E potrebbe bocciarci la monetina

24/06/2010
Rino Gattuso
Rino Gattuso

 Per una notte magica, un milione di notti prima degli esami. E' così che si vive da tifosi dell'Italia: con il patema, come la mamma di un ragazzino svogliato a scuola, non proprio somaro, ma di quelli, sempre lì sul filo tremulo del 5 e mezzo, a metà del guado tra promozione e bocciatura. Si gioca Slovacchia-Italia e siamo lì: dentro o fuori dal Mondiale. Saremo promossi agli ottavi vincendo, bocciati perdendo, rimandati pareggiando a una serie di calcoli astrusi.
    
    Mai che mettano -gli, azzurri - in carniere una media solida al riparo dai pericoli peggiori: sempre all'esame con l'affanno, con una pagina pronta sì e una no, sempre appesi alla faccia tosta e al cuore, quando non proprio a quell'altra parte, inelegante da nominare, che qualcuno considera sinonimo triviale di buona sorte.

    Ma per contare sulla risposta pronta dell'ultimo istante ci vuole sfrontatezza e quella, di solito, ce l'hanno i saltafossi con fantasia e faccia di bronzo a briglia sciolta. E noi, di quelli, in Sudafrica non ne abbiamo: sono rimasti a casa, ironia della sorte, uno (Cassano) a mettere su famiglia (e testa a posto); l'altro (Balotelli) a sostenere la Maturità davvero, su banchi veri, con professori veri.
Difficile, dunque, che la rispostona da dieci e lode arrivi da questa Italia che non è sfacciata come Franti, ma neanche saccente e diligente come Derossi (non De Rossi Daniele della Roma ma Derossi senza nome, primo della classe del libro Cuore, ché allora a scuola nessuno ti chiamava per nome). 

    A Johannesburg, per quel che s'è visto fin qui, c'è una classe senza eccessi di genialità né di "secchioneria", che forse ha studiato poco, forse ha studiato male.
E noi intanto, tutti a dire, come la mamma, che se lo meriterebbero, che gli starebbe proprio bene di tornare a casa subito con il primo volo low cost, che gliel'avevamo detto che così non bastava e ora imparano. 

    Ma poi, come la mamma, tutti lì di nascosto a pregare perché strappino almeno quel sei sparagnino appena appena, con lo studio matto e disperatissimo dell'ultimo giorno, con la pedata dell'acqua alla gola, giusto il tanto che basta per sfangare l'ammissione all'esame, cioè agli ottavi di finale, e poi si vede. Una prova dopo l'altra, una partita dopo l'altra, un patema dopo l'altro. 

    Il guaio è che se la risposta esatta non arriva, se il compagno non fa copiare, se il prof è proprio carogna, se nessuno tira in porta, anche con Gattuso che si danna l'anima non per 11 ma per 22, c'è il rischio che non basti il cuore. Due pareggi con identico punteggio tra Italia e Slovacchia e tra Paraguay e Nuova Zelanda vorrebbero dire, alla lettera, delegare il passaggio del turno al capriccio di una monetina: un sorteggio crudele tra testa (ormai perduta) e croce (da portare).

    E, dopo, casomai finisse bene, ci sarebbe ancora da rimpiangere che la monetina non abbia i piedi, perché nel pacchetto della buona sorte, per andare oltre, servirebbe più di tutto uno stock di piedi da primi della classe.

a cura di Elisa Chiari
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