Fine dei giochi: è emergenza sociale

Il gioco d'azzardo compulsivo e patologico costituisce una vera e propria emergenza sociale, che in Italia riguarda più di un milione di persone. E lo Stato finge di non capire

Gioco d'azzardo, fatturato in aumento. E i costi sociali?

23/04/2013

Il volume del fatturato annuo del gioco d'azzardo in Italia è in continuo aumento: se nel 2011 il ricavo complessivo ammonta a 80 miliardi di euro, solo nei primi 10 mesi del 2012 i Monopoli di Stato hanno stimato una cifra intorno agli 87 miliardi.

In misura direttamente proporzionale, crescono i costi sociali
: se nel 2004 lo Stato tratteneva il 21 per cento dei ricavi, nel 2012 si è scesi a una percentuale inferiore al 10 per cento. In sostanza all'aumento dei ricavi non corrisponde un aumento degli introiti per le esangui casse dello Stato.

Mentre aumenta sempre più il payout, ossia la cifra pagata per le vincite, in una misura pari al 77 per cento nel 2011, crescono i ricavi da parte dei gestori e la tassazione sui nuovi giochi è stata significativamente ridotta. Basti pensare che i giochi più vecchi sono soggetti a una tassazione che va dal 27 al 47 per cento, mentre le videolottery e i giochi on line oscillano tra lo 0,6 e il 3 per cento.

Un altro aspetto strettamente connesso al dilagare delle dipendenze da gioco compulsivo, è il ruolo delle organizzazioni malavitose, che nell'apertura di ricevitorie, sale da scommesse e luoghi adibiti al gioco in genere hanno trovato una nuova e reddittizia via per "pulire" ingenti somme di denaro sporco. Senza contare poi il numero di persone (sulle quali stime precise sono molto difficili) che, per far fronte ai debiti di gioco, sono cadute nel gorgo di strozzini e usurai, anch'essi spesso e volentieri legati alla criminalità organizzata.

Queste sono solo alcune delle problematiche emerse a Roma durante il seminario nazionale "Un'alleanza per regolamentare il gioco d'azzardo", un incontro promosso tra gli altri da Cnca, Conagga (Coordinamento nazionale gruppi per giocatori d'azzardo), Libera, Arci, Avviso pubblico e Auser.

Sono le stesse associazioni che hanno dato vita a una significativa campagna, battezzata "Mettiamoci in gioco". Come dire che il tempo delle chiacchiere è giunto al termine.

"Il gioco d'azzardo patologico è un fenomeno intergenerazionale, particolarmente diffuso nelle fasce più deboli della popolazione anche se di natura interclassista", afferma Gianni Bottalico, presidente Acli. "Sono necessarie iniziative urgenti come una moratoria che vieti l'introduzione di nuovi giochi, regolamentare e impedire la pubblicità ingannevole, nonché stanziare risorse per la cura del gioco patologico, in una percentuale che potrebbe essere pari all'1 per cento del fatturato complessivo del gioco per curare i danni che esso provoca".

Il problema del reperimento delle risorse necessarie è come sempre di difficile soluzione. A tal proposito, Paolo Morello della Fict (Federazione delle comunità terapeutiche) ha ricordato che le ludopatie sono state inserite nel Lea ma non sono state finanziate, quindi le cure sono a carico delle strutture e delle famiglie: "I ricavi dei giochi sono inferiori ai costi sociali ed è scandaloso che si continuino a fare campagne pubblicitarie".

Fortemente dibattuto e apertamente criticato è stato poi il nuovo Osservatorio nazionale sui rischi del gioco d'azzardo, organismo voluto dai Monopoli di Stato in accordo con il Dipartimento delle politiche antidroga del ministero della Cooperazione internazionale e dell'Integrazione. Mentre balza agli occhi la contraddizione in termini per cui controllore e controllato coincidono, la stessa composizione dell'organismo è quanto meno discutibile visto che non vi partecipano membri delle tante associazioni che, in concreto sul territorio, provano ad arginare questa piaga.

Francesco Rosati
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