11/10/2012
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È stato il saluto a Bartolomeo I, patriarca di Costantinopoli e a Rowan Williams, arcivescovo di Canterbury, che ha dato subito il segno di quanto Benedetto XVI voglia fortemente richiamare l’apertura ecumenica come frutto del Concilio Vaticano II e come uno dei principali segni distintivi dell’Anno della fede che da oggi continuerà fino al 24 novembre 2013. Nell’omelia pronunciata durante la messa di apertura il Papa ricorda quanto «l’Anno della fede che oggi inauguriamo è legato coerentemente a tutto il cammino della Chiesa negli ultimi 50 anni».
Per questo «la processione inziale che ha voluto richiamare quella memorabile dei padri conciliari quando entrarono in questa basilica; l’intronizzazione dell’Evangelario, copia di quello utilizzato durante il Concilio, la consegna dei sette messaggi finali del Concilio e quella del Catechismo della Chiesa cattolica» sono stati segni pensati per ricordare, ma anche per offrire una prospettiva che guardi al futuro. Ai ventimila accorsi in piazza questa mattina Benedetto XVI ha ricordato che «affinché la spinta interiore alla nuova evangelizzazione non rimanga soltanto ideale e non pecchi di confusione occorre che essa si appoggi a una base concreta e precisa e questa base sono i documenti del Concilio, nei quali essa ha trovato espressione».
Per il Papa è fondamentale ritornare alla lettera del Concilio per cogliere «la novità nella continuità» preoccupandosi, come fecero i padri conciliari 50 anni fa, «che la medesima fede continui a essere vissuta nell’oggi, continui a essere una fede viva in un mondo di cambiamento».
Dal canto suo Bartolomeo I, nel suo indirizzo di saluto ( Rowan
Williams ha parlato invece nella sessione pomeridiana del Sinodo di ieri
10 ottobre) ha parlato dell’apertura del Concilio Vaticano II come «pietra miliare trasformante» e ha poi insistito sui passi in avanti fatti nel dialogo tra cattolici e ortodossi proprio a partire dal Concilio ha portato «all’abrogazione delle reciproche scomuniche, alla restituzione delle reliquie, a dialoghi importanti», anche se in un cammino «non esente da sofferenze e sfide».
«La nostra presenza qui», ha insistito il patriarca ecumenico, «significa e segna il nostro impegno a testimoniare insieme il messaggio di salvezza e guarigione per i nostri fratelli più piccoli: i poveri, gli oppressi, gli emarginati nel mondo creato da Dio».
È l’umanità intera che aspetta parole di speranza. E proprio per
questo il Papa ha consegnato, al termine della cerimonia, i messaggi
del Concilio e il Catechismo a diverse categorie di persone: i governanti, gli uomini di pensiero e di scienza, gli artisti, le donne, i lavoratori…
Annachiara Valle