06/04/2013
Padre Livio Fanzaga, direttore di Radio Maria e collaboratore di Credere. Foto di Paolo Siccardi/Sync.
Padre Livio Fanzaga, direttore di Radio Maria, è una delle "firme" del settimanale Credere. Qual è la sua storia? Come diventa il personaggio noto a tutti? Ripresentiamo ampi stralci dell'intervista pubblicata da Famiglia Cristiana sul numero 31 del 2011. E il video girato in quell'occasione.
Amato.
Amatissimo. Ma anche discusso. E, talvolta, criticato apertamente. Una cosa è certa: padre Livio Fanzaga non lascia indifferenti. Prendere o lasciare. Lui ovviamente sa che una parte del mondo cattolico non gli batte le mani, anzi. La cosa non lo turba più di tanto. Accetta la pluralità di opinioni, a patto beninteso che i diversi modi di pensare non sfiorino i dogmi di fede né i cosiddetti valori non negoziabili, tra i quali, comunque, accanto alla difesa della vita, della famiglia, della libertà religiosa e di quella d’insegnamento, inserisce anche la giustizia sociale («sono orgogliosamente figlio di un operaio») e la pace («fui segnato ch’ero bambino dall’angoscia dovuta al bombardamento che il 6 luglio 1944 colpì l’acciaieria dove lavorava mio padre e che per poco non mi rese orfano»).
In oltre un’ora e mezza di colloquio manifesta un solo fremito d’insofferenza, destinato peraltro a sfumare in un sorriso. Accade quando gli si riporta l’accusa di eccessivo devozionismo: «Ma dai, questa no. Radio Maria è un’emittente colta accessibile a tutti. O forse dà fastidio che casalinghe e camionisti ragionino in diretta di questioni teologiche?».
Padre Livio Fanzaga, direttore di Radio Maria e collaboratore di Credere. Foto di Paolo Siccardi/Sync.
– Quand’è diventato il padre Livio Fanzaga che tutti conosciamo?
«Nel 1985. Quell’anno segna uno spartiacque tra un prima e un dopo».
– Cos’è successo?
«Andai per la prima volta a Medjugorje. Fino a quel momento coltivavo
una devozione mariana senza particolari acuti. Nessun pellegrinaggio a
Lourdes o a Fatima, ma solo tanto studio e tanta attività pastorale per e
con i giovani. Quel viaggio mi cambiò».
– In che senso?
«Ho avuto l’intima certezza che lì appariva davvero la Madonna. E che la
mamma di Gesù mi spronasse a percorrere la strada dell’apostolato
radiofonico. Dal 1988 ho contribuito a trasformare Radio Maria da
emittente parrocchiale a emittente nazionale al servizio del Vangelo e
della Chiesa. Oggi siamo una realtà globalizzata. In tutto il mondo si
contano 62 Radio Maria (compresa quella italiana, ndr), 1.400
ripetitori, 18 mila volontarie 30 milioni di ascoltatori. Solo nel
nostro Paese, i ripetitori sono quasi mille, più di quelli della Rai, e
gli ascoltatori sono 1 milione e 700 mila al giorno (la media
settimanale è di 5 milioni); centinaia di volontari si alternano alla
consolle e negli uffici; 65 studi mobili ci consentono collegamenti con
parrocchie e santuari. Il bilancio è pubblico:l’editore è
un’associazione; le spese – circa 19milioni di euro all’anno – sono
coperte dalle offerte degli ascoltatori e dal 5 per mille».
– Chi era padre Livio prima del 1985?
«Sono nato l’11 novembre 1940 in una frazione di Dalmine, in provincia di Bergamo. Ho respirato serietà e fede fin da bambino».
– Quando sentì la vocazione?
«A 14 anni. Volevo diventare missionario del Pontificio istituto
missioni estere e andare in Cina. Affascinato dall’impegno educativo dei
padri Scolopi, fondati da Giuseppe Calasanzio, un grande santo spagnolo
vissuto a cavallo tra il 1500 e il 1600, mi unii a loro. Sono ancor
oggi un religioso scolopio a tutti gli effetti. Faccio quel che faccio
in piena sintonia con i miei superiori».
– Quand’è stato ordinato sacerdote?
«Il 19 marzo 1966. Ho vissuto quella grande Pentecoste che fu il
concilio Vaticano II conoscendo e frequentando maestri come padre padre
Ernesto Balducci, don Lorenzo Milani e Giorgio La Pira. Guardando
indietro mi sento di dire che allora si sottovalutò il mistero
dell’iniquità, che opera senza sosta. Dobbiamo vigilare, riconoscendo il
male laddove si manifesta e combattendolo a viso aperto».
– Veniamo ai giorni nostri, padre Livio. La sua rassegna stampa del
mattino è un pulpito da cui, si dice, lei sposta voti, crea o fa
evaporare il consenso...
«Ho sempre nutrito molto interesse per la politica, anche se le mie
passioni vere sono la spiritualità e la mistica. Leggo con attenzione i
giornali da quand’ero ragazzo (detto per inciso: ho studiato Teologia
alla Gregoriana, a Roma; Filosofia e Scienze politiche alla Cattolica, a
Milano). A Radio Maria solo il direttore può parlare di politica in
senso lato, e nessuno, neppure il sottoscritto, può dare esplicite
indicazioni di voto, segnalando un partito piuttosto che un altro».
Padre Livio Fanzaga, direttore di Radio Maria e collaboratore di Credere. Foto di Paolo Siccardi/Sync.
– Tira un po’ a destra, padre Livio...
«Sto là dove si colloca la Dottrina sociale della Chiesa. Non vedo la
sinistra molto impegnata nel difendere la vita nascente e quella che
declina o nel tutelare la famiglia fondata sul matrimonio. Che dice: mi
sono distratto?».
– Anche a destra esistono programmi e atteggiamenti poco evangelici...
«Posto che bisogna sempre distinguere tra errore ed errante, fermi
contro il primo,indulgenti con il secondo, lasciando a Dio l’onere del
giudizio (la cosa vale per tutti, va da sé) ricordo che per anni fui tra
i pochi a contrastare le venature paganeggianti e le pulsioni
secessioniste della Lega, di cui continuo a non condividere certo odio
contro rom e immigrati. Il capitolo 25 del Vangelo di Matteo,
d’altronde, indica chiaramente i punti su cui saremo valutati un
giorno».
– I politici la stresseranno non poco...
«Sono un direttore libero e inafferrabile. Nessun contatto, dunque nessun condizionamento».
– I rapporti con la Santa Sede?
«Ottimi. Collaboriamo intensamente con Radio Vaticana».
– E quelli con la Conferenza episcopale italiana?
«Molto buoni. Mai un rimprovero».
Alberto Chiara
Dossier a cura di Fulvio Scaglione e Alberto Chiara