranza dei somali che vivono con meno di un dollaro al giorno.

     «Ho perso tutto», ha detto Mohamed Ali, un pastore della regione lungo la costa del Basso Scebeli. Solo quattro mesi fa, Mohamed era un ricco pastore con 250 capi di bestiame. Il suo gregge forniva latte nutriente per i suoi figli, e reddito per la sua famiglia. Oggi, i campi intorno alla sua casa sono disseminati di carcasse di bestie morte. Mohamed è uno dei migliaia di pastori che hanno perso i loro mezzi di sostentamento, e sono diventati poveri. Recentemente, ha macellato la sua ultima vacca per vendere la pelle per 2 dollari. Questa è la sua ultima opportunità per trovare del denaro per alimentare i suoi bambini

     Un bambino su quattro è ormai affetto da malnutrizione acuta nelle regioni meridionali della Somalia, le più colpite. In alcune zone, la malnutrizione colpisce il 30 per cento della popolazione. Questo è uno dei più alti tassi di malnutrizione nel mondo, e il doppio della soglia di emergenza. Ci sono ora 241.000 bambini gravemente malnutriti in tutta la Somalia, di cui 57.000 sono gravemente malnutriti

     Il prezzo dei prodotti alimentari continua a salire, e questa tendenza è destinata a continuare per i prossimi mesi. Nella regione di Bay, i prezzi dei cereali sono aumentati del 135 per cento dal periodo dello scorso anno. Le persone hanno difficoltà a comprare ogni bene di base con i prezzi alle stelle. Per i più poveri in Somalia, i più colpiti da questa siccità, la situazione sta diventando insostenibile


     Più di 55.000 persone sono sfollate a causa della siccità e molti altri stanno migrando verso zone urbane in cerca di cibo e acqua. Per gli agricoltori e i pastori, ci vorranno molte stagioni per recuperare l'impatto devastante della siccità e assicurare la loro autonoma sussistenza.

     Con un deficit di finanziamenti rilevanti, le agenzie umanitarie non hanno risorse sufficienti per far fronte alle esigenze di chi soffre. Mentre l'accesso nel Paese rimane una sfida, molte Ong stanono ancora riuscendo a fornire assistenza d'emergenza ai più vulnerabili.

Distribuzione d'acqua nell'ultimo campo rifugiati aperto in questi giorni, chiamato Ifo 2, in Kenya nei pressi dell'enorme agglomerato di Daadab (Foto: AP).
Distribuzione d'acqua nell'ultimo campo rifugiati aperto in questi giorni, chiamato Ifo 2, in Kenya nei pressi dell'enorme agglomerato di Daadab (Foto: AP).

LE 31 ONG UMANITARIE FIRMATARIE DELL'APPELLO:

Agency for Technical Cooperation and Development (ACTED); Adventist Development and Relief Agency Somalia-ADRA; African Rescue Committee (AFREC); International Rescue Committee (IRC); Juba Foundation;  Kaalo; Baniadam Relief & Development Organization; Kisima; BTSC; CARE; CESVI; Concern Worldwide; COOPI; Danish Refugee Council (DRC); Intersos; Peace and Development Organisation; MEDAIR; Mercy Corps; Norwegian Church Aid (NCA); Oxfam; Social life and Agricultural Development Organization (SADO);  Save the Children Somalia/Somaliland; HAVOYOCO; Somali Family Services (SFS); HIJRA; SOCED; Horn Relief; Trócaire; Integrated Development Focus (IDF); Vétérinaires Sans Frontières– Germany (VSF Germany); International Solidarity Foundation (ISF); World Vision.

Luciano Scalettari
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