Fecondità, compito spirituale

È la fecondità della comunione coniugale che colloca la famiglia e il dono dei figli quale base autentica della comunità ecclesiale.

L'effettiva genitorialità

22/07/2011

della famiglia di Luca e riguarda la loro effettiva genitorialità. Dice di nuovo la nostra lettera: «La maternità implica necessariamente la paternità e la paternità implica necessariamente la maternità». E ancora: «La vita è un compito affidato ad ambedue: al marito e alla moglie. Nella loro vita la paternità e la maternità costituiscono una “novità” e una ricchezza tanto sublimi da non potervisi accostare che “in ginocchio”»(7).

Simili considerazioni potrebbero in linea teorica essere sottoscritte da ciascun esperto che si occupi di genitorialità; che cosa c’entra la fede? Sul piano umano ciascuno dei due è tenuto a considerare l’effettivo esercizio della genitorialità dell’altro: nessun genitore può concedersi il lusso (o il lutto, secondo i punti di vista) di licenziare l’altro come inadatto, come genitore che non è all’altezza del compito, perché l’esperienza ci insegna che la rete con cui ciascuno pesca l’esercizio della paternità o della maternità del coniuge è in qualche modo già pre-costituita, e spesso proviene dal proprio quadro mentale su come deve comportarsi l’altro (il che – appunto – è in contrapposizione alla comunione di cui si parlava sopra). Luca, nella sua famiglia, non può non vedere che la modalità con cui il padre fa il “padre” cade sotto l’ansia e la disistima della madre e che la modalità con cui la madre fa la “madre” è criticata e svalutata dal padre. Già qui il terreno sotto i suoi piedi è eroso e si può star certi che questa è una delle determinanti nella sua agitazione.

Ma che c’entra la fede? La fede consiste nello scoprire che generare un figlio non è un affare privato, né un incidente di percorso, nemmeno una “produzione in proprio”. Se generare è un compito, se «l’unità dei due li apre a una nuova vita, a una nuova persona, non soltanto “carne della loro carne e ossa delle loro ossa”,ma immagine e somiglianza di Dio, cioè persona » (7), allora i due scoprono un nuovo orizzonte mozzafiato: proprio nel loro essere genitori, Dio li rivela a loro stessi come rappresentanti della sua paternità-maternità, da cui hanno origine tutti i viventi. La fede non solo li rende consapevoli di non essere “creatori e padroni” di Luca, ma di essere chiamati a servire in lui la Vita.

E servirla insieme, non in contrapposizione: allora la fede diventa ferialità buona e vera protezione per Luca che non è più lasciato a sé stesso. Infatti, come diciamo in un nostro testo, la fede «li protegge dalle nostre scorciatoie e dai nostri imperialismi, ce li pone davanti non come oggetti da riempire, creature da addestrare, soggetti da plasmare a nostro piacimento. E il punto di vista di Gesù sui bambini li protegge e ce li consegna, consegnandoci in loro Sé stesso. La nostra fede è la più grande salvaguardia dei nostri bambini; proprio nella fede essi possono trovare il rispetto di cui hanno bisogno per crescere».

Mariateresa Zattoni e Gilberto Gillini
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