Emilia: la ricostruzione a un anno dal sisma

Un anno dopo il terremoto in Emilia: la ricostruzione procede tra mille difficoltà, ma tutti si sono rimboccati le maniche senza piangersi addosso. I racconti dai luoghi colpiti.

"Qui ricominciamo dalla nuova Chiesa"

20/05/2013
Don Sighinolfi all’interno della chiesa da lui voluta, a lavori quasi ultimati.
Don Sighinolfi all’interno della chiesa da lui voluta, a lavori quasi ultimati.

In questo momento la nostra comunità sta vivendo sia sentimenti di gioia che di tristezza. La costruzione di una chiesa è sempre un grande avvenimento, ma ogni giorno guardiamo le macerie della nostra antica parrocchiale che avevamo restaurato solo sei anni fa. Soldi buttati via».

A parlare così è don Davide Sighinolfi, 58 anni e parroco di Medolla, paese del Modenese tra i più colpiti dal terremoto che ha devastato l’Emilia a fine maggio 2012.
Intorno a lui la comunità si è riunita, si è fatta forza e ha guardato avanti. Don Sighinolfi ha deciso di andare in controtendenza, puntando sulla costruzione di un nuovo edificio religioso che verrà inaugurato il prossimo 29 maggio, giorno della memoria della seconda, grande scossa.

La chiesa di Medolla è la prima a essere realizzata dopo il terremoto. Il progetto è stato affidato a Davide Marazzi, originario del paese, ma che nel frattempo ha maturato una significativa esperienza professionale, avviata alla scuola di Cino Zucchi.
«Non vivo a Medolla da più di vent’anni, ma la mia famigliaelemieradicisonodecisamente lì», racconta Marazzi.

Don Sighinolfi - con la sua comunità – ha valutato che, rispetto a una costruzione temporanea che dopo pochi anni avrebbe dovuto essere sostituita, Medolla aveva bisogno di una nuova chiesa sicura, moderna e antisismica, capace di accogliere la comunità in preghiera.
Con il terremoto, oltre alla vecchia parrocchiale, erano state distrutte anche le aule del catechismo e degli incontri. Mancava un luogo sicuro dove ritrovarsi. certo, il ricordo degli abitanti di Medolla andava alla vecchia parrocchiale che li aveva visti battezzare, cresimare e prendere la prima comunione ma don Sighinolfi ha dato lo slancio per guardare oltre: «Occorre un segno forte per l’Anno della fede che stiamovivendo, un rilancio della vita interrotta».

La concretezza di don Sighinolfi si è resa ancora più evidente con la scelta di puntare a creare occupazione per le maestranze locali: «abbiamo fatto lavorare la nostra gente, ragazzi, padri e madri di Medolla e più in generale del Modenese.
È stata ed è una sfida positiva perché dopo il terremoto per molti è venuto a mancare un lavoro certo». Il parroco non dispera di recuperare un giorno la vecchia parrocchiale – «vedremo» – ma ora lui e i suoi fedeli sono pronti a vivere la nuova chiesa che, come sostiene Marazzi, «è un catalizzatore di vite ed esperienze».
Prosegue l’architetto: «Quando ho deciso che occorreva fare qualcosa, ho pensato subito alla parrocchia perché ero sicuro che in questo modo si sarebbero potute aiutare contemporaneamente e indirettamente molte persone. Non tanto sul piano materiale, ma su quello più delicato nelle situazioni di emergenza: quello del conforto spirituale».

Marazzi ricorda di essere stato impressionato «dalla forte e orgogliosa reazione della gente». Spiega: «era come se l’energia sprigionata dal sisma si fosse immediatamente trasformata in energia umana, in motivazioni, in voglia di rico- minciare con uno spirito di condivisione e di solidarietà davvero sorprendenti». L’architetto paragona quel vissuto a una «comunità ideale perché tutto avveniva con leggerezza, con il sorriso, con quella umanità vera e profonda che si rivela quando per cause di forza maggiore vengono rimossi la patina e gli strati di polvere che nel tempo tendono a depo- sitarsi sulle coscienze».

Ed è quello che si coglie dalle parole di don Davide Sighinolfi, il parroco che – con la semplicità e la forza d’animo tipica delle terre d’Emilia – è riuscito a prendere per mano la sua gente e accompagnarla a vivere l’esperienza della nuova chiesa che li accoglierà. Una chiesa che ha come elemento centrale la luce naturale e la trasparenza. Una scelta non solo simbolica, ma voluta per accentuare l’apertura e l’accoglienza che la nuova casa del Signore deve avere.


Francesco Menapace


Tratto dal numero 7 di Credere

Simonetta Pagnotti
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