Joseph, ultimo giorno da Papa

Il commiato dai cardinali e il trasferimento in elicottero a Gastel Gandolfo: dalle 20 sarà "Sede vacante". Le priorità che la Chiesa si trova a fronteggiare viste dai missionari.

I missionari: «Ripartire dai poveri»

28/02/2013
Un missionario comboniano portoghese distribuisce la Comunione durante la Messa della prima domenica di Quaresima in un sobborgo povero di Lusaka, la capitale dello Zambia. Foto Nino Leto.
Un missionario comboniano portoghese distribuisce la Comunione durante la Messa della prima domenica di Quaresima in un sobborgo povero di Lusaka, la capitale dello Zambia. Foto Nino Leto.

Viva ammirazione per il coraggio di Benedetto XVI. Al tempo stesso, grandi attese per il nuovo Pontefice, chiamato a misurarsi con enormi sfide, tanto interne alla Chiesa (maggiore collegialità e necessità di proseguire nell’opera di “pulizia”), quanto esterne, con il rilancio del dialogo ecumenico e interreligioso e un più convinto servizio ai poveri. Questi i sentimenti prevalenti tra i missionari italiani: circa cento di essi, nei giorni scorsi, si sono dati appuntamento a Trevi (Perugia) per un incontro di condivisione e formazione permanente.

Padre Giuseppe Caramazza, comboniano e giornalista, missionario in Kenya, ora a Londra, dice che a colpirlo è stata «la portata storica dell’evento. Un Papa che sa farsi da parte per il bene della Chiesa è un segno per tutti di come ci si debba avvicinare al servizio dell’autorità». Di gesto profetico – «Benedetto XVI è come una candela che si consuma nel silenzio per il bene del popolo di Dio» – parla suor Felicita Muthoni Nyaga, Missionaria della Consolata; originaria del Kenya, ha lavorato nello Stato brasiliano di Roraima, tra gli indios Yanomami: «Il nostro Papa è stato coraggioso nel mettere in evidenza certa “sporcizia” presente nella Chiesa. Ora il suo sacrificio purificherà la Chiesa».

Per suor Sonia Sala, giovane Missionaria dell’Immacolata, con alle spalle un’esperienza in Brasile, il gesto di Benedetto XVI «non è dettato dalla fuga dalla responsabilità», anzi. «L’umile presa di coscienza dell’impossibilità concreta di portare verso acque più profonde la barca di Pietro è forse ciò che in questo momento rende Benedetto XVI più simile all’apostolo che, dopo aver fatto tutto ciò che doveva,si lascia condurre da un Altro. Un gesto che rende il Papa ancora più umano». La Comboniana suor Tarcisia Ciavarella, già attiva in Messico e Centrafrica, sottolinea che «la scelta di papa Ratzinger significa che veramente vuole il bene della Chiesa: decidendo di ritirarsi a pregare, mostra di credere nella forza dello Spirito che guida la barca di Pietro».

Fratel Carlo Zacquini, Missionario della Consolata, nella missione di Catrimani (Roraima, Brasile), tra gli indios Yanomami.  Foto di Nino Leto.
Fratel Carlo Zacquini, Missionario della Consolata, nella missione di Catrimani (Roraima, Brasile), tra gli indios Yanomami. Foto di Nino Leto.

Cosa si aspetta dal nuovo Papa? Quali le priorità della sua “agenda”? Padre Godfrey Msumange, giovane Missionario della Consolata proveniente dalla Tanzania, esordisce così:«Ben venga se il nuovo Papa fosse un figlio dell’Africa! Ma questa è la logica umana, lo Spirito Santo non segue le statistiche. Mi aspetto che il nuovo Papa passi sempre di più da una visione eurocentrica a una policentrica». Concorda padre Caramazza: «Il nuovo Papa dovrà affrontare la questione del decentramento della Chiesa, sulla scia del Concilio. Le Chiese locali hanno bisogno di più libertà in campo liturgico, nella disciplina ecclesiastica, nella scelta delle loro guide, quantomeno a livello continentale. Imboccare questa strada, salvaguardando l’unità della Chiesa, è urgente e non facile, ma importante».

La pensa così anche padre Bruno Piccolo, del Pime, già attivo nelle Filippine e negli Usa: «Tra le priorità per il nuovo Pontefice vedo una spinta più decisa in direzione della collegialità, con un maggiore protagonismo degli organismi episcopali continentali. Penso, inoltre, che il futuro Papa potrebbe continuare nella riflessione su un nuovo senso del ministero petrino in chiave ecumenica, già avviata da Wojtyla».

Suor Maria Luisa Casiraghi, Missionaria della Consolata, operante in Etiopia e ora incaricata a livello europeo, distingue: «Per quanto riguarda la Chiesa al suo interno, auspico una sempre più profonda trasparenza della vita e delle azioni delle persone che hanno scelto di seguire più da vicino Gesù. Le sfide che vengono dall’esterno, poi, sono molte. Mi auguro che il Papa ascolti il grido dei nuovi poveri». Un Papa «capace prima di tutto di “sentire con il cuore” il grido dei più emarginati nella Chiesa»: è quanto auspica anche suor Ciavarella, che si augura un successore di Pietro «che favorisca i processi di inculturazione del Vangelo nei vari Paesi e la dimensione missionaria della Chiesa».

L'annuncio del Vangelo può costare caro. In questa foto d'archivio: padre Mario Campos, Missionario della Consolata, con rappresentanti di vari popoli indigeni a Roraima (Brasile), in quello che restava della chiesa di Surumù, profnata e bruciata il 17 settembre 2005. Foto di Nino Leto.
L'annuncio del Vangelo può costare caro. In questa foto d'archivio: padre Mario Campos, Missionario della Consolata, con rappresentanti di vari popoli indigeni a Roraima (Brasile), in quello che restava della chiesa di Surumù, profnata e bruciata il 17 settembre 2005. Foto di Nino Leto.

Anche per il Saveriano padre-Mario Menin, direttore di Missione Oggi, già missionario in Brasile, accanto al dialogo ecumenico e all’incontro tra le religioni è assolutamente prioritaria, per il prossimo Papa, «la riscoperta della necessità di evangelizzare, così come percepita da san Paolo (Guai a me se non predicassi il Vangelo!). Alle volte si ha l’impressione che questo “guai” non bruci dentro al cuore della Chiesa gerarchica».


Padre Rosario Giannattasio, superiore dei Saveriani per l’Italia e presidente dell’Emi
(Editrice missionaria italiana), si augura che il nuovo Papa aiuti la Chiesa a «riprendere un confronto aperto e sereno con il mondo»e che «pastori e teologi sappiano percorrere strade nuove perché la Chiesa sia capace di dare una testimonianza attuale e originale,diventando segno di speranza per tutti».

«La questione della fede, della sua “custodia”e della sua comunicazione al mondo» è,per padre Livio Maggi, numero due del Pime, già impegnato in Thailandia, la priorità assoluta per chi salirà al soglio di Pietro. C’è,infine, l’urgenza di rilanciare l’ecumenismo e il dialogo con le altre religioni. «Le polemiche nei confronti dell’islam sono state montate,mentre l’intervento di Benedetto XVI a Ratisbona ha aiutato a rompere un muro, facendo nascere una riflessione comune». Conclude padre Maggi: «Nel suo ministero papa Benedetto XVI non ha avuto paura di andare controcorrente, mettendo in conto reazioni anche violente dei mass media. Spero che il suo successore faccia altrettanto».

Gerolamo Fazzini

Dossier a cura di Alberto Chiara
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