06/02/2012
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Circa 400 euro per ogni consumatore, questo il risparmio annuale reso possibile dal decreto Cresci-Italia, stime di due importanti associazioni: Adusbef e Federconsumatori. Nel calcolo rientrano farmacie, professioni, trasporti, commercio ma è all’energia che in particolare vogliamo guardare. Sembra che con queste nuove norme ogni consumatore risparmierebbe 58 euro l’anno in carburanti e 51 sulla bolletta dell’energia, in un quadro in cui la spesa media annua per una famiglia italiana ammonta a 897 euro per i carburanti, 588 euro per l’energia elettrica e 986 euro per il gas.
Riguardo ai carburanti il decreto sancisce la possibilità di aprire impianti self-service fuori dai centri abitati senza vincoli e limitazioni, e per i gestori proprietari dell’impianto di potersi approvvigionare all’ingrosso per il 50% dell’erogato da un qualunque fornitore, anche diverso da quello di cui l’impianto porta il marchio. Ma soprattutto la possibilità di vendere prodotti non-oil, cioè diversi dalle benzine, come giornali, tabacchi e ricambi.
In effetti i gestori proprietari degli impianti in Italia sono solo 500 su 25mila, un 2% del totale che è ben altra cosa se si pensa che la prima versione del decreto che prevedeva la possibilità di rifornirsi dal miglior offerente per tutti. Se il margine lordo al dettaglio, cioè il guadagno sui carburanti per il benzinaio, non supera che di poco i dieci centesimi, quello delle compagnie, legato al prezzo del greggio, incide per circa 60 centesimi, con queste ultime molto lente a tagliare i listini quando il prezzo della materia prima scende.
Tuttavia non tutti sono critici con il passaggio dalla bozza al decreto definitivo: “La prima versione del decreto affrontava il tema della concorrenza nei carburanti dal punto di vista sbagliato” afferma Carlo Stagnaro, direttore ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni, “sembrava presupporre che il problema della concorrenza fosse nel modo in cui i benzinai si approvvigionano e non invece nella concorrenza tra impianti e tra modelli di business diversi nella distribuzione”.
Carlo Stagnaro, direttore ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni.
Secondo Stagnaro l’idea di trasformare il gestore in un broker di carburanti che si rifornisca a prezzi più convenienti e che scarichi poi la convenienza sul consumatore non è la visione corretta, “il problema della rete di distribuzione del carburante in Italia” prosegue “è che abbiamo troppi impianti e troppo piccoli. Sembra quindi evidente che mettere il gestore in condizioni di approvvigionarsi meglio, in un contesto di mercato non competitivo, si possa tradurre in un aumento del suo guadagno, ma non necessariamente in un risparmio per il consumatore. Il punto fondamentale è invece il modello di business. Fino a pochi anni fa il benzinaio poteva vendere solo benzina, ora il punto vero è la totale liberalizzazione del mix merceologico”.
Ma in che modo vendere anche giornali e tabacchi, quando già si potevano vendere cibo, cd e altro dopo il decreto Bersani, sarebbe un vantaggio per il consumatore?
Cambia il modo di guadagnare del benzinaio che oggi vive solo col margine sulla benzina, ma nel momento in cui diventa una specie di minimarket vende una serie di altri servizi. Così il suo scopo non è più che il cliente vada lì a far benzina ma che insieme alla benzina prenda anche il caffè, il giornale, le sigarette e magari un cd. In quel momento il suo reddito deriverebbe dalla somma dei margini su tutti questi prodotti.
Potrebbe così abbassare il prezzo della benzina?
La benzina diventa, e questo è vero a maggior ragione nel caso dei supermercati, una sorta di specchietto per le allodole. Lei viene attirato dalla benzina, ma poi si ferma a comprare altro. Questo renderebbe possibile abbassare i prezzi dei carburanti creando una concorrenza tra impianti di distribuzione.
Mi spieghi dei supermercati...
Nella maggior parte dei Paesi del mondo i supermercati hanno una quota di mercato di vendita di carburanti molto più importante che da noi. Il supermercato vende molta più benzina con un margine unitario molto più basso. Ma in quel caso la logica è rovesciata: tu devi fare la spesa, devi fare anche benzina e io ti offro la comodità di parcheggiare la macchina e di comprare tutto quello che ti serve a prezzi più convenienti.
Quindi con il decreto che è appena stato approvato troveremo la benzina anche nei supermercati?
Teoricamente poteva avvenire anche da prima, era previsto dal decreto Bersani, tuttavia c’è un aspetto sul quale il decreto non interviene. Con la parte su tabacchi e giornali avviciniamo il benzinaio al modello del minimarket. Per il supermercato o per il nuovo benzinaio che apre restano invece una serie di problemi legati a normative regionali, indipendenti dal provvedimento. Di fatto in molte regioni ci sono norme che dicono che ogni nuovo impianto deve dotarsi di almeno uno, in alcuni casi due, tra metano, gpl e idrogeno. Oltre ad essere anticoncorrenziale, perché si applica solo al nuovo e non al vecchio, il problema è costituito soprattutto dagli spazi: per avere il metano occorrono superfici molto più ampie per ragioni di sicurezza. In molti contesti quindi, per esempio le aree urbane, diventa difficile aprire nuovi impianti e questo cristallizza il mercato. Vale anche per la benzina nei supermercati. Basterebbero piccoli emendamenti alle leggi regionali sul commercio, che non obbligassero ogni nuovo impianto ad avere metano, gpl o idrogeno, per avere più concorrenza.
Alessandro Micci