di Don Sciortino
Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.
13 giu
Sono un abbonato. Non
riesco a trattenere, solo
per me, questa notizia che
ho raccolto facendo visita
a mia nuora, in provincia
di Treviso. Un artigiano
carrozziere, con un solo
dipendente, allo scopo di
approfittare della situazione
presente, viene indotto dal
commercialista consulente
a porre in cassa integrazione
l’unico suo dipendente. E
lui così fa. Ma quell’operaio
continua a lavorare in
“nero” e lui incassa un
doppio salario. Evviva la
giustizia e l’onestà!
Mariano
Fino a quando il rispetto
della legalità non farà parte
del costume nazionale, difficilmente
il Paese potrà riprendersi
e cominciare a crescere e svilupparsi.
La cultura della raccomandazione
e il ricorso alla
furbizia per aggirare le leggi
o evadere le tasse sono un cancro
per l’Italia. Merito e onestà
sono, invece, il volano di
un’economia sana.
Pubblicato il 13 giugno 2013 - Commenti (5)
12 giu
Da sempre lettore della rivista
apprezzo moltissimo gli
editoriali di don Mazzi. Mai,
però, sono rimasto così entusiasta
come nell’occasione del ricordo di
don Gallo. Una pagina stupenda,
anche nella foto che lo ritrae
con padre Alex Zanotelli. Due
autentici “pazzi” per Gesù, come
nella Chiesa ce ne vorrebbero
tanti. A dire il vero, nelle missioni
ce ne sono molti, ma i media
non se ne occupano. E anche
la Chiesa non vi dà un gran
risalto. Non sono ben informato,
ma mi pare che solo Famiglia
Cristiana si occupi di questi preti.
Soltanto sulla sua rivista troviamo
articoli su questi preti o laici
seriamente impegnati nell’aiutare
la povera gente in ogni angolo
del mondo! Spero tanto che papa
Francesco, verso cui noi cattolici
di base riponiamo tantissima
fiducia e speranza, si accorga di
questi “pazzi” per Dio e li additi
come esempio autentico di
Vangelo vissuto. Se non sbaglio,
proprio san Francesco diceva:
«Il Vangelo si diffonde anche
senza la parola».
Antimo V.
Caro don Antonio, avete definito
don Gallo profeta dei nostri tempi
che «non potrà mai diventare
santo dentro una Chiesa appiattita
su comandamenti, precetti e
codici». Mi scusi, ma la nostra fede
non si fonda su ciò che Dio ha
stabilito essere bene e male?
Allora, com’è possibile che un
sacerdote che ha agito in maniera
manifesta contro i comandamenti
di Dio e contro l’insegnamento
della Chiesa possa essere così
esaltato da alcuni cattolici? Che
sia esaltato dai media laici mi
pare normale, così strapperanno
tanti applausi. Dove si trovi ora
l’anima di don Gallo lo sa solo
Dio, ma accostarlo in Paradiso
a don Bosco (come avete scritto)
è davvero stridente. Basta leggere
cosa diceva don Bosco ai giovani
circa la pericolosità del peccato
mortale e di come fare il possibile
per salvarsi l’anima.
Paolo G.
Don Gallo, anche da morto, continua
a dividere la comunità ecclesiale
tra quelli che lo consideravano un
autentico interpete del Vangelo, vicino
ai più derelitti della società, e
quelli che non dimenticano certe sue
prese di posizioni estreme, non sempre
in linea col Magistero della Chiesa.
Si può dibatterne a lungo. Mi piace,
però, lasciare la parola a chi l’ha
conosciuto davvero e per tanti anni,
come don Luigi Ciotti, che aveva per
don Gallo profonda amicizia e stima,
ma anche differenze di vedute.
Così don Ciotti l’ha ricordato al funerale:
«Don Gallo ha rappresentato,
nella sua vita lunga e generosa, la
Chiesa che amo e nella quale mi riconosco.
