Rifiuti a Napoli, cuccagna per pochi

I cumuli di immondizia, il fetore, il decoro di una città bellissima fatta a pezzi sono solo la punta dell'iceberg. Roberto Jucci racconta i retrocescena di questa storia infinita.

Tra ecoballe e fos, la desolante realtà

24/07/2011

I rifiuti a Napoli; una storia infinita. In verità tale evenienza non costituisce certo una sorpresa per amministratori ed addetti ai lavori… i rifiuti per strada non sono “l’emergenza”, sono la punta dell’”icerberg” dell’emergenza, l’eccesso filmato e fotografato su tutti i giornali e la conseguenza più visibile di quella che è la reale e più profonda emergenza rifiuti: la carenza di impianti per gestire uno qualunque dei possibili cicli dei rifiuti mai realmente avviato in questi anni.

      Ho detto possibili, non ottimali, su questo ancora oggi, in modo alquanto anacronistico per la verità, si accende la disputa politica. Da chi propugna una raccolta differenziata al 100 per cento a chi vorrebbe incenerire tutto. Fino ad oggi tuttavia, nel discutere quale fosse la soluzione migliore, è stata di fatto perseguita  la  peggiore…in termini di costi, di efficienza, di rispetto dell’ambiente, e forse con il plauso della criminalità organizzata: portare i rifiuti fuori Regione.

Con quale “competenza” parlo di rifiuti? Circa 5 anni fa, nel giugno del 2006, mi fu affidato, dall’allora Presidente del Consiglio Romano Prodi, su proposta del Ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio, il compito di esaminare la situazione di tutte le Regioni per le quali al tempo era stata dichiarata l’emergenza rifiuti (Lazio, Puglia, Calabria e in particolare la Campania).

Fu istituita una Commissione che lavorò a costo zero con professionalità di livello di differente provenienza (legali, tecnici, ambientalisti). Studiammo le soluzioni adottate in Italia, nelle Regioni e nei Comuni più “virtuosi”, e nei principali Paesi scandagliando tutte le possibili (anche le più avveniristiche) tipologie di impianti e sistemi per il trattamento rifiuti. Nessuna consulenza: ci relazionammo con le nostre  ambasciate italiane all’estero ed in particolare con i consulenti scientifici delle nostre rappresentanze all'estero che ci inviarono dettagliati rapporti e relazioni di alto livello tecnico.

Ci rendemmo conto che tutte le soluzioni adottate si basavano in ogni caso su un rapporto più o meno variabile tra raccolta differenziata, termovalorizzatori e discariche. Soluzioni diverse di impianti più complessi, come gassificatori o simili, venivano utilizzate essenzialmente in Giappone e ciò non perché migliori dal punto di vista ambientale, ma per problemi legati alla morfologia di quel territorio. Il territorio appunto... Fermo restando il rispetto delle leggi e dell’ambiente il miglior ciclo dei rifiuti è quello più razionale e sostenibile in dipendenza della morfologia del territorio e degli impianti in esso già esistenti da poter utilizzare ovvero riconvertire alle nuove esigenze.


Quanti impianti c’erano 4 anni fa in Campania? Posizionammo su una carta geografica gli impianti che fino ad allora erano stati realizzati o erano in corso di realizzazione e, con sgomento, ci accorgemmo che  per Napoli  vi era un solo termovalorizzatore ancora in costruzione, Acerra, e pochissimi impianti di compostaggio peraltro di modesta capienza, così come pressoché inesistenti erano gli impianti di supporto alla raccolta differenziata, allora ferma a circa il 13 per cento. Come funzionava il “ciclo dei rifiuti”?I rifiuti indifferenziati venivano per lo più inviati ai 7 impianti di CDR, quelli che avrebbero dovuto produrre il cosiddetto combustibile da rifiuto, e venivano trasformati in “ecoballe” e “fos” (frazione organica stabilizzata); quest’ultima finiva in discarica, mentre le ecoballe venivano stoccate per essere in futuro incenerite nel termovalorizzatore di Acerra.

E così, via via “stoccando”, sono sorte le famose montagne di “ecoballe”, oltre 6.000.000 tonnellate, con ovvi problemi di spazio per il loro allocamento e di l’ambiente. Ma gli impianti di CDR erano sovrautilizzati, non c’era tempo per fare una corretta manutenzione ed ottimizzarne l’utilizzazione; erano stracolmi ed ogni tanto si bloccavano, lavoravano male e producevano FOS e CDR di cattiva qualità; e così capitava che i rifiuti indifferenziati restavano a terra per giorni fornendo le immagini che purtroppo siamo abituati a vedere.

Roberto Jucci
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Postato da GP il 25/07/2011 11:03

Quindi, come mai non è mai stato fatto tutto questo? Eppure a quel tempo le amministrazioni pubbliche (Governo, Regione e Comune) erano tutte di CSX. Evidentemente il piano ha qualche lacuna. Ad esempio: in quale provincia si costruisce la discarica? Si polemizza (strumentalmente?) perchè le Regioni non solidarizzano e hanno difficoltà nell'accogliere la spazzatura ma le altre provincie campane non si sognano minimamente di fare altrettanto. Perchè? E poi, il nuovo sindaco di Napoli è stato recentemente eletto promettendo di NON fare proprio quello che viene auspicato nell'articolo. Comunque il discorso di fondo mi convince: infatti non esiste nessuna emergenza rifiuti a livello nazionale ma solo a Napoli (forse anche a Palermo). Un motivo ci sarà. Un cordiale saluto.

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