Sei nazioni, il trionfo del rugby

Sabato 2 febbraio comincia il prestigioso torneo che vede misurarsi le squadre di Galles, Inghilterra, Irlanda, Scozia, Francia (dal 1910) e Italia (dal 2000).

Rugby e calcio a confronto: in comune solo un campo verde

02/02/2013
L'esultanza dei giocatori dell'Italia al termine del match del torneo Sei Nazioni di rugby contro la Francia (Ansa).
L'esultanza dei giocatori dell'Italia al termine del match del torneo Sei Nazioni di rugby contro la Francia (Ansa).

Lo sport, come dovrebbe essere. Un gioco, soprattutto. Uno spettacolo, anche. E un mare di gente, appassionati o meno, a gremire gli stadi. La lezione del rugby, uno sport differente. Comunque vada, è sempre un successo. L’Italia ovale tira, sempre e comunque. Che gli avversari si chiamino All Blacks, che del rugby sono un autentico mito, oppure Tonga, isole che vivono di rugby ma che nella gerarchia mondiale sono dietro gli azzurri. Cambiano i protagonisti, non l’appetibilità del prodotto.
Sei Nazioni alle porte, bagno di folla garantito. Tre partite casalinghe, contro Francia, Galles e Irlanda: obiettivo fissato a 180mila spettatori in totale. Sarebbe un successo, l’ennesimo. E il 2013 confermerebbe quel che di buono ha detto il 2012. Prendete la fine dell’anno, il mese di novembre, quello tradizionale per i test-match. Tre sfide in tre settimane: un successo enorme. La prima a Brescia, contro Tonga: più di 18mila spettatori. La seconda sfida, quella più attesa, al cospetto della Nuova Zelanta dei Tutti Neri, maestri del pianeta e campioni del mondo in carica: 74920 spettatori all’Olimpico di Roma, una marea in più del pubblico registrato in occasione del derby del calcio capitolino. Terza sfida: Australia di scena al Franchi di Firenze, con 34850 paganti. Prima dei test-match di novembre, c’erano state le due partite dello scorso Sei nazioni. In un anno, ben 5 sfide casalinghe, che hanno fatto registrare un totale di 251.944 spettatori (con una media di 50.338 a partita, quasi il doppio di quella registrata nel 2008, quando la casa degli azzurri era il piccolo Flaminio e la media-spettatori si fermò a 27.595): un’annata da record, con numeri che non hanno precedenti nella storia del rugby italiano.

E ora, il nuovo Sei Nazioni, provando ad elevare la media a 60mila spettatori a partita. Del resto, si sa, comunque vada, è sempre un successo. E non è solo questione di numeri. Quel che conta forse ancor di più è l’atmosfera. E’ sempre festa, a margine di una partita di rugby. Festa di sport e fratellanza, senza divisioni tra tifosi rivali. La solita atmosfera, quella che gli italiani hanno imparato ad apprezzare altrove, in giro per l’Europa ovale. Sì, perché la medaglia ha sempre due facce. E quelle del rugby azzurro sono entrambe brillanti. In casa, partite da tutto esaurito (o quasi). In trasferta, seguito sostanzioso, per respirare aria di rugby e storia.

Il paragone col calcio è imbarazzante, per il calcio naturalmente. Su quel che avviene in trasferta, sarebbe meglio stendere un velo pietoso. Il rugby esporta migliaia di tifosi festanti, il calcio azzurro (a parte che in grandi occasioni) poche decine di pseudo-tifosi dediti al saluto romano e alla risse da strada. E in casa, stessa storia: prevale il rugby, nel confronto col più titolato calcio. La nazionale di Prandelli tira soprattutto in provincia, dove il grande calcio non sempre fa tappa. C’erano circa 19mila spettatori a Parma, per la recente sfida amichevole contro la Francia. Più o meno lo stesso numero di appassionati che aveva seguito, al Braglia di Modena, la partita Italia-Malta, valevole come qualificazione al prossimo Mondiale brasiliano. Quindi, numeri in linea con quelli fatti registrare dagli azzurri della palla ovale in provincia, ultimo esempio quello di Brescia, per Italia-Tonga.

Nessun paragone possibile, invece, se si fa il grande salto, dalla provincia alla metropoli. Il rugby sembra una calamita, che attira tifosi da tutta Italia, soprattutto dalle roccaforti ovali. Il calcio fa i conti con la crescente disaffezione del grande pubblico, che sempre più spesso preferisce incollarsi alla tv piuttosto che recarsi allo stadio. Più che eloquente, alcuni confronti possibili, quelli più recenti: 35mila spettatori a San Siro per Italia-Danimarca di calcio (partita del girone di qualificazione mondiale), circa 75mila per Italia-Nuova Zelanda di rugby all’Olimpico. Vero, la Danimarca nel calcio non avrà lo stesso appeal degli All Blacks nel rugby. Ma l’importanza delle sfida avrebbe meritato comunque ben altro seguito. Al tirare delle somme, nessun dubbio: vince il rugby, per distacco.


Ivo Romano
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