Sarajevo, vent'anni di incubi

Vent'anni fa cominciava l'assedio più lungo del Novecento. La città della Bosnia è rinata ma non riesce a dimenticare.

Campioni di tutto, in carrozzella

06/04/2012

Asim Medic aveva 23 anni, nel lontano 1993, in pieno assedio di Sarajevo. Un giorno, schegge di artiglieria gli tranciarono una gamba, consegnandoli un futuro tutto da capire. Pensò fosse come morire, abbandonando tutti i sogni di gioventù, già colpiti duramente dalla guerra. Più che un rischio la depressione era quasi una realtà. Solo lo sport poteva salvarlo.

Lo sport come anti-depressivo, innanzitutto. Senza alcuna altra pretesa, quasi impossibile per chi aveva praticamente perso una gamba. Come lui, tanti altri. Vittime di guerra, spesso intrappolate su una sedia a rotelle a in un presente senza luce negli occhi. Tante vittime e un sogno, da inseguire attraverso lo sport. Il volley in carrozzella, una via d’uscita. Tante squadre, nate una dopo l’altra. E pure campionati, per creare un po’ di competizione. Fino a dar vita alla nazionale di Bosnia, poco dopo la fine della sanguinosa guerra.

Nel 1997, la prima medaglia, un bronzo agli Europei. E poi, una crescita imponente, un palmarés coi fiocchi: 6 volte campioni d’Europa, una volta campioni del mondo, un oro ai Giochi Paralimpici”. Un tempo, la Bosnia era una potenza nel basket, i cui protagonisti erano trattati alla stregua di eroi. Adesso gli idoli sono loro, i ragazzi della pallavolo in carrozzella. Asim Medic ci pensa e riflette: “L’importante non è vincere, ma ispirare altre persone con i nostri stessi problemi, aiutarli a vivere un’esistenza normale, lontani dalla strada, dalla droga, dai guai”.

Resta un cruccio, espresso da Sabahudin Delalic, il capitano della nazionale: “In squadra siamo sono bosniaci, non ci sono ragazzi di etnìa serba. E’ un vero peccato, perché ce ne sono alcuni veramente forti. Comunque non è una questione di divisioni o cattivi rapporti. La verità è che loro hanno il doppio passaporto, così finiscono a giocare nella nazionale di Serbia. Speriamo che i nostri successi li convincano a giocare per la Bosnia, così che la nostra nazionale possa diventare anche un simbolo di unità”. Intanto, si godono i trionfi: “In pratica abbiamo vinto ogni titolo che c’è sul pianeta”. E guardano avanti, a Londra, ai Giochi Paralimpici.

Ivo Romano
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