Un Referendum contro le scuole paritarie

Il 26 maggio a Bologna un Referendum per abolire i finanziamenti comunali alle scuole paritarie. Una battaglia ideologica che ignora la realtà dei fatti.

Il sindaco: «È un'ossessione ideologica»

23/05/2013
Il sindaco di Bologna Virginio Merola.
Il sindaco di Bologna Virginio Merola.

Difficile scommettere sull’esito del referendum che si svolgerà domenica prossima a Bologna. Sulla carta è in gioco il finanziamento pubblico alla scuola materna paritaria, più o meno un milione di euro che il Comune destina ogni anno alle 28 scuole paritarie cittadine. “Un regalo bello e buono alla scuola delle suore” per  i promotori dell’iniziativa, gli attivisti del comitato Articolo 33.

La cosa singolare è che il più agguerrito antagonista dei referendari è proprio il sindaco Pd, Virginio Merola, che ormai non perde occasione per bollare l’intera operazione come pura ideologia invitando, insieme ai suoi assessori, a votare l’opzione B , per il mantenimento del contributo.

B come Bologna ma anche B come bambini. Secondo il primo cittadino infatti i primi a essere penalizzati, nel caso di vittoria dell’opzione A e dell’eventuale azzeramento del contributo, sarebbero i bambini con le loro famiglie.

Difficile dargli torto, se si prendono in esame i dati senza essere accecati dai pregiudizi.

Il sistema integrato della scuola per l’infanzia bolognese, frutto di un accordo con la storica giunta di sinistra che risale al  lontano 1994, accoglie attualmente 8368 bambini. Il 61% nelle scuole comunali, il 18% nelle scuole statali e il 21% nelle scuole paritarie convenzionate, nella quasi totalità cattoliche. Considerando il finanziamento di un milione di euro, ognuno dei 1736 bambini iscritti alle  paritarie costa al comune 600 euro l’anno, a fronte dei 6900 euro che  l’amministrazione spende per ognuno degli iscritti alle comunali.  Risparmiando quel milione, con gli stessi soldi sarebbe in grado di attivare non più di 150 posti nelle sue scuole, con una drammatica contrazione dell’offerta che andrebbe a penalizzare i bambini e le famiglie.

Dall’altra parte le scuole paritarie, private del finanziamento, sarebbero costrette ad alzare le rette, trasformandosi in scuole di élite, oppure a chiudere i battenti con tanto di maestre e personale. La domanda è: a chi giova tutto questo? Una domanda cui il sindaco ha risposto da tempo. 

Se vincesse la A, vincerebbe un’ideologia rancorosa e passatista contro l’interesse delle famiglie. Per questo Merola si è unito all’appello della chiesa bolognese invitando tutti i cittadini ad andare a votare l’opzione B compatti.

Tirando le somme, c’è in gioco ben altro che un semplice finanziamento. Ci sono degli equilibri, c’è un’idea di scuola che in quanto parificata è sempre pubblica, c’è in gioco la libertà di scelta delle famiglie e un’idea di città e di politica. Non per niente il sistema integrato bolognese fino a questo momento è stato considerato come il fiore all’occhiello della città, da sempre vetrina della sinistra.

Attenzione. Il referendum è consuntivo, non occorre raggiungere il quorum. Vince chi prende più voti, qualunque sia la percentuale di chi si recherà alle urne. Date queste premesse, nulla si può dare per scontato.


                                                      di Simonetta Pagnotti

Orsola Vetri (a cura di)
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