La Chiesa che non dimentica
la dottrina, ma non permette che diventi
più importante dell’attenzione
per gli ultimi, per i dimenticati. Le
sue parole pungenti, a volte sferzanti,
nascevano sempre da un grande
amore per la vita. È stato un sacerdote
scomodo. Scomodo per quella politica
che non serve la comunità ma
interessi e poteri consolidati. Scomodo
per quella Chiesa che viene a patti
con quei poteri, scegliendo di non
interferire, di non portare, insieme
alla carità e alla solidarietà, la sveglia
delle coscienze, di cui non c’è
simbolo più esplicito del passaggio
di Gesù su questa terra».
Pubblicato il 12 giugno 2013 - Commenti (3)
06 giu
Apprezzo molto il suo lavoro e il bene
che fa a tanti. Però, sfogliando gli ultimi
numeri di Famiglia Cristiana, ho notato
una vera esagerazione riguardo a questo
Papa, che tutti amiamo. Ma non dobbiamo
esagerare. Dire che «cambierà la Chiesa,
che convertirà e porterà tutti a Dio...»
mi pare esagerato. Come anche dedicargli
così tante pagine della rivista. Decisamente
troppe. Poi, con un sottinteso che non
approvo affatto: questo Papa sì, l’altro,
cioè Benedetto XVI, no.
Valerio T. - Ancona
Sono convinto che lo Spirito Santo sappia scegliere
come Papa la persona più adatta al proprio
tempo. In questi ultimi decenni abbiamo
avuto Pontefici santi e straordinari, certo ognuno
con la sua personalità, i suoi carismi e un
differente stile di governo della Chiesa. Se non è
corretto contrapporli tra loro, mi permetta caro
Valerio anche di gioire del dono di papa Francesco
e della speranza che ha suscitato nella Chiesa
e nel mondo intero. Non penso che stiamo
esagerando nell’attenzione che gli dedichiamo
come rivista. Ne sono conferma le folle così numerose
e festose a ogni sua udienza.
Pubblicato il 06 giugno 2013 - Commenti (14)
05 giu
Dal 2007 sono un educatore dell’Azione
cattolica e passo tutti i sabati in
parrocchia con i ragazzi che, quest’anno,
si preparano a ricevere la Cresima, che è
“il sigillo dello Spirito Santo dato in dono”,
per diventare testimoni di fede e del
Vangelo di Cristo. Un tempo, la tecnica
dell’ascolto funzionava meglio. Oggi
non è facile farsi capire dai più giovani,
soprattutto perché, fin dalla tenera età,
sono bombardati di messaggi che arrivano
dai media e dalla televisione. Molto più
di quanto succedeva quando io ero
bambino (ho quasi ventotto anni). Non
si può generalizzare, perché ci sono anche
bambini più attenti. Quel che vorrei
chiederle è come far sì che i bambini
ascoltino volentieri quello che noi
educatori cerchiamo di trasmettergli, cioè
i valori di fede ma anche quelli morali e
civili. Anche questi sono importanti, perché
senza regole non si prospetta un buon
futuro per la società.
Marco G. - Prato
Oggi, non è facile trasmettere educazione e
valori ai nostri ragazzi. Sono in difficoltà non
solo i genitori, ma tutti coloro che hanno a
cuore la loro educazione, come gli insegnanti
a scuola, i sacerdoti, i catechisti e gli animatori
nelle parrocchie. Ma sono i vecchi mass media,
Tv e radio in particolare, e soprattutto i
nuovi media, da Facebook a Twitter, a influenzare
pesantemente il loro modo di pensare, imponendo
modelli e stili di vita lontani dai valori
e dalle logiche del Vangelo. Oltre
a una rinnovata alleanza tra
famiglia, scuola e parrocchia,
va dedicata un’attenzione particolare
alla Rete e, soprattutto, a
come i nostri ragazzi la usano.
Sono “nativi digitali”, ma la tecnica
non è tutto.
Pubblicato il 05 giugno 2013 - Commenti (0)
30 mag
Non condivido quanti dicono che
la restituzione dell’Imu favorisce
chi è più ricco. Sono figlia unica, con
una madre molto malata e anziana.
