21/12/2011
Il dittatore nordcoreano Kim Jong-Il, morto sabato 17 dicembre per un infartto, e suo figlio Kim Jong-Un, designato alla successione, mentre assistono a una parata dell'esercito nella capitale Pyongyang, in occasione del 65° anniversario del Partito dei lavoratori.
In Asia, pare a che a presiedere il destino geopolitico delle nazioni vi
sia una strana entità dotata di bilancia e relativi pesi. Se da qualche
parte si apre uno spiraglio alla democrazia, dall'altra i regimi si
dilettano coi giri di vite alle libertà individuali. Cosí, se in
Birmania, il premio Nobel Aung San Suu Kyi comincia timidamente, dopo anni
di segregazione forzata nella sua casa di Yangoon, ad avere voce in
capitolo nelle decisioni politiche del suo Paese, ad altre latitudini
asiatiche, in Corea del Nord, muore d'infarto il "caro leader" e chi sale al
trono pare essere ancora più sanguinario. Il giovane Kim Jong Un è agli
antipodi di ciò che si suole definire un tipo rassicurante. E a
contribuire al suo carattere arrogante, ci si è messa di buzzo buono anche
l'Europa.
Sí, perché questi regimi definiti come i "cattivissimi del
mondo" non sono mai cosí isolati come si vuol credere. Tutta la prole di
Kim Jong Il parla perfettamente il francese e ha studiato in scuole
internazionali in Svizzera, in quel di Ginevra. E tutti quanti sono
solidamente affezionati all'art de vivre francese, frequentando
assiduamente i palazzi parigini, grandi hotel, ristoranti gastronomici
prelibati e cliniche di lusso. In particolare il primogenito del defunto
dittatore ha la fama di viveur. Più o meno una volta l'anno, armate di
telecamere nascoste, le troupe delle televisioni giapponesi dislocate a
Parigi si piazzano davanti a un albergo di lusso nella zona di Place
Vendome o nelle pretigiose vie parallele agli Champs Elysées, tipo avenue
Montaigne e George V, per silurare di flash e carpire immagini rubate al
florido faccione di Kim Jong Nam intento a entrare e a uscire da lussuose
porte girevoli dotate di uscieri ingallonati.
Kim Jong Nam è il primogenito e sarebbe stato lui a dover salire sul
"trono" nordcoreano, sebbene non si tratti di una monarchia e la
successione dinastica non sia mai stata ufficialmente sancita da nessuno
se non dalla famiglia stessa al potere. Ma Kim Jong Nam, per la grande
gioia delle autorità nipponiche, venne pizzicato un giorno all'aeroporto
di Tokyo Narita, in possesso di un passaporto falso. Perché lo scaltro Kim
si recava in segreto in Giappone? Spionaggio, incontri strategici? No.
Voleva andare a Disneyland Tokyo. E cosí, in nome di Mickey Mouse, si è
giocato la leadership. Quando si dice il nemico americano...
Tornando a questioni più serie rispetto alle gite fuori porta di Kim, c'é
da considerare con allarme che non solo la Francia apre le porte esclusive
dei suoi palazzi al figlio del dittatore, ma corre in soccorso anche
quando il "caro leader" é in pericolo. Oggi i giornali d'oltralpe sono
severi nei giudizi verso Kim Jong Il, responsabile di aver affamato il suo
popolo, provocando più di mezzo milione di morti e di aver perseguito una
folle politica militarista ignorando le condizioni spaventose in cui
agonizza il Paese. Ciò che si dimenticano di dire è che nel 2008, fu un
noto neurologo parigino a correre al capezzale di Kim Jong Il quando il
leader venne colpito da un ictus. Il medico in questione è un luminare
piuttosto conosciuto e vicino al Governo francese. È un intimo amico dell'ex
ministro degli Esteri Bernard Kouchner, i due si sono conosciuti in seno
alla famosa organizzazione umanitaria Medecins du Monde.
Interrogato
sulla sua partenza per Pyongyang, il dottore ha negato energicamente finché
gli operatori di Fuji Tv, network televisivo giapponese, gli hanno
mostrato le immagini girate di nascosto nell'aeroporto di Pechino,
immagini che mostravano il neurologo intento a imbarcarsi per la Corea
del Nord. Ancora una volta, business is business e ancora una volta gli
interessi economici e i giochi politici hanno vinto su una logica umanitaria che vorrebbe che il Paese dei diritti dell'uomo non sia il primo ad accorrere in aiuto a chi questi diritti li calpesta
quotidianamente in maniera ignobile. Ma tant'é.
Il Giappone, da parte sua
é particolarmente attento a quanto avviene in Corea del Nord. Sono ancora brucianti e non guarite le ferite inflitte negli anni Settanta e Ottanta, quando numerosi cittadini di nazionalità giapponese vennero rapiti dai
nordcoreani per essere internati in campi di concentramento. Se qualcuno è
tornato a casa dopo aver subito un lavaggio del cervello, di molti non si
sa nulla da anni. E i media giapponesi non demordono nelle ricerche. Ne sa
qualcosa il direttore di una scuola di lingue sulla Gran Via di Madrid,
dove ogni anno, decine di giornalisti nipponici si presentano con una foto
sbiadita vecchia di trent'anni, con su i visi di due ragazzine. Sarebbero
due studentesse rapite negli anni Settanta e mai ritrovate.
Questa
strategia del terrore, é stata ammessa parzialmente negli anni dalle
autorità nordcoreane. Le vittime dei rapimenti avevano le origini più
disparate: casalinghe, studenti, musicisti famosi, sportivi: si pescava
nel mazzo creando destabilizzazione. Ora chissà cosa ha in mente di fare
il nuovo " figlio di papà" Kim Jong Un... Le premesse sono già
inquietanti, si spera almeno che questa volta, in certe politiche
scellerate non vi siano complicità occidentali.
Eva Morletto