11/05/2013
Joint Strike Figther, cioè “cacciabombardiere congiunto”. Questo il significato della sigla JSF: il programma delle tre forza armate Usa – Air Force, Navy e Marines – dal quale è nato il Lockheed Martin F35. E al quale si sono via via aggiunti numerosi Paesi: dalla Gran Bretagna alla Norvegia, dalla Danimarca all’Australia, dal Canada (che ora sembra tirarsi indietro) a Israele, dal Giappone all'Italia.
Obiettivo del progetto: realizzare un aereo da combattimento monoposto di “quinta generazione”, con caratteristiche "stealth" (cioè invisibile ai radar), destinato a sostituire pressoché tutti i caccia in servizio con l'aeronautica, la marina e i marines. Vale a dire, F15, F16, A10, F/A18. E ancora gli AV8 Harrier a decollo verticale e gli aerei stealth di prima generazione, cioè gli F117A (già ritirati dal servizio). Per riuscirci, del nuovo velivolo esistono tre versioni: l'F35A è quella “normale”, l'F35B ha un complesso sistema di ventole per poter decollare e atterrare anche verticalmente, mentre l'F35C è il modello irrobustito e dotato di gancio d'arresto per l'impiego sulle portaerei.
Dopo un lungo periodo di sviluppo, iniziato nel 1996, oggi i primi esemplari dell’F35 (costo circa 130 milioni di dollari l’uno) stanno entrando in servizio. Non senza difficoltà, dal momento che si susseguono notizie di problemi tecnici. Gli ultimi “rumors” arrivano dalla Gran Bretagna, dove un rapporto parlamentare avrebbe rivelato difficoltà degli F35C nell'operare dalle portaerei in particolari condizioni climatiche. Un problema che si aggiungerebbe a una lunga lista di guai già evidenziata negli Stati Uniti. Si va dai dubbi sulla protezione dai fulmini (prudenzialmente l'Usaf ha proibito agli F35 di volare nei dintorni dei temporali), alle cricche scoperte nelle palette del motore, sino al malfunzionamento della visiera del casco, attraverso la quale il pilota riceve le informazioni. Da qui a etichettare l'F35 come un “bidone” ce ne corre. Problemi tecnici sorgono in ogni progetto aeronautico innovativo. Basti pensare ai recenti guai del nuovo aereo di linea Boeing 787 “Dreamliner”. Con un po' di pazienza se ne viene fuori. Tutti questi inconvenienti, però, rafforzano il partito di chi - per motivi diversi - si oppone all'F35. Partito al quale si è aggiunto persino Chuck Yeager, il leggendario pilota collaudatore - oggi 90enne - che il 14 ottobre 1947, con l'X-1, superò per primo il muro del suono.
Inoltre, i problemi tecnici si aggiungono ai dubbi sulle capacità operative di un “supercaccia” concepito per svolgere ogni tipo di ruolo (dal combattimento aereo all’attacco al suolo, dalla ricognizione allo strike nucleare), ma che, sostengono i detrattori, potrebbe rivelarsi non all'altezza delle aspettative e dei compiti. Si discute, per esempio, dell’effettivo grado di invisibilità ai radar, che sarebbe inferiore alle attese (ma la “segnatura elettromagnetica” è comunque molto bassa rispetto a un velivolo tradizionale) e così pure del peso, visto che nel corso dello sviluppo il cacciabombardiere avrebbe messo su qualche chilo di troppo. Anche la manovrabilità in combattimento è oggetto di critiche. Per qualcuno il supercaccia sarebbe una “anatra seduta”, mentre i collaudatori della Lockheed Martin ribattono sottolineando come la spinta del motore sia uguale a peso, permettendo al velivolo di salire quasi in verticale, e come si possa manovrare anche ad elevati angoli d’incidenza. E poi, molti non hanno digerito la scelta di un solo motore anziché due, ritendola pericolosa in caso di avaria.
Difficile esprimere un giudizio su queste critiche, anche perché molte informazioni sono riservate, cioè top secret, e gli stessi addetti ai lavori (non sempre disinteressati) appaiono divisi.
A favore dell’F35 c’è in primo luogo la tecnologia "Stealth", che dovrebbe assicurare la possibilità di operare anche in presenza di una difesa aerea efficiente. Da questo punto di vista, le recenti esperienze della seconda guerra del Golfo o della Libia, non fanno testo. Radar e missili antiaerei, infatti, erano vecchi e superati. Lo scenario, però, potrebbe essere diverso in futuro, con i sistemi antiaerei di ultima generazione, assai più temibili.
C’è poi da considerare un altro fatto. Rinunciare all’F35 significa affidarsi per almeno altri venti o trent’anni ai velivoli della precedente generazione. Macchine come l'F15, l'F16, l'F/A18, profondamente aggiornate con il tempo, ma che risalgono come concezione agli anni '70. Oppure puntare sul Typhoon, caccia europeo di “generazione intermedia”: più moderno di questi ultimi, ma meno avanzato dell'F35. E non stealth. Le stesse considerazioni, ovviamente, valgono anche per il francese Dassault Rafale e per il Saab Gripen svedese.
Intanto, mentre l'Occidente si interroga, la Russia e la Cina hanno sviluppato a loro volta caccia stealth di quinta generazione: il PAK-FA e il J20. Stati Uniti ed Europa rischiano, dunque, di restare indietro?
Giancarlo Riolfo, esperto di aeronautica
a cura di Pino Pignatta