Principio relazione: dalla periferia al centro

Giungere al cuore della sua vitalità. Ecco il passaggio che compie il legame uomo-donna con il Concilio Vaticano II. Attenzione al fine procreativo, ma anche al bene dei coniugi.

Il legame uomo-donna

24/09/2012
Una seduta del Concilio.
Una seduta del Concilio.

Un profondo ripensamento della dottrina tradizionale del matrimonio è avvenuto al concilio Vaticano II. La visione è profondamente innovativa e si caratterizza in una duplice prospettiva:

La relazione uomo-donna dalla periferia viene al centro; e, al centro della relazione, l’amore come fondamento, giustificazione e movente. In questa prospettiva, il matrimonio è così definito: «Intima comunità di vita e di amore... fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie».

La relazione di amore uomo-donna, che ha valore per sé stessa, è naturalmente aperta alla vita. In altre parole, l’apertura alla vita appartiene alla coppia, sebbene non esaurisca il suo significato che è quello di costruire una unità nella dualità. Non a caso, il concilio Vaticano II abbandona la teoria della gerarchia dei fini del matrimonio, perché ha condotto a considerare secondaria la qualità e l’importanza della relazione di coppia. D’altra parte, quando s’introduce il discorso della gerarchia, il fine «secondo» rischia di diventare «secondario».

Nella prospettiva personalista e relazionale del matrimonio, si muovono i successivi interventi del magistero cattolico e lo stesso Sinodo dei vescovi dedicato alla Famiglia nel mondo contemporaneo (1980).

1 - L’amore coniugale. La domanda è inevitabile: quale tipo di amore fonda una relazione così originale e unica rispetto a qualsiasi altra relazione uomo-donna? Per rispondere, ci si può riferire a tre testi che convergono nel descrivere l’idea multidimensionale dell’amore coniugale. Tra questi testi, due sono del magistero cattolico, l’altro è di un filosofo che si dichiara non credente.

Paolo VI insegna che l’amore coniugale è amore pienamente umano, vale a dire spirituale e sensibile insieme, non riducibile, pertanto, né al solo sentimento né alla sola ragione e volontà. Le due dimensioni (spirituale e sensibile) sono distinte, ma non separabili.

Benedetto XVI insegna che l’amore coniugale è amore eros (passione, desiderio); è amore philia (amore di benevolenza); è amore agape (amore oblativo, dedizione disinteressata). Non sono tre amori, ma un unico amore nelle sue diverse componenti che sono distinte, non contrapposte, distinte ma non separabili.

Il filosofo tedesco, Erich Fromm, afferma che l’amore coniugale è amore erotico ma è anche volontà, promessa, decisione. «Amare qualcuno non è soltanto un sentimento potente, è una decisione, un giudizio, una promessa. Se l’amore non fosse più che un sentimento, non esisterebbero le basi per la promessa di amarsi eternamente. Un sentimento incomincia e poi scompare. Come posso io giudicare », conclude, «che durerà eternamente se il mio atto non implica un giudizio e una decisione?».

2 - Perennità e fede. Che l’amore sia perenne, è una questione di fede o anche di ragione? È una questione di ragione e di fede (ratio et fides), ma per comprendere la perennità incondizionata, occorre la fede che, d’altra parte, non è in contraddizione con la ragione, ma la allarga in un orizzonte più ampio. Un’altra domanda: l’amore è perenne (indissolubile) perché è comandato o è comandato perché è, in sé stesso, sovratemporale? I padri conciliari non si limitano a ripetere la mera obbligazione e il dovere, ma s’impegnano a illustrarne il senso. A prescindere da leggi, tanto divine come umane, è l’amore coniugale – amore «unico» e per «sempre» – ad avere la dimensione sovratemporale. Come pure, è esigenza del bene dei figli: l’educazione e la formazione esigono l’apporto di tutti e due i coniugi in un ruolo specifico, diverso e complementare. Insuperabile in questa prospettiva, è Paolo VI quando ricorre alla psicologia e all’esperienza dei coniugi.

3 - Simbologia sacramentale. L’amore coniugale è una realtà umana, secolare e laica, ma non è leggibile soltanto a questo livello: infatti, rinvia oltre, rinvia alla relazione tra Dio e l’umanità e, in chiave cristiana, alla relazione Cristo-Chiesa e, viceversa, alla relazione Chiesa-Cristo. Ancora di più, l’amore umano non è soltanto segno dell’amore di Dio per l’umanità, di Cristo per la Chiesa, popolo di Dio nella storia, ma lo rende presente. L’amore coniugale diviene così mediazione dell’amore di Dio. Vale a dire l’amore di Dio, che si è visibilizzato in Gesù di Nazaret, viene agli sposi mediante il loro amore e loro vanno a Dio mediante< il loro amore. Così si comprende che gli sposi si santificano nel matrimonio e attraverso il matrimonio e non nonostante il matrimonio. La realtà sacramentale non cambia l’amore umano in un’altra realtà, ma lo perfeziona, conferma la sua fedeltà e perennità. Per concludere, nel disegno di Dio, il senso (significato, finalità) è la relazione uomo-donna che ha l’amore per fondamento, giustificazione, movente, traguardo. L’amore coniugale, nella vita di coppia, non è tutto, ma è certamente il fattore decisivo, e così è soggettivamente avvertito.

Luigi Lorenzetti
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