Partiti deboli, Presidente forte

16/04/2013
Foto di gruppo per presidenti della Repubblica: da sinistra, Ciampi, Scalfaro, Napolitano e Cossiga (Ansa).
Foto di gruppo per presidenti della Repubblica: da sinistra, Ciampi, Scalfaro, Napolitano e Cossiga (Ansa).

Per molti anni si è detto che il Presidente della Repubblica, in Italia, conta poco e comanda ancora meno. E non era vero. Stava lì a dimostrarlo una corposa lista di presidenti di forte preparazione politica e, spesso, di ancor più forte personalità: da Pertini a Cossiga, da Ciampi a Scalfaro. E' indubbio, però, che la crisi sempre più profonda dei partiti tradizionali, e del sistema politico che essi hanno incarnato, assegna al Presidente un ruolo sempre più ampio, delicato e influente.


Nel dirlo,  il pensiero ovviamente corre al settennato appena concluso, quello di Giorgio Napolitano, segnato da una funzione di "supplenza politica" evidente a tutti gli italiani, che infatti hanno in larga parte apprezzato, se non sempre condiviso. Napolitano non ha mai smesso di essere il garante super partes delle istituzioni ma in molte occasioni delicate ha iniettato nel dibattito politico un qualcosa in più in termini di fantasia, energia e attaccamento all'interesse nazionale che è risultato decisivo per la stabilità del sistema.

Napolitano, però, non è stato il primo, proprio perché la crisi dei partiti non è cominciata con la sua presidenza. Pensiamo a Cossiga e alle sue "picconate" al sistema politico della Prima Repubblica, ancora inchiodato agli equilibrii della Guerra Fredda. A Scalfaro, che affrontò il crollo appunto di quella Repubblica e l'irruzione sulla scena del berlusconismo più rampante. A Ciampi, con l'ingresso dell'Italia nell'euro e l'invenzione preziosa del nuovo patriottismo.

In questi anni, però, la perdita di credibilità dei partiti si è fatta sempre più rapida, spalancando infine la strada a un movimento anti-sistema come quello guidato da Grillo e Casaleggio. Proprio quanto sta avvenendo in queste ore, con la farsa delle Quirinarie, dimostra quanto sia delicata questa tornata delle elezioni presidenziali. Il Presidente, come prevede la Costituzione, è il garante degli equilibrii del sistema istituzionale: che può e deve essere riformato ma che, per il bene degli italiani, non può e non deve essere scardinato.

Il Presidente, quindi, deve (non può, deve) essere espressione del sistema, di cui deve a propria volta essere un fine conoscitore e interprete. Non deve (non solo non può, non deve) essere scelto in quella che solitamente viene definita "società civile", soprattutto nell'accezione corrente di società che con la politica non ha nulla a che fare. Con una crisi di sistema come quella in corso, il Presidente deve essere "politico" nel senso più ampio e nobile del termine. Una brava persona, uno stimabile cittadino non basta, e forse nemmeno serve.   

Fulvio Scaglione

a cura di Francesco Anfossi e Fulvio Scaglione
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