Democrazia, bella e impossibile?

La crisi economica ha messo ancor più alle strette il sistema politico da tutti considerato il più avanzato, ma che mostra nuove pericolose crepe.

Un destino da riconquistare

16/10/2011
Il politologo Carlo Galli.
Il politologo Carlo Galli.

«Se insomma il disagio è la delusione
per ciò che la democrazia è divenuta
- la melanconia davanti a un paesaggio di rovine -,
quel disagio può divenire da necessità libertà,
attraverso la decisione: può infatti essere interpretato
anche come se custodisse una significato umanistico,
che parla anche nella notte più fonda».
Carlo Galli, Il disagio della democrazia (Einaudi)


Carlo Galli è uno dei maggiori politologi italiani, e non solo.
Docente di Storia delle dottrine politiche all'Università di Bologna, ha pubblicato saggi fondamentali, quali, per citarne almeno alcuni, L'età moderna e l'età globale e Genealogia della politica. Il titolo del suo testo è molto netto: Il disagio della democrazia (Einaudi, pp. 94, euro 10,00). Punto di partenza è il groviglio di contraddizioni e di gravi problemi in cui essa è sprofondata, ma anche la rassegnata accettazione del suo cattivo funzionamento da parte dei cittadini: la questione decisiva è il progressivo restringimento degli spazi civili, vitali, creativi che non si traducono più in prassi politica, in leggi. La democrazia è certo l'unica forma politica legittima, ma appare, oggi più che mai, una promessa non mantenuta.

Coerente con la sua formazione e la sua ricerca, Galli sceglie di dare il suo contributo alla riflessione sulla democrazia ricostruendone il percorso storico, dalle origini a oggi. Eccoci allora in Grecia, nella culla della civiltà, fra i patriarchi e gli inventori di questa forma di governo. Il modello da loro elaborato sopravviverà sostanzialmente - pur nelle inevitabili differenze - fino all'epoca moderna, rispetto alla quale avverrà un ulteriore scarto nell'epoca globale, quella in cui siamo immersi oggi e che tanti grattacapi ha creato alla pretesa e allo sforzo dei governi nazionali, eletti e perciò espressione di una volontà popolare, di orientare i destini di una nazione. In questo excursus, un capitolo è dedicato al rapporto fra gli individui e la società, soprattutto in relazione al concetto di diritto. Un altro si sofferma proprio sulle contraddizioni intrinseche della democrazia; un altro ancora sulla necessità di questa forma in rapporto alla libertà.

La tesi di Galli è anzitutto che la nostra Costituzione è «splendidamente "moderna"» e che, di conseguenza, la battaglia in sua difesa non ha nulla di formalistico né di nostalgico, ma è necessaria e doverosa. L'altra indicazione che emerge - e che in qualche modo accosta il pensiero di Galli a quello di Colombo - è che il disagio, il malessere, lo scontento per le sorti presenti della democrazia devono trasformarsi in «decisione per la democrazia, in attiva consapevolezza che questa è in sé compiuta perché è lo sforzo costante di aprire e sviluppare lo spazio politico nel quale l'umanità cerca di vivere una vita non casuale né eterodiretta: cioè una vita all'insegna dell'uguale dignità delle differenze. Nella consapevolezza, insomma, che la democrazia non è una forma politica determinata, ma è la possibilità in generale che in conflitti per l'uguaglianza avvengano in uno spazio civico - cioè in modo non distruttivo -, e che la ricerca del fiorire dell'umanità non sia disperata o insensata a priori». La democrazia è un dover essere, un'aspirazione, una meta imprescindibile, perché, per quanto fragile, limitata e imperfetta, solo essa custodisce la speranza di una comunità degli uomini capace di darsi delle leggi, nella dignità e libertà di tutti.

Paolo Perazzolo
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