Vietnam, Natale di frontiera

Il 2011 è stato un anno di progressi per i cattolici del Vietnam. Schierata con i contadini e i malati, la Chiesa deve però ancora affrontare la diffidenza del regime.

Una Chiesa schierata con i più deboli

25/12/2011
Padre Toai nell'ambulatorio per i malati di Aids.
Padre Toai nell'ambulatorio per i malati di Aids.

Anche se la Chiesa in Vietnam negli ultimi anni è più libera, il cammino da fare è ancora lungo. La principale questione aperta con il Governo è quella della restituzione delle proprietà della Chiesa confiscate al termine del conflitto che ha portato alla riunificazione del Paese: migliaia di edifici - spesso di grande valore, come l'antica nunziatura vaticana da Hanoi, la capitale - che adesso sono in mano allo Stato.


     Non è solo una questione dei beni della Chiesa: man mano che il Vietnam diventa più ricco, migliaia di contadini poveri si vedono espropriare le terre per far spazio a nuovi quartieri o industrie. Non si possono opporre in un Paese in cui ufficialmente non esiste la proprietà privata. Così gli ordini religiosi – come i Redentoristi – che si battono per la restituzione delle terre della Chiesa, danno voce anche a loro. 

     La loro è una protesta disarmata: veglie silenziose di preghiera, ad Hanoi e a Saigon, a cui partecipano ogni volta migliaia di fedeli. Ma la vera sfida, dice il segretario generale di Caritas Vietnam, il salesiano Vincent Ngoc Dong, è riconquistare la libertà della Chiesa di operare nel campo della sanità e dell'educazione. Oggi ufficialmente la Chiesa non può gestire scuole e ospedali, salvo piccole eccezioni. Eppure, in questi campi, lo Stato e il Partito Comunista hanno un disperato bisogno dell'aiuto dei cattolici perché quella vietnamita, spiega padre Ngoc, “è una società che sta cadendo a pezzi”: colpa del “consumismo” e del “materialismo”, unito a decenni di “rifiuto di Dio”.

     Il regime sa che questi “mali sociali” - come vengono chiamati nella retorica ufficiale – sono un pericolo per il Paese e per la sua stessa sopravvivenza. Ma ha paura ad aprire veramente le porte alla Chiesa e chiedere il suo aiuto. Ci sono però delle eccezioni, come nel caso dell'epidemia di Aids, che si è diffusa insieme alle droghe negli anni  '90, colpendo il regime di sorpresa. La reazione ufficiale – nascondere il problema mandando i tossicodipendenti in centri di "rieducazione" lontani dalle città – ha peggiorato le cose. Il pregiudizio nei confronti dei sieropositivi era così forte che questi spesso venivano allontanati dagli ospedali quando avevano bisogno di cure.

     La Chiesa ha iniziato ad aprire ambulatori gratuiti per le cure dei malati di Aids. Uno di questi – gestito dal padre camilliano John Toai – da solo cura 2.000 pazienti la settimana, che arrivano da tutta Saigon. Dal 2007, è la prima struttura sanitaria cattolica ad aver ricevuto il riconoscimento ufficiale del Governo. “Siamo un buon esempio – dice padre Toai – ma il regime ha paura e non vuole permettere alla gente di entrare più in contatto con la religione”.

Alessandro Speciale
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