Messico, il "muro" della droga

La frontiera con il Texas è uno dei fronti di guerra che più allarmano gli Stati Uniti. Da qui, infatti, passa gran parte del traffico di stupefacenti e di armi gestito dai narcos.

Intervista ad Antonio Mazzitelli: «I messicani reagiscono, ma la paura resta»

11/08/2010
Un venditore di giornali a Ciudad Juarez, in Messico. Sulla prima pagina si legge il titolo principale: "Hay mas in narcofosa". E cioé: aumentano i cadaveri trovati nelle fosse comuni dei narcotrafficanti.
Un venditore di giornali a Ciudad Juarez, in Messico. Sulla prima pagina si legge il titolo principale: "Hay mas in narcofosa". E cioé: aumentano i cadaveri trovati nelle fosse comuni dei narcotrafficanti.

Nel Messico insanguinato dai narcos c'è anche un italiano in prima linea. È Antonio Mazzitelli, che a Città del Messico rappresenta l'UNODC, l'ufficio delle Nazioni Unite per la lotta al crimine e alle droghe.

Mazzitelli, perché in Messico si è arrivati a questa situazione?
«Il Messico ed ancora di più i messicani pagano oggi il prezzo di aver sottovalutato la crescita di potere sia delle organizzazioni criminali locali (i cosiddetti cartelli) sia della cultura criminale basata sulla violenza, i cui prodotti sono oggi le tante bande giovanili (le pandillas e maras) che spesso lavorano al soldo dei cartelli e si affrontano per il controllo del territorio, soprattutto in scenari quali Ciudad Juarez e Tiujana».

Le ripetute stragi fra la popolazione che significato hanno? Sono prove di forza dei narcos o segnali di debolezza?
«Di certo sono prova di debolezza e di mancanza di leadership. Le stragi rispondono soprattutto alla necessita per i diversi gruppi che si combattono per il controllo di affermare la loro esistenza, di marcare il territorio, di spaventare gli avversari e le istituzioni terrorizzando al tempo stesso la società civile. Insomma una vera e proprio strategia di comunicazione impostata sul terrore».

Che bilancio si può fare della linea dura scelta dal presidente messicano Calderon?
«Considerata la situazione, il Messico non aveva altra scelta se non affrontare senza timori e titubanza il potere e la cultura criminale. In questo senso non c' è che da approvare e apprezzare il coraggio del presidente Calderon, le cui scelte e le cui riforme (della polizia e della giustizia), anche se impopolari, segnano un vero uno spartiacque per la costruzione di un moderno stato di diritto in Messico. Recentemente Calderon ha invitato i partiti politici messicani a fare della lotta al crimine organizzato e all' impunità delle 'politiche di stato' e non solamente di governo. Sinceramente ci auguriamo si davvero cosi».

Come sta reagendo la società civile messicana?
«Positivamente . Anche se , di sicuro, la paura resta. Aumenta il ricorso alle denunce come pure la partecipazione al dibattito pubblico. Nonostante il prezzo pagato, una consistente parte del popolo messicano continua a condividere le scelte del presidente Calderon, anche se sono tante le voci che chiedono un confronto aperto riguardo gli strumenti di tale lotta. Insomma la gente comune ha capito che sicurezza e giustizia sono conquiste responsabili e non regalie di istituzioni lontane».

Roberto Zichittella
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