Un dono di pagine solidali

Tre volumi, tre modi differenti di mettersi al servizio degli altri: Medici senza frontiere, Mediafriends e Fondazione Sodalitas

Essere felici a scuola

27/11/2012

"Essere felici a scuola" non è soltanto l'auspicio di genitori e figli, insegnanti e presidi, ma anche il titolo di un volume che è la sintesi di tre anni di lavoro del Progetto prevenzione bullismo, promosso da Fondazione Sodalitas insieme con Ismo e Comunità nuova. La felicità di andare a scuola, vivendola con la serenità dovuta, non è solo un problema dei ragazzi: anzi, il fatto che lo sia diventato, è proprio il segnale inequivocabile di ciò che non ha funzionato nel mondo dell'istruzione italiana di questi ultimi anni. Alla proposta hanno aderito 181 insegnanti lombardi che hanno avuto l'occasione di seguire workshop di formazione mirati, attuando un lavoro su se stessi così da migliorare le capacità di relazione con gli studenti e cogliere i segnali che anticipano o manifestano fenomeni di disagio. Il libro contiene i risultati di oltre 60 progetti per un totale di 25mila ragazzi interessati e, come spiega Ugo Castellano di Fondazione Sodalitas, «Uno degli aspetti innovativi che ha contribuito al successo di questo progetto è stato di non lasciare soli gli insegnanti al termine del laboratorio. Lì era stato piantato il seme per realizzare un intervento nella loro scuola, ma era importante che, una volta rientrati nella realtà da cui erano partiti, non fossero animati soltanto dall’entusiasmo e dalla motivazione che si era venuta a creare o rinforzare durante il laboratorio. Perciò abbiamo pensato che gli insegnanti dovessero essere accompagnati per sei mesi al fine di aiutarli a progettare interventi specifici, disegnati e modellati sulle esigenze della loro diverse realtà scolastiche. Gli insegnanti venivano sostenuti attraverso un percorso di “tutoraggio”, una vera e propria supervisione, al fine di aiutarli a realizzare interventi diretti e specifici. È stato come mettere a loro disposizione una “cassetta degli attrezzi” per essere immediatamente in grado di attivare i progetti più adatti alla loro realtà. Ma la cosa che soprattutto ci ha lasciato molto soddisfatti è che man mano che il progetto andava avanti si è diffusa nell’ambito delle scuole della Lombardia la notizia di questa iniziativa. E siamo stati contattati da insegnanti e da scuole che venivano a sapere di questo nostro progetto e, spontaneamente, ci chiedevano di fare parte dei laboratori (del tutto gratuiti, come i sei mesi di supervisione). Si è creato una specie di passaparola, che ha allargato il perimetro territoriale iniziale del progetto, dal Comune di Milano a 7 province lombarde e una piemontese. In tutti i casi in cui abbiamo avuto modo di avere dei feed-back diretti dei partecipanti sia ai laboratori esperienziali sia ai percorsi di tutoraggio sia poi infine alla messa in opera dei progetti, i commenti sono stati molto positivi, con un riscontro molto soddisfacente e condiviso del successo dell’iniziativa». 

E ancora, don Gino Rigoldi per Comunità nuova: «Gli adulti hanno bisogno di convertirsi alla relazione. Convertirsi alla relazione vuole dire convertirsi intanto all’umanità: è una specie di fede, la premessa della relazione. E poi, cominciare a darsi gli strumenti per parlarsi, per capirsi, per guardarsi, anche per comprendere il perché dello sguardo sorridente o corrucciato, del gesto di violenza oppure dei salti di gioia delle persone. Perché la relazione non è soltanto “noi due ci parliamo” ma è anche “noi due cerchiamo di capirci”, cerchiamo di leggere le storie che stanno dietro alle nostre vite e ai nostri comportamenti, di capire anche perché in un determinato momento di una certa storia sono successe certe cose. Perché la relazione ha come premessa, e anche come obiettivo, uno sguardo profondo. Riguardo agli affetti, le cose van così: una persona per dare affetto a tante persone deve essere affettivamente compensata lei. Io credo che nel momento in cui sono sicuro che un po’ di gente mi vuole bene, che a un po’ di gente io voglio bene, e siamo dentro a un sistema di relazioni di calore anche, di un volerci bene, che riscalda la mia vita, a quel punto lì divento capace di voler bene a tutti». Infine, per chiudere, la testimonianza di una delle insegnanti che hanno partecipato: « Nel tanto che porto via da questa esperienza c’è una rinnovata carica di fiducia in me stessa, negli altri e nel futuro che, per noi insegnanti, sono i nostri alunni. Ma sono certa che domani potrò fare qualcosa di buono solo se saprò costruire relazioni significative ed autentiche con i miei compagni di viaggio, sulla strada che la vita ci farà percorrere. Buon viaggio a tutti!».

Alberto Picci
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