"Noi, naufraghi della marea nera"

La Bp annuncia: il "tappo" tiene. Ma i danni restano. Reportage dalla Lousiana, in ginocchio per gli effetti del disastro ambientale: disoccupazione, miseria, e angoscia per il futuro.

"Noi pellerossa contro il petrolio"

15/07/2010

Whitney Dardar è uno dei 17mila indiani Houma che abitano i bayous, le acque basse dolci del delta del Mississippi. La sua barca, la Golden Eagle, giace immobile nelle acque verdastre di uno dei canali della xx Bay. Ovunque spazzatura e ruggine. “Ho 75 anni e questa è la prima volta che non vado a pescare per un mese. Di solito vado in mare da solo, tiro le reti in secca, con gamberetti, pesci e granchi. Whiteny è una persona semplice dallo sguardo dolcissimo che, nonostante la tragedia della marea nera, illumina il suo viso.   La sua gente, sebbene la cultura sia stata assorbita da quella occidentale dei coloni francesi prima e degli americani poi (quando la Luoisiana venne acquistata nel 1803), si dice siano i più grandi conoscitori di queste terre. Ne hanno navigato le acque su barche di legno e canne, ne conoscono le piante mediche e gli angoli più pescosi. La loro lingua mischia inglese e francese, ma ha un suono più antico, dolce, il ricordo di una cultura degli antenati dimenticata, ma di cui si percepisce ancora una traccia. Nel 900 la tribù houma ha imparato a convivere con l’industria petrolifera che ha esplorato e perforato ogni angolo di quello che una volta era un paradiso della vita. I giovani sono andati a lavorare sulle piattaforme in cerca di fortuna e hanno scafato gli oleodotti attraverso canneti e paludi, cambiando per sempre la faccia di questa terra. In cambio il governo, nel 1975, li ha privati dello statuto di Nativi americani e di tutti i benefici e risarcimenti ad essi legati. Queste terre sarebbero diventare riserve indiane: un danno infinito per le compagnie petrolifere che, secondo gli houma, hanno fatto di tutto per escluderli.   «Mi ricordo come era il delta del Mississippi 50 anni fa» racconta Whitney. «Era bello allora, era pulito anche se iniziava ad esserci il petrolio». Poi l’inizio di una lenta agonia, nonostante i tentativi di bonifica – 12 piani rimasti sugli scaffali in 10 anni – oggi aggravata, e forse fatale, dalla falla nel pozzo della Deepwater Horizon. La marea nera avanza come il Nulla de La storia infinita di Michel Ende. Oggi sono tutti a terra, le autorità hanno avvertito che pescare è vietato e chi viola il divieto sarà severamente multato. «Cosa possiamo fare, molti di noi sanno solo pescare, non abbiamo avuto educazione, specie i meno giovani. Katrina è stato meglio della marea nera, allora dopo il disastro potemmo ricostruire e tornare a pescare. Oggi invece non possiamo fare nulla». . «Le ostriche, le migliori del Paese, comprate da rinomati ristoranti, da New York, da Los Angeles, da Chicago, scompariranno», spiega Kirk Cheramie, direttore Houma del Administration for native American. «Le uova sono in un’area dove il petrolio ne ha ricoperto i fondali. Nel prossimo anno non ne avremo affatto e non sappiamo quando potremo ancora raccogliere ostriche. Se la tribù rimane senza pesce un anno è condannata». E gli effetti cominciano a vedersi nella comunità sono devastanti. “Le persone non possono pagare i debiti, non hanno soldi per mangiare - racconta Kirk - quindi iniziano a bere. Il risultato è che aumenta la depressione e aumenta la violenza domestica. È un disastro del quale non si vede la fine.”

Emanuele Bompan
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