05/04/2010
Le società contemporanee riscoprono il valore del "capitale sociale", inteso come patrimonio e risorsa culturale che sostiene le relazioni fiduciarie, di cooperazione e reciprocità fra le persone.
Per quanto il concetto di capitale sociale sia ancora in via di definizione, esso allude a qualcosa che è essenziale per evitare la disumanizzazione della vita sociale.
Ciò che pochi hanno messo in rilievo è il fatto che, nel dibattito nazionale e internazionale, esiste una profonda ambivalenza nei confronti della famiglia, la quale raramente e con fatica compare come un soggetto generatore di capitale sociale.
La famiglia è vista come fonte di relazioni fiduciarie e cooperative sempre con molte riserve e sospetti.
Ci si chiede: la famiglia è (?) un capitale sociale per la società italiana? In che senso e in che modo? Che cosa facciamo per rigenerarlo anziché distruggerlo?
Questo è l’argomento dell’Ottavo Rapporto.
I contributi qui presentati partono da una distinzione, del tutto nuova nel panorama degli studi, fra il capitale sociale primario costituito dalla famiglia e il capitale sociale secondario costituito dalle reti e relazioni associative nella sfera civica.
La distinzione viene ampiamente argomentata in sede teorica ed empirica.
Se ne esplorano poi le varie dimensioni, dimostrando che il capitale sociale familiare risulta cruciale e infungibile per il benessere delle persone e delle comunità.
Si constata che sono le famiglie meno frammentate e più solidali ad essere maggiormente capaci di dare vita ad un effettivo capitale sociale complessivo della società, mentre le altre forme familiari non contribuiscono alla creazione di capitale sociale, ma anzi lo consumano.
Considerato che lo sviluppo della società si regge sul capitale sociale, e che la qualità civile e democratica della vita sociale deperisce con il declinare di esso, diventa cruciale capire perché e come la famiglia italiana sia essenziale per la rigenerazione del tessuto sociale e come possa essere sostenuta e promossa in tale direzione.