Dossier - La pace oltre la marcia

Lungo i 24 chilometri da Perugia ad Assisi emergono volti e vicende che vanno al di là del 16 maggio e sono altrettanti impegni verso il prossimo appuntamento del 2011.

Iraq, i non violenti ci sono ma non si vedono

17/05/2010
L'Iraq è uno dei luoghi al mondo dove sono più gravi le violazioni dei diritti umani. Anche per denunciare questo si è marciato alla Perugia-Assisi (foto di Roberto Brancolini/Perlapace.it).
L'Iraq è uno dei luoghi al mondo dove sono più gravi le violazioni dei diritti umani. Anche per denunciare questo si è marciato alla Perugia-Assisi (foto di Roberto Brancolini/Perlapace.it).

Abdulsatar Younus è venuto a Perugia direttamente dalla città irachena di Erbil. È venuto per testimoniare che in Iraq, oggi, non ci sono solo i terroristi, le milizie armate e i soldati occidentali. C’è anche una rete di società civile che vuole una soluzione non violenta della guerra.

    Abdulsatar è il referente locale dell’associazione Laonf (che in arabo significa non violenza), ed è anche il presidente del network di Ong del Kurdistan iracheno. «Oggi», dice, «la situazione della sicurezza varia molto a seconda delle zone. In generale, nel Kurdistan iracheno è abbastanza buona. Le aree più pericolose sono quelle di Bagdad, Mosul, Kirkuk. Anche la situazione economica è tragica, però di questo nessuno parla».
 
    Ci può dare qualche elemento?

    «Il 24% degli iracheni, ad esempio, vive sotto la soglia di povertà. I disoccupati sono più di un milione, su un totale di 24 milioni di abitanti, donne e anziani compresi. Eppure sappiamo che l’Iraq è ricco di risorse, tuttavia a causa della guerra e della corruzione la popolazione ne è totalmente esclusa».
 
    Dal punto di vista politico si intravedono vie d’uscita?

    
«La situazione è molto complessa. Ci sono molte realtà etniche, e molti partiti. E diversi “bracci armati” di queste fazioni politiche. Anche dentro il blocco sciita le contrapposizioni sono molto forti. Inoltre, diversi Paesi stranieri stanno cercando di giocare un ruolo in Iraq».

    Qual è la vostra posizione rispetto alla presenza militare straniera?

    
«Come siamo contrari alla violenza delle diverse milizie, così lo siamo altrettanto rispetto alla presenza militare occidentale. Non è vero che l’Iraq finirebbe nel caos senza i militari della coalizione internazionale. Gli stranieri hanno ucciso migliaia di iracheni fin dal loro arrivo, nel 2003. Ancora la settimana scorsa sono state rese pubbliche immagini del 2008 in cui si vedevano soldati americani che uccidevano civili iracheni. Senza contare che all’origine della violenza dilagante delle milizie ci sono scelte del comando americano».
 
    Cioè?

    
«Nel 2003 l’esercito iracheno era il terzo più potente del Medioriente, con 3 milioni di soldati. Il comando americano ha deciso di scioglierlo. Col risultato che la stragrande maggioranza di quei militari è finita per ricomporsi nelle bande dei miliziani».
 
    In una situazione di tale violenza, che spazio c’è per un movimento pacifista?
 
    «Siamo nati da soli quattro anni, nel 2006, per iniziativa dei sindacati e della società civile. All’inizio avevano aderito solo 7 organizzazioni al movimento non violento, oggi sono 70, presenti in tutte le 18 province irachene e con 400 attivisti. Facciamo molte iniziative, fra cui le settimane di sensibilizzazione tematiche. Il movimento sta crescendo, e comincia a ottenere risultati. Sul nostro sito (www.laonf.net) pubblichiamo tutto quello che facciamo».

Luciano Scalettari
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