Betlemme, l'Unesco e altre storie

Le polemiche sul riconoscimento dell'Unesco e i ricordi di padre Ibrahim Faltas, dieci anni fa protagonista dell'"assedio della Basilica".

Una decisione politica?

30/06/2012

E così, la decisione con cui l'Unesco ha inserito la Basilica della Natività e la Via del Pellegrinaggio nella lista dei siti che formano il Patrimonio dell'Umanità sarebbe una "decisione politica", come ripetono i portavoce dei Governi di Usa e Israele.


Se non fossimo alle prese con problemi drammatici, potremmo anche metterci a ridere. Betlemme, la città dove per entrare bisogna passare un check point di militari armati e attraversare una barriera alta sei metri, potrebbe mai ospitare decisioni non politiche? La città dove un bambino bisognoso di un intervento chirurgico può aspettare anche settimane prima di poter andare da un lato all'altro della barriera, e magari rischiare la vita nell'attesa di una carta che gli permetta di fare meno di un chilometro? 


Da quelle parti tutto è politica. Come fu tutta politica la decisione degli Usa di bloccare con il veto in Consiglio di Sicurezza la mozione per riconoscere la Palestina
come Stato autonomo, approvata dalla gran parte dei Paesi membri dell'Onu. O come quella di smettere di finanziare l'Unesco dopo che questa, unica agenzia Onu, decise comunque di accettare nei suoi ranghi la Palestina. 

Quindi: certo, quella dell'Unesco è stata una decisione anche politica. Una decisione che scalfisce (niente più) lo status quo in cui è Israele a decidere tutto, anche per i palestinesi, per la loro vita economica e sociale, per la storia e la cura del territorio. Sull'altro lato di questo "anche" c'è l'oggettivo bisogno che la Basilica mostra di cure e restauri urgenti. Un bisogno che nessuno può negare.

Detto questo, e proprio perché interviene su uno status quo ormai stratificato, la decisione dell'Unesco presenta tutta una serie di risvolti delicati e di conseguenze che devono ancora essere pienamente valutate. Se l'Unesco riconosce la Palestina, sarà poi il Governo palestinese (magari su sollecitazione della stessa Agenzia Onu)a occuparsi della Basilica? La Basilica della natività di Cristo diventerà un monumento palestinese?

E' una prospettiva a cui guardano con evidente preoccupazione sia il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, sia gli esponenti delle altre Chiese cristiane (ortodossa e armena) che si dividono la gestione della Basilica. Il presidente palestinese Abu Mazen ha già garantito la propria "neutralità" ed è certo, almeno dal punto di vista politico, che non farà nulla per alienarsi le comunità e le gerarchie cristiane. Ma il rischio oggettivamente esiste. Anche perché i palestinesi, sconfitti e piegati e quindi sempre assetati di rivincite, hanno subito "spiegato" il riconoscimento Unesco alla Basilica come una critica all'occupazione di Israele che, come sempre, serve anche a giustificare le inettitudini e le divisioni di casa propria. 

Così come non va sottovalutato il rischio di una deriva nell'uso dello strumento. Qualcuno aveva addirittura pensato a qualificare l'intera Betlemme come Patrimonio dell'Umanità. La cosa avrebbe certo alleggerito la pressione sulla Basilica e sulle Chiese ma avrebbe enfatizzato la contesa politica. Patrimonio dell'Umanità un luogo a cui, almeno in teoria, un qualunque soldato può vietare l'accesso? 

In una regione in cui l'archeologia si trasforma spesso e volentieri in una ramo della propaganda di regime, e in una terra oggettivamente ricca di testimonianze preziose, la battaglia culturale non è meno importante delle battaglie militari. Rischia, anzi, di lasciare segni ancor più pesanti e duraturi.



 

Fulvio Scaglione
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