«È stato detto che la democrazia
è la peggior forma di governo,
eccezion
fatta per tutte quelle altre forme
che si sono sperimentate finora»
Winston Churchill
Strano destino, quella della democrazia. Chi ce l'ha, se ne lamenta; chi non ce l'ha, è disposto a tutto, anche a mettere a repentaglio la vita, pur di ottenerla (una prova eclatante ci viene offerta dalle varie Primavere che stanno scuotendo il Nord Africa o alcuni Paesi del Medio Oriente). Sembra scritto nella sua essenza che sia necessaria e al tempo stesso fragile, irrinunciabile eppure sempre imperfetta.
La rendono necessaria e irrinunciabile le caratteristiche per le quali i popoli che ne sono privi combattono, scendono in piazza, rischiano la vita e la repressione: la libertà individuale, il diritto concesso a ogni essere umano in quanto tale a cercare con ogni mezzo la fecilità (evocato esplicitamente nella Costituzione degli Stati Uniti). Non c'è democrazia senza libertà della persona. A renderla invece fragile e imperfetta sono i suoi limiti intrinseci, spesso dovuti alla mancata o parziale attuazione dei suoi principi: eccessive disuguaglianze, concentrazioni di potere e ricchezza, la non osservanza o applicazione delle leggi, l'impossibilità di ottenere giustizia, lo scollamento fra gli eletti e il popolo, ovvero il problema, centrale, della rappresentatività, alla quale spesso si contrappone la proposta dell'esercizio diretto della democrazia, attraverso la forma del voto o di altre consultazioni, quali il referendum, l'elezione diretta del capo del Governo o dello Stato.
Accentuando il disagio e il malessere sociale, la crisi economica ha reso ancora più vivo, e per certi versi drammatico, il dibattito sulla democrazia, come una ferita che scopre i nervi di un corpo stremato. Di tale dibattito vogliamo dare, seppure parzialmente, conto, esaminando nelle pagine successive due saggi meritevoli di particolare attenzione: Democrazia di Gherardo Colombo (Bollati Boringhieri) e Il disagio della democrazia di Giorgio Galli (Einaudi).