Come uscire dall’autismo

Definire clinicamente l’autismo si rivela, da sempre, impresa ardua e complessa. Un nuovo approccio interviene sulla dimensione affettiva e corporea dei piccoli pazienti.

La tecnica terapeutica

15/03/2012

Per quanto riguarda la terapia, nel “Progetto Tartaruga” abbiamo sempre più sistematizzato un approccio che, partendo da una prospettiva psicodinamica, utilizzasse gli strumenti atti a incontrare il bambino nei luoghi in cui la sua patologia si manifesta e cioè, fondamentalmente, nella sua corporeità. L’esperienza del gruppo risulta fondamentale per favorire quella “simulazione incarnata” (Gallese, Università di Parma) che può essere attivata solo nell’incontro reale con l’altro bambino e con un adulto in grado di contenere l’espressione delle aree arcaiche dello sviluppo. La funzione di rispecchiamento espletata dal gruppo di bambini è generatrice di curiosità, e il contenimento fornito dagli adulti sulle interazioni in corso nel gruppo facilita al bambino l’apertura verso l’esterno.

Particolarmente significativo, al riguardo, è il gruppo condotto con bambini e genitori per riscoprire insieme il senso e il piacere del gioco e della condivisione. L’approccio corporeo, nell’iter terapeutico del progetto, viene realizzato anche attraverso altre modalità: la terapia in acqua, la terapia assistita con gli animali, il massaggio pediatrico e l’osteopatia, che si rivolgono alle tensioni corporee e che prevedono un avvicinamento nuovo del genitore al corpo del figlio. Molto importante è la fase iniziale perché le varie procedure vengono affiancate per stimolare contemporaneamente il soggetto da diverse prospettive e per facilitare al genitore il conseguimento di nuove modalità comunicative con il bambino.

Tutte queste tecniche perseguono, contemporaneamente, l’obiettivo di rendere i genitori partecipi al processo terapeutico e consentono una maggiore comprensione di quei comportamenti apparentemente bizzarri che sono fonte di notevole frustrazione per tutti. Esistono ovviamente, quando il bambino è in grado di accettarli, dei momenti terapeutici dedicati ad attività cognitive condotte individualmente e in gruppo, per favorire anche l’espressione grafica, spesso rifiutata, per ampliare la strutturazione frasale o per sostenere l’andamento didattico. L’intervento logopedico viene utilizzato solo quando il bambino, attraverso gli altri contesti terapeutici, riesce a esprimersi anche in ambito verbale. Un lavoro cognitivo proposto troppo presto rischia, infatti, di limitare le future potenzialità del bambino perché non può basarsi sulla sua motivazione a comunicare, ma sulla necessità esterna di rispondere a degli standard. La ripetizione di parole o fonemi non adeguatamente interiorizzati e contestualizzati può inoltre amplificare il meccanismo ossessivo nel quale spesso il bambino autistico si incastra per l’incapacità di accettare il nuovo. Tutte queste proposte terapeutiche, oltre a condividere l’obiettivo di facilitare al bambino il contatto con l’esterno, si pongono anche la finalità di costruire i contesti da cui può prendere avvio la comunicazione verbale, come manifestazione della propria pensabilità.

Magda Di Renzo,
Federico Bianchi di Castelbianco

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