Vietnam, Natale di frontiera

Il 2011 è stato un anno di progressi per i cattolici del Vietnam. Schierata con i contadini e i malati, la Chiesa deve però ancora affrontare la diffidenza del regime.

2011, per i cattolici l'anno dei passi avanti

25/12/2011
La recita del rosario in parrocchia.
La recita del rosario in parrocchia.

Ho Chi Minh City. Ufficialmente è ancora uno degli ultimi Paesi “comunisti” del mondo. Ma il Vietnam - come il suo grande vicino, la Cina - si è convertito da tempo alla religione del libero mercato e dell'arricchimento ad ogni costo.


     E così, come qui da noi, anche le strade e i negozi del centro di Ho Chi Minh City (l'antica Saigon) si riempiono di decorazioni e scritte luminose che augurano ai sempre più numerosi turisti occidentali Buone Feste e Felice Anno Nuovo. Tutta la città partecipa: i motorini che a migliaia e migliaia riempiono le strade della città, la notte di Natale convergono verso la piazza di fronte alla grande Cattedrale costruita dai francesi, dove i giovani – non solo quelli cattolici – si riuniscono per festeggiare per tutta la notte.

     Ma per la minoranza cattolica del Vietnam – meno del 10% della popolazione del Paese – il Natale è una festa profondamente sentita e vissuta. Nei cortili delle parrocchie i mercatini con le decorazioni natalizie propongono presepi e addobbi in stile occidentale, accanto a decorazioni più tradizionali, come le grandi stelle di carta colorata da appendere in strada di fronte alle case: ognuno vuole far partecipare i vicini alla propria gioia.

     I cattolici del Vietnam – sopratutto quello del ricco Sud, con al centro Saigon – assaporano da qualche anno una libertà che avevano dimenticato da tempo. Precisamente dal 1975, l'anno in cui le truppe del Nord comunista, guidate dal generale Ho Chi Minh, conquistarono la città. Seguirono anni di repressione e di isolamento per la Chiesa del Paese, tagliata fuori dal mondo e sottoposto al controllo asfissiante della polizia segreta. Tra i tanti che ne fecero le spese, il vescovo ausiliare di Saigon François Xavier Nguyên Van Thuân, messo in carcere per 13 anni e fatto cardinale da Giovanni Paolo II dopo la sua liberazione. Ancora oggi, il suo nome in Vietnam è quasi un tabù, e nessuno – anche tra i cattolici - ne parla volentieri.

     Ma il 2011 che si sta per concludere, per i cattolici del Vietnam è stato un anno ricco di novità e di passi avanti. Si è aperto con la nomina, a gennaio, del primo rappresentante diplomatico vaticano dalla rottura delle relazioni con il Vaticano, durante la guerra. Monsignor Leopoldo Girelli, anche se residente non permanente, ha visitato più volte il Paese in questi mesi e portato, per la prima volta in decenni, il saluto del papa alla Chiesa. E si è concluso con il primo sinodo diocesano di Saigon dal 1975, un grande evento aperto a tutta la città.

     Certo, spiega l'arcivescovo della città, il cardinale Jean-Baptiste Pham Minh Mân, “non abbiamo ancora il diritto di essere liberi, la nostra è una libertà vigilata e controllata”. Ma la situazione è migliorata nettamente negli ultimi anni: i preti sono liberi di muoversi nel Paese e i seminari accolgono tutti coloro che hanno una vocazione senza il veto del Partito Comunista (e sono tanti, solo a Saigon il Seminario è pieno e sono oltre 250 gli aspiranti seminaristi).

Alessandro Speciale
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