No alla parata, l'altro 2 giugno

Al posto di militari e mezzi vorrebbero veder sfilare lavoratori e famiglie. Numerose associazioni, molte delle quali di ispirazione cristiana, contestano la parata. Ecco cosa chiedono.

Costa, cancellandola si risparmierebbero 4 milioni

27/05/2012
Un'immagine della parta miluitare del 2 guiugno. Foto Eidon (anche la fotografia di copertina è dell'agenzia Eidon).
Un'immagine della parta miluitare del 2 guiugno. Foto Eidon (anche la fotografia di copertina è dell'agenzia Eidon).

Il prossimo 2 giugno, invece di carri armati e missili, vorrebbero veder sfilare lavoratori e famiglie. Numerose associazioni, molte delle quali di ispirazione cristiana, contestano la parata militare organizzata a Roma lungo i Fori Imperiali in occasione della Festa della Repubblica.

Tanti faticano a riconoscersi in quella che considerano un'inutile esibizione di macchine da guerra. Inutile e dispendiosa, visto che la parata dovrebbe costare circa 4 milioni di euro: spesa assurda secondo le associazioni, che sostituirebbero volentieri il carosello delle Forze armate con una riflessione sull'Italia "reale" e sui valori di pace e nonviolenza inscritti nel Dna della nostra Repubblica. Tanto più in un momento difficile, con la crisi che non risparmia nessuno e milioni di persone costrette a lottare per non andare a fondo. Per chi ha conosciuto da vicino il potere distruttivo delle armi, l'idea di una parata militare è quanto mai  inaccettabile.

Don Renato Sacco, di Pax Christi.
Don Renato Sacco, di Pax Christi.

Don Renato Sacco (Pax Christi) è stato molte volte in Irak, anche durante la guerra. «Possibile che il solo modo per celebrare la nostra Repubblica sia l'esibizione muscolare della violenza? – si domanda - Possibile che le eccellenze del nostro Paese si riducano a una carrellata di strumenti di morte? Me lo chiedeva nel 2003 una catechista di Mosul, ricordandomi anche le tante armi vendute dall'Italia al regime di Saddam Hussein: "Ma voi sapete ragionare solo con le armi?"». Don Renato, sacerdote della diocesi di Novara, abita non lontano dalla base militare di Cameri, dove verranno assemblati gli ormai noti (perché discussi) cacciabombardieri F-35. «Parliamo di velivoli di attacco e non di difesa, concepiti per trasportare anche testate nucleari. Come possiamo ritenerci 'soddisfatti' se il Governo ne acquisterà 'solo' 90 anziché 131?».

E' in scelte politiche come questa che secondo don Renato Sacco si scorgono i segnali di «una pericolosa e persistente cultura della guerra, spesso nascosta dietro la retorica della difesa dei valori della nostra civiltà. Ma proprio perché nei momenti di crisi la retorica si fa strada più facilmente e rischia di degenerare, ora più che mai non bisogna abbassare la guardia». «Una festa – spiega ancora il sacerdote – dovrebbe essere un momento di convivialità e di incontro. Quando invece prevale la violenza si parla di "festa degenerata". Sappiamo bene che le armi sono di per sé distruttive. Infatti, come ci ricorda il magistero della Chiesa, in particolare nel documento "La Santa Sede e il Disarmo" del 1976 "gli armamenti, anche se non messi in opera, con il loro alto costo uccidono i poveri, facendoli morire di fame" . Se ragioniamo con questa logica, dunque, una sfilata di armi non è altro che una festa degenerata».

Ben diversa la variegata e coloratissima "parata" che don Renato avrebbe in mente: «Mi piacerebbe veder sfilare i credenti accanto ai non credenti, i lavoratori ma anche i tanti disoccupati, i precari, gli studenti, gli artisti, gli sportivi, le persone disabili, i missionari, le casalinghe, i pensionati. Insomma, tutti quelli che rappresentano il vero motore del Paese. E soprattutto vorrei veder sfilare tanti giovani».

Don Tonio Dell'Olio, di Libera.
Don Tonio Dell'Olio, di Libera.

E' questa una riflessione che si incontra anche nelle parole di don Tonio Dell'Olio, responsabile Settore Internazione di Libera, rete di associazioni impegnate contro le mafie: «Prima ancora che per questioni economiche critichiamo la parata per tutto quello che rappresenta. Oltretutto le forze armate, non dimentichiamolo, hanno già una loro festa, che si celebra ogni anno il 4 novembre». Secondo don Tonio, per festeggiare davvero il 2 giugno bisognerebbe cambiare rotta: «aprire gli occhi sulle reali priorità del Paese, soprattutto sulle fasce deboli, che in questo momento stanno pagando il prezzo più alto della crisi, come dimostrano le file interminabili di chi si affolla davanti a mense per i poveri, sportelli d'ascolto e servizi sociali».

Ma a don Tonio, sacerdote impegnato nella lotta contro le mafie, c'è un aspetto che sta particolarmente a cuore: «Purtroppo vediamo aumentare il numero dei giovani che si inseriscono nei vari clan malavitosi. E troppe volte ci illudiamo che la criminalità organizzata si combatta solo con gli strumenti repressivi, dimenticando che la prevenzione si fa innanzi tutto con politiche sociali adeguate e con l'azione culturale». Anche per questo, conclude il sacerdote, «mi piacerebbe che nella sfilata del 2 giugno ci fosse uno spazio per i parenti delle vittime di mafia». Le associazioni coinvolte nella protesta esortano i cittadini a segnalare sul sito del Governo la parata del 2 giugno come spreco. Invitano anche gli interessati a scrivere una lettera di dissenso indirizzata al presidente Napolitano. In particolare il movimento Pax Christi ha preparato una sorta di "lettera aperta comune", che ciascuno può "personalizzare" in base alle proprie sensibilità.

Guido Barbera, del Cipsi.
Guido Barbera, del Cipsi.

Un appello al Capo dello Stato arriva anche dal Cipsi (Coordinamento Iniziative Popolari di Solidarietà Internazionale). «Stiamo soffrendo le convulsioni di una crisi senza precedenti – sottolinea Guido Barbera, presidente Cipsi - con una disoccupazione crescente che colpisce soprattutto i giovani e le donne. Aumentano i numeri della cassa integrazione che spesso diventa la via per arrivare alla mobilità e, quindi, al licenziamento. Assistiamo quasi quotidianamente ad una inquietante catena di suicidi da parte di piccoli imprenditori che non riescono più ad andare avanti. Il potere d'acquisto dei salari continua a diminuire e non si riesce a trovare risposta al dramma di almeno 350.000 esodati senza lavoro e senza diritto alla pensione. Non si può pensare di festeggiare la nostra Repubblica ignorando queste situazioni».

Un'immagine della parata militare del 2 giugno. Foto Eidon.
Un'immagine della parata militare del 2 giugno. Foto Eidon.

«La politica è latitante, rappresentata da partiti che arrancano, incapaci di dare qualsiasi segnale di riforma e di cambiamento  – fa eco Eugenio Melandri, storica voce impegnata per il disarmo, direttore della rivista "Solidarietà Internazionale" -  Le cosiddette riforme continuano a essere solo annunciate, mentre le poche che si fanno vengono sistematicamente corrette per rispondere alle lobby più potenti e più forti. E i cittadini più anonimi restano inascoltati». Ecco perché, secondo il Cipsi, la parata militare del 2 giugno rappresenta «un vero e proprio vulnus al buon senso di qualsiasi persona o famiglia che trovandosi in difficoltà comincia a tagliare le spese meno necessarie».

Lorenzo Montanaro
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