21/07/2012
Raquel Rolnik. Nella foto di copertina, dell'agenzia Reuters, Henriette Mutewaraba (destra) e Chantal Rutayasire (sinistra), due sopravvissute al massacro , in un'immagine del 2004.
Bastarono 100 giorni, dal 6 aprile a metà luglio. Era il 1994. Il genocidio del Rwanda fu uno degli episodi più tragici del ventesimo secolo. Alla fine i morti furono almeno 800 mila. Tutsi, soprattutto. Ma anche Hutu. Odio. Sangue. Impotenza della comunità internazionale, Onu in primo luogo.
A quasi vent'anni di distanza si tenta la via del riscatto sociale, economico, politico. Si è appena concluso il viaggio
ufficiale del relatore speciale delle Nazioni Unite in Rwanda, Raquel Rolnik (foto) e
le sue prime dichiarazioni, da un lato aprono uno spiraglio ottimista sul futuro
del Paese, dall'altro mette in guardia e invita tutti a prestare la massima
attenzione sui profondi processi di cambiamento in atto nel Paese per
verificare che gli interessi, specialmente quelli delle fasce più deboli, non
siano calpestati in nome del progresso. La prima notizia positiva è che sia
stato proprio il governo rwandese a formulare l'invito, convinto che la strada
intrapresa, dopo decenni di conflitti, sia quella giusta, nell'interesse di
tutti. Si è trattato di un'occasione importante per fare il punto, in
particolare, sugli sviluppi delle politiche abitatite e agrarie.
La Rolnik si è
detta soddisfatta dell'approccio "concettuale" del Governo di fronte
alle emergenze del Paese, riconoscendo
una straordinaria capacità di arrivare, nella comunicazione, anche nelle
zone rurali più "dimenticate". Per alloggio
"adeguato", ha proseguito il relatore, le istituzioni locali
intendono non tanto e non solo una casa dignitosa ma anche un contesto adeguato
che consenta alle persone di vivere in pace e in sicurezza, godendo della
possibilità di accedere ai servizi di base e alle infrastrutture oltre,
ovviamente, alle rinnovate opportunità economiche che si prefigurano nel
presente e nel futuro prossimo del Paese. La crescita economica del Rwanda è
un'altra delle buone notizie, pur in un clima internazionale piuttosto tetro,
di cui farsi forza per ricostruire un tessuto sociale che troppo alungo è stato
dilaniato da guerre civili e messo in ginocchio da politiche totalmente sorde a
uno sviluppo sostenibile e "democratico" delle ricchezze di questa
terra. In dieci anni il Rwanda ha visto calare la percentuale di persone in
stato di povertà estrema dal 40% al 24% secondo l'ultimo rilevamento facente
riferimento al 2010/2011.
Alberto Picci