Migranti, se chi soffre prova odio

I recenti eventi di Oslo e le agitazioni degli immigrati fanno riflettere: che cosa potrebbe accadere se gli animi si esasperano ancora di più? Il rischio per il nostro Paese.

Una miscela esplosiva che può avere effetti più deflagranti di quelli norvegesi

04/08/2011
Centinaia di immigrati del Centro Accoglienza per Richiedenti Asilo di Bari hanno occupato e bloccato la Tangenziale e i binari ferroviari a Bari, lo scorso 1 agosto, per protestare contro il rifiuto della concessione di asilo politico e delle condizioni di vita.
Centinaia di immigrati del Centro Accoglienza per Richiedenti Asilo di Bari hanno occupato e bloccato la Tangenziale e i binari ferroviari a Bari, lo scorso 1 agosto, per protestare contro il rifiuto della concessione di asilo politico e delle condizioni di vita.

Quando i dissenzienti costituiscono masse è sempre più difficile fronteggiare le loro azioni e il loro dissenso. La storia lo insegna. Sarà bene non intervenire troppo tardi. Che abbiamo fatto fino ad ora per disinnescare questo pericolosissimo ordigno? Dal punto di vista politico molto poco mi sembra. Sul piano interno nessun intervento per ridurre le diseguaglianze sociali, anzi mi sembra sia stato profuso un discreto impegno, e con successo purtroppo, per far si che il ceto medio si impoverisse sempre di più ed i ricchi diventassero sempre più ricchi.

E sul fronte immigrazione? Non possiamo accoglierli tutti! E’ vero, su questo sono d’accordo. Ma come fermare la marea umana che dall’Africa si riversa sulle nostre coste, territorialmente le più vicine nell’area del Mediterraneo, con le navi militari ferme ai limiti delle nostre acque territoriali? E che dovrebbero fare, sparare sulle “carrette” del mare con la coscienza di uccidere degli innocenti? I nostri governi ci hanno provato a trovare una soluzione.

Si sono inventati ad esempio il reato di clandestinità, (le nostri carceri avevano giusto bisogno di qualche detenuto in più), oppure hanno fatto accordi con i governi nordafricani, primo fra tutti quello di Gheddafi che, in cambio di concessioni economiche e politiche al regime, si era impegnato a controllare le coste per impedire le partenze di barconi dalla zona nord del Paese. Insomma, pagavamo purché restassero lì, e poco ci importava in verità di quanto umanamente erano trattati.

Non voglio censurare quello che è stato fatto, la situazione è davvero complessa e la soluzione difficile da trovare, ma non posso fare a meno di rilevare che fino ad oggi siamo intervenuti come un medico, che cura la febbre alta e si accontenta di farla scendere di qualche grado, ma non cerca di estirpare la malattia nel profondo. Al di là delle soluzioni “tampone”, che pure nelle emergenze possono essere necessarie, l’unica maniera per fermarli è aiutarli concretamente a creare e sviluppare condizioni di vita accettabili nei loro paesi. Non c’è alternativa, e peraltro glielo dobbiamo, è il pagamento del nostro debito con la storia.

E’ un processo lungo, forse costoso, per il quale siamo già clamorosamente in ritardo, e che necessita gioco forza del coinvolgimento di tutta l’Europa. E’ una soluzione che è resa complessa dalla presenza, in molti di quei Paesi, di regimi totalitari, ma è l’unica soluzione perseguibile; e dobbiamo guardare con attenzione a quei movimenti di rivolta democratica, portati avanti per lo più da giovani con un livello culturale superiore a quello dei loro padri, e che certamente faranno la rinascita politica ed economica di quei paesi e noi abbiamo il dovere di contribuire a tale rinascita. E consentitemi di far notare che quei giovani che chiedono giustizia e libertà nel loro Paese sono musulmani; non mi risulta che abbiano bruciato bandiere occidentali o inneggiato alla guerra santa, e fra di loro ci sono ragazze… e non indossano il burka.

E noi, cosa possiamo fare noi da cittadini con tutti gli “stranieri” che sono già nel nostro paese. Abbiamo tanto timore di essere “colonizzati”, di perdere la nostra identità, le nostre radici, ed allora rafforziamola questa identità. Siamo cristiani, cattolici, e comportiamoci come tali! E’ questo che ci chiede il Papa. La cristianità non è difesa negando il diritto di esistere ad altre religioni, la difendiamo vivendo da cristiani e come cristiani siamo stati educati alla solidarietà verso tutti, senza distinzioni neppure di religione. Dobbiamo fare ogni sforzo per inserirli gradualmente nelle nostre comunità e nel nostro sistema del lavoro, pretendendo però il pieno rispetto delle nostre leggi.

Ma siamo ancora capaci di essere cristiani? Grazie a Dio si. Nella storia è ormai scritta la terribile data della strage di Oslo ma voglio ricordare un’altra data ed un altro luogo. Lampedusa 8 maggio 2011: una carretta del mare con a bordo circa 300 persone si è incagliata a pochi metri dall’ingresso del porto. Sono tutti salvi perché si è formata una “catena umana” fatta da forze dell’ordine, pescatori, giornalisti, marinai e quanti potevano dare una mano. E nessuno di loro in quei momenti si è chiesto chi fossero quegli uomini, quelle donne e quei bambini che cercavano di salvare, erano tutti figli del nostro stesso Dio.

Roberto Jucci
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