Ho venduto il mio appartamento per
ristrutturare la vecchia casa di famiglia
e farne due appartamenti. Ora, uno
di questi risulta seconda casa perché
è in comodato d’uso gratuito a mia
figlia, quindi di Imu ho pagato 1.700
euro. Questi, me lo lasci dire, sono soldi
“rubati”. Non siamo ricchi e mio marito
da sei mesi non ha stipendio.
Grazia T.
Sull’Imu si sta tanto speculando, facendone
una bandiera politica ed elettorale che rischia
di mettere in crisi questo fragile e ricattabile
Governo. A mio parere, non si può affrontare
questo tema senza tenere presente
un quadro più generale di riforme che davvero
sollevino le famiglie dei carichi fiscali. È
una presa in giro illuderle con l’abolizione
dell’Imu, caricandole poi, direttamente e indirettamente,
di tanti altri pesi ben più onerosi
delle cifre che versano già per la casa. E,
soprattutto, non si può affrontare questo tema
senza mettere come premessa una maggiore
equità e giustizia, perché ognuno concorra
alle tasse secondo le proprie disponibilità.
Oggi, purtroppo, c’è troppa disuguaglianza
nel Paese. E questo è ingiusto.
Pubblicato il 30 maggio 2013 - Commenti (7)
29 mag
Vorrei che mi aiutasse
a capire quali sono gli
scandali, veri o presunti,
i “corvi”, le lotte di potere,
le speculazioni e le beghe
che hanno offuscato il volto
della Chiesa, di cui avete
scritto sulla rivista. O anche
le “sporcizie” di cui anche
lei parla. Perché si chiede al
Papa di riformare la Curia?
Mi verrebbe da pensare che
voglia restare nella residenza
Santa Marta per non dover
frequentare persone che non
lo meritano, ma non sarebbe
da lui. Per non dover pensar
male di tutti quelli, specie
i cardinali, che sono attorno
al Papa, ci dia indicazioni
più chiare, per la fiducia
e la stima che ho di lei.
Una vecchia abbonata
Conegliano (Tv)
La Chiesa è santa per sua natura,
ma peccatrice perché è
composta da uomini con i loro
pregi e difetti. Ed è sempre da riformare,
perché nel campo del
Signore, assieme al grano, cresce
la zizzania. Benedetto XVI,
in più occasioni, ha espresso
sgomento per «la veste e il volto
così sporchi della Chiesa», vedendo
come «nella rete di Pietro
si trovano anche pesci cattivi
», e come «la nave della Chiesa
naviga con vento contrario».
Il nuovo corso di papa Francesco
ci sta riconciliando con il
volto bello della Chiesa.
Pubblicato il 29 maggio 2013 - Commenti (1)
23 mag
Negli ultimi anni si sono verificati
in Europa più di venti episodi
gravi di razzismo nell’ambiente
dello sport. Nella cultura moderna
lo sport ha fatto della lotta alla
discriminazione, non solo quella
etnica, uno dei valori più alti
contribuendo allo sviluppo di
un concetto privo di pregiudizi.
È la mancanza di un’educazione
culturale che spinge l’individuo
ad assumere atteggiamenti
discriminatori. Bisogna iniziare
dalla scuola, insegnando ai più
piccoli il rispetto verso gli altri e
sviluppando la conoscenza reciproca.
Giovanni Paolo II, il “Papa sportivo”,
ricordava al Giubileo del 1984
che «lo sport può recare un valido
apporto alla coesistenza di tutti
i popoli al di sopra di ogni
discriminazione di razza, di lingua
e di nazioni».
Angelo P. - Lecco
Gli sportivi, da parte loro, per la vasta
popolarità di cui godono hanno
una grande responsabilità, nel bene e
nel male, con i loro atteggiamenti durante
e al di fuori delle attività sportive.
Tante campagne di solidarietà promosse
da un noto personaggio dello
sport hanno un’immensa forza trainante,
perché i “tifosi” tendono a imitare
i comportamenti del proprio idolo.
Lo sport in quanto tale, quando si attiene
ai princìpi della lealtà e della correttezza,
è un volano e un moltiplicatore
di “buoni sentimenti”. Per questo andrebbero
stroncati sul nascere tutti
quei fenomeni che “sporcano” lo sport.
Tra questi, l’inciviltà e l’ignoranza rozza
dei presunti tifosi che approfittano
del tifo sportivo per sfogare il peggio
dei loro istinti, con cori razzisti che dovrebbero
indignare tutti.
Pubblicato il 23 maggio 2013 - Commenti (1)
22 mag
È domenica mattina, sto seguendo il collegamento da piazza San Pietro
per il Regina Coeli. Osservo il Santo Padre sulla “papamobile”
muoversi tra la folla. D’improvviso si ferma e comincia a salutare, ad
abbracciare e baciare le numerose persone anziane, disabili in carrozzina.
In quel momento mi sono commosso, perché ho pensato «questo sì è un
vero uomo, ecco la misericordia di cui sempre papa Francesco parla. Ecco
un uomo pieno di Spirito Santo». Mi sono commosso perché, come
cristiano, cerco di vivere la mia vita quotidiana secondo il Vangelo di
Gesù. In particolare, cerco di scandire la mia giornata con la preghiera
e la recita del santo rosario, ma dentro mi sento inadeguato e peccatore.
Ho voglia di confessarmi per liberarmi da questo sentimento. Ora,
dal 13 marzo scorso, la mia fede ha una marcia in più e il caro
papa Francesco è un esempio da seguire. Ci voglio provare, anche
se non è semplice.
Ogni udienza ormai è un bagno di folla. Papa Francesco cerca il contatto fisico
con le persone che affollano piazza San Pietro, in special modo gli anziani,
i disabili e i bambini. È un vero pastore, che vuole sentire e portare addosso
l’“odore delle pecore”. Non si può assistere, senza commuoversi fino alle lacrime,
alla spontaneità dei suoi gesti di affetto con tutti. Come i baci ai bambini
o il chinarsi a raccogliere la borsa di un’anziana donna in carrozzella, emozionata
per la vicinanza del Papa. Uno stile pastorale diretto, a testimoniare
il Vangelo vissuto prima ancora che annunciato. E una sobrietà di vita per
farci comprendere che la povertà non va proclamata, ma incarnata in ogni
gesto quotidiano. Una Chiesa povera e dei poveri non è solo una bella definizione,
ma un impegno concreto da perseguire. E la povertà non è un accessorio
nella vita di un cristiano, ma un valore evangelico che caratterizza la novità
del messaggio di Gesù. La semplicità, l’umiltà e la povertà di papa Francesco
ci fanno presagire una Chiesa meno mondana e più spirituale, più attenta
agli ultimi che ai potenti. D’altronde, nella scelta impegnativa del nome
Francesco c’è già il programma del suo pontificato.
Pubblicato il 22 maggio 2013 - Commenti (2)
16 mag
A due settimane dal
referendum sui
finanziamenti comunali
alle scuole dell’infanzia
paritarie di Bologna,
andrebbe ricordato che,
in base a una legge del
2000 voluta da Giovanni
Berlinguer, queste scuole
sono da considerarsi
pubbliche come quelle
comunali e statali. In tutta
Europa le scuole pubbliche
non statali di ispirazione
laica o religiosa sono
finanziate dallo Stato.
In Italia ricevono modesti
contributi, nonostante
facciano risparmiare allo
Stato circa sei miliardi di
euro all’anno. A Bologna
una scuola per l’infanzia
paritaria costa al Comune
600 euro per bambino
l’anno, quella comunale
costa 6.900 euro. Basta con
le guerre ideologiche!
Luca
A nessuno giova la guerra
tra scuola pubblica e paritaria.
Al di là del fatto che entrambe
svolgono un ruolo pubblico, lo
sforzo comune da fare è battersi
per migliorare tutta la scuola,
senza distinzioni.
Pubblicato il 16 maggio 2013 - Commenti (8)
15 mag
Carissimo don Antonio, in questi primi giorni del nuovo
Governo sento brividi di sconforto nel mio cuore. Già
il populismo avanza i suoi ricatti. Restituire l’Imu equivale
a ridare tanto a chi ha già tanto, e poco o nulla a chi ha poco.
Chi vive in affitto o chi non paga l’Imu perché ha una
famiglia numerosa non riceverà alcun vantaggio dalla
restituzione. Anzi, subirà inevitabili aumenti del costo dei
servizi: mense e rette scolastiche, pasti e assistenza agli
anziani... Perché, invece, non destinare quei quattro miliardi
dell’Imu per far ripartire il lavoro e risolvere tanti problemi
dei giovani e degli esodati? Un’attività produttiva è un
volano che mette in moto un grande indotto. Lo Stato deve
concentrare i suoi sforzi su un obiettivo di crescita, senza
disperdere le risorse in tanti rivoli improduttivi. E poi, i ricchi
che riceveranno tantissimo dalla restituzione dell’Imu, non
consumeranno più di quanto già fanno. È facile, invece,
che usino quei soldi per un week end all’estero, alla faccia
del calo dei consumi interni! Con rispetto e solidarietà per
il coraggio con cui sa affrontare tanti problemi cruciali della
nostra società, le faccio i miei auguri per un impegno sempre
più proficuo.
Loredana R.
Certo, questo Governo è frutto di un’emergenza, per l’impossibilità
che una sola forza politica ha di guidare il Paese. In tempi
normali, nessuno avrebbe mai pensato a mettere assieme forze
che da vent’anni si sono contrastate, superando spesso e volentieri
il regolare confronto, con insulti e delegittimazioni, quasi fossero
nemici e non semplici avversari con idee diverse. Ma ora viviamo
tempi eccezionali e si richiederebbe una dose altrettanto eccezionale
di consapevolezza e responsabilità per salvare il Paese e
dare speranza a tanti cittadini ormai allo stremo, in tutti i sensi.
Eppure, già emergono nel Governo inutili impuntature su Imu e
altro. Ognuno, con l’occhio ai sondaggi, guarda ai vantaggi elettorali
che potrà trarre da ogni decisione. O anche dal far cadere,
ancora una volta, il Governo. Siamo in perenne campagna elettorale,
sordi agli accorati appelli del presidente Napolitano.
Pubblicato il 15 maggio 2013 - Commenti (2)
09 mag
Vorrei rispondere alla mamma che le ha
scritto sulla sua situazione di donna incinta
con un contratto non a tempo indeterminato
(FC n. 16/2013). Come donna condivido il
sentimento di rabbia e frustrazione per l’abuso
di potere esercitato dai datori di lavoro. Come
dipendente di una grande azienda dove, invece,
sono le future mamme ad abusare dello stato
di “donne incinte” e “puerpere” per i benefici
che lo Stato riconosce loro, sono dalla parte dei
datori di lavoro. Spesso si guarda solo ai diritti
delle donne e non a quelli delle aziende che,
in questo periodo di crisi, devono sopportare
i costi della scelta affrettata di una dipendente
ad avere un nuovo figlio. Viviamo in un
Paese troppo garantista verso le donne, che
pretendono, tra l’altro, la “parità” con l’uomo.
Non ho mai provato la gioia d’essere madre, ma
mi chiedo se sia giusto abusare della maternità
“per farla pagare ai maschi”.
Laura
Cara Laura, faccio fatica a ritrovarmi nel tuo linguaggio.
Anzi, non mi pare vero che una donna possa
avere un concetto di maternità così poco rispettoso.
Il lavoro è per l’uomo, non è l’uomo servo del lavoro.
La vita è il bene più prezioso che abbiamo, e
tutto deve ruotare, con armonia, attorno a essa. Il risentimento
è cattivo consigliere.
Pubblicato il 09 maggio 2013 - Commenti (9)
06 mag
Caro don Antonio, abbiamo appena
rinnovato l’abbonamento. Siamo
contente d’averlo fatto, perché la rivista
ci comunica cose che altrimenti non
avremmo occasione di sapere. Ma
vorremmo farle un appunto: sono già
due numeri che vediamo nell’ultima
pagina di copertina una pubblicità per
dare “duemila cucce ai cani”. Ha visto
il telegiornale ieri sera? Una famiglia
sul lastrico per aver perduto il lavoro,
e il capofamiglia che tenta il suicidio
viene salvato per miracolo. Beh! Non si
dovrebbero ospitare queste pubblicità
quando ci sono altri problemi molto
più gravi di questi “trovatelli”. Siamo
francescane, amiamo gli animali, ma
molto più le persone che ora hanno
bisogno di un tetto dove stare. Scusi
queste parole, ma anche noi come
piccola comunità cerchiamo di alleviare
le sofferenze di coloro che bussano
ogni giorno alla nostra porta. E siamo
sicure che anche voi fate lo stesso.
Pace e bene!
Suore francescane
Care sorelle, leggendo Famiglia Cristiana,
vi siete soffermate sulla pubblicità delle
cucce ai cani, ma non avevate bisogno
di ascoltare la Tv per scoprire le povertà e
le sofferenze di chi non ha un lavoro o delle
famiglie disperate che non ce la fanno
più. Bastava sfogliare lo stesso numero
della rivista per comprendere il brutto momento
che stiamo attraversando, tra vecchie
e nuove povertà. Da tempo, e con forza,
sollecitiamo chi ha responsabilità politiche
a farsi carico dei più poveri e delle
tante emergenze del Paese. Aver ospitato
quella pubblicità non ci ha distolto dall’attenzione
ai veri problemi della gente.
Pubblicato il 06 maggio 2013 - Commenti (1)
30 apr
Ho letto su Famiglia Cristiana
(n. 16/2013) l’intervento di don
Mazzi sulla Chiesa povera. Il cardinale
Biffi sosteneva l’esatto contrario:
la Chiesa deve essere ricca. E portava
a dimostrazione la differenza tra il
Battista e Gesù: questi era chiamato
Signore, non vestiva peli di cammello
ed era invitato a cena da personaggi
di riguardo. Certo, Gesù non era ricco.
Credo che il cardinale volesse mettere
l’accento su una questione ancora
oggi dibattuta. A mio parere, c’è un
equivoco di fondo: lo sfoggio di ori,
auto con autista e abiti lussuosi da
parte degli alti prelati non è una bella
testimonianza, specialmente per chi
non crede. Ma parlare di svendere
quadri, candelabri, mobili d’epoca...
mi sembra fuorviante. Gli oggetti
devozionali dei secoli passati non sono
responsabili né della crisi né della fame
nel mondo, come non lo è il Guercino
conservato nella mia parrocchia.
Sono stati donati per fini devozionali
e devono mantenere la loro funzione,
anche se confezionati con ori e pietre
preziose. Utilizzarli per altri motivi
sarebbe sacrilego. Per aiutare i poveri
la Chiesa si liberi piuttosto di certe
operazioni finanziarie, o venda beni
che non hanno nulla a che vedere con
la fede. Allo stesso modo, per ripianare
il debito, lo Stato non può mettere
all’asta gli oggetti preziosi dei musei
per venderli ad americani o cinesi:
si farebbe un torto alla nazione
e si scatenerebbe la rivoluzione.
Marco
In concomitanza con la Giornata
mondiale di preghiera per le vocazioni,
avete pubblicato un pezzo di don Mazzi
che darà un notevole contributo alla
crescita delle vocazioni! C’è da giurare
che, grazie a quell’articolo, i seminari
saranno presto presi d’assalto da giovani
che non vedono l’ora di entrare nella
“casta” di coloro che se la spassano fra
gli ori delle chiese, gli agi delle case
canoniche e tanti altri privilegi. Che si
vuole di più dalla vita? Ma don Mazzi
dove vive? Ma davvero conosce la vita
dei preti? Non sa che quasi tutti i preti
fanno da sacrestani, si cucinano da soli,
stirano, lavano panni e pavimenti, e se
si ammalano è un dramma? Lo sa che
significa stare in una parrocchia per
quarant’anni, quasi dimenticati, senza
andare per salotti televisivi e senza una
vacanza di una sola ora al mese? Ho
una foto con lui a Cortina d’Ampezzo,
dove passeggiava con