15/01/2012
Ghiaccio e temperature polari a Cervinia (foto Ansa/Enrico Marcoz).
In aperura di 2012 ci sono state molte
riflessioni-inchieste-previsioni giornalistiche su come andrà lo sport mondiale
nell’anno: il tutto incentrato specialmente sui Giochi olimpici estivi che
Londra ospiterà (terza volta, dopo il 1908 e il 1948: è un record) dal 27
luglio al 12 agosto. Qualcuno si è spinto anche alla preidentificazione dei
protagonisti, con pronostici ad personam.
Lo sport è anche vita, e dunque preannunciarlo,
pregustarlo è già frequentazione di vita. Quasi nessuno ha però saputo o voluto
prevedere che saranno soprattutto i Giochi di una nuova vita, i Giochi di
internet, per come la nuova divinità li esplorerà, li frugherà, li bloggherà,
li tuittererà. li ruberà alla telemessa in onda diciamo ufficiale, li inquisirà,
li arricchirà e inquinerà di scoperte e rivelazioni, trasformando migliaia di
spettatori in reporter, in voyeurs anche per conto altrui, in esploratori, in
spioni.
Si anticipa ortodossamente,
classicamente Londra come la solita rassegna di supervita sportiva. Forse anche
per dimenticare che ci sono sport che stanno morendo, o che stanno paurosamente
dimagrendo.
Ne citiamo due, uno invernale uno
primaverile-estivo- autunnale, afflitti da due crisi di genesi diversissima,
accomunati si si vuole dal fatto che i loro adepti in genere praticano anche
l’altro sport, come complementare. Parliamo del ciclismo e dello sci
(soprattutto di fondo, ma anche alpino, visto che è sempre questione di
rinforzare le gambe).
Il ciclismo
d’inverno era insidiosi banchetti di premiazione, riflessioni al caminetto,
prime pedalate al sole (la riviera ligure quando i soldi erano pochi, adesso i
Caraibi o l’emisfero australe visto che i soldi sono pochissimi). Era comunque spazio
sui giornali. Adesso bisognerà arrivare alla Milano-Saremo, porta della primavera
secondo il vecchio calendario, per trovare titoli grossi o almeno grossini,
attenzioni speciali, presentazioni degne dell’evento.
Si gareggia già a gennaio
sotto altri soli, quasi clandestinamente, a febbraio anche in Europa e in
Italia, ma sono sempre e soltanto notiziole. Il doping dal quale il ciclismo almeno
tenta di liberarsi, intanto che altri sport tentano di conoscerlo meglio e
impunemente, sembra avere annichilito tutti ed intanto fornito un alibi perla
trascuratezza. Sui giornali politici il ciclismo è ormai uno sport piccolissimo,
sui fogli sportivi sta nelle ultime pagine. Parliamo pure di grossa perdita di
un patrimonio di amore e attenzione popolare, di lavoro, fatica, umiltà,
umanità. E pare che non ci sia rimedio, sono i tempi, è il progresso, quanto meno
è il progredire (andando a motore).
Lo sci va sui giornali specialmente
quando ci sono rinvii di gare per il maltempo (più venti che nevicate). Poche
righe per la Coppa del Mondo che una volta aggregava milioni di bipedi davanti
ai televisori. Do you remember Thoeni, Tomba, Compagnoni, Kostner? E anche Di
Centa, Belmondo, Nones, De Zolt? Il fenomeno comunque non è soltanto italiano. Lo
sci tradizionale, tutto e dovunque, è concorrenziato al suo stesso interno: quello
alpino, discesa e slalom, da snowboard, freestyle e altre diavolerie acrobatiche.
Quello nordico da stili di avanzata complicati, classico e non classico,
tecnica fissa e tecnica libera.
E tutto ma tutto lo sci è aggredito dalla
carenza ormai cronica di neve: i ghiacciai retrocedono e gli iceberg si sciolgono,
le nevi eterne diventano provvisorie, rischiano l’attualità allarmata François
Villon antico poeta maledetto e George Brassens che lo ha messo in canzone: mais
où sont les neiges d’antan?
Si riscalda il pianeta, si ritraggono i nevai,
è sempre primavera (fredda, ma senza la “bianca visitatrice”) nei posti di
turismo montano. E le gare di sci interessano casomai come esibizione di sport estremo,
non come proposta al tifoso di spettacolo al massimo livello di una attività
che anche lui può fare.
E’ un bel brutto problema, che dice del clima
del mondo dal punto di vista della meteorologia ma anche degli spiriti, dei
cervelli, dei cuori. Bisognerebbe parlarne a fondo, non fosse che ci sono altre
cose peggiori che a fondo ci fanno andare.
Gian Paolo Ormezzano