I sentieri promettenti dell’integrazione

La scuola può svolgere un ruolo di fondamentale importanza nel favorire la tutela della salute mentale. L’incremento di insegnanti di sostegno e i progetti educativi lo dimostrano.

Uno sguardo di insieme

13/07/2012

Da sempre le alterazioni della mente o del corpo hanno minacciato il fragile, confuso modello di “normalità” a cui ci si aggrappa, per allontanare sensi di colpa e angosce generate dal fantasma del diverso e dell’ignoto. La storia delle restrizioni di libertà e di diritti, di emarginazione della diversità – manicomi, carceri, ricoveri, istituti, collegi, scuole speciali, etc. – è lunga quanto la storia dell’uomo, e, ancor oggi, stigma e discriminazione sono ostacoli che le persone con disturbi mentali si trovano ad affrontare. Il rispetto dei diritti delle minoranze misura il livello civile di una comunità e coinvolge più versanti: psicologico, biologico, educativo, scolastico, sociale, e anche etico e politico. «Crescenti evidenze dimostrano che gli antecedenti dei disordini mentali degli adulti si possono trovare nei bambini e negli adolescenti... Continuare a trascurare i bisogni di salute mentale dei bambini e degli adolescenti è inaccettabile e deve finire» (Child Mental Health Atlas, Who 2005). «Non c’è salute senza salute mentale» (Prince M. et al., 2007).

Quando si parla di disagio psichico a scuola, è necessario chiarire di cosa stiamo parlando. Molte volte è nella scuola che si manifestano difficoltà nei comportamenti e nelle relazioni all’origine di deludenti prestazioni scolastiche, generando disagio e sofferenza nelle famiglie e negli insegnanti, in assenza di una cultura dell’alleanza per trovare soluzioni al problema. Spesso gli insegnanti osservano che il problema di una classe non è “l’handicappato riconosciuto” ma «tanti altri casi che non siamo attrezzati a gestire...».

Nelle scuole del Paese, nell’anno scolastico 2010/11 (fonte: MIUR Direzione generale per gli studi, la statistica e i sistemi informativi), gli alunni disabili sono 208.521, il 2,3% sull’intera popolazione scolastica, con un incremento del 50,9% negli ultimi dieci anni; il 92% frequenta la scuola statale. Per le tipologie di disabilità, è stata disaggregata la categoria disabilità psico-fisica in intellettiva e motoria. La voce “altra disabilità” – 21,4% – include gli alunni con problemi psichiatrici precoci, disturbi specifici di apprendimento, se certificati in comorbilità con altri disturbi, sindrome da deficit di attenzione e iperattività (Adhd). La disabilità intellettiva è il 69,1% del totale dei disabili.

I docenti di sostegno statali sono passati dai 65.615 – l’8% tra tutti i docenti – del 2000/01 ai 94.506 del 2010/11 – il 12,1%. Attualmente la media nazionale è di uno per due alunni disabili. Per dare un peso al disagio psichico nella scuola: il 20-25% della popolazione di età superiore ai 18 anni, nel corso di un anno, soffre di almeno un disturbo mentale clinicamente significativo (De Girolamo, Tansella, 2001), e pur nella disomogeneità dei criteri e delle specificità, la popolazione in età evolutiva con un disturbo diagnosticabile in un anno (Dsm IV), è intorno al 20% (Roth e Fonagy 1997, Nardocci 2001).

C’è poi l’area della cosiddetta “sofferenza scolastica”: i dati più recenti sulla dispersione, indicano (Censis 2011) attorno al 19% (5 anni fa 22%) i giovani tra i 18 e i 24 anni con licenza media che non partecipano ad alcuna attività di educazione/formazione; meno dell’1% non hanno la licenza media. I Neet, 15-29enni che non studiano e non lavorano, sono oltre il 22%. Se tra i 12 e i 14 anni è presente un disturbo psicologico, è altamente probabile che lo si ritrovi a 16-18; gli anni della scuola secondaria sono i più a rischio per break down evolutivo, esordio di psicopatologia grave, condotte devianti.

Emanuela Bittanti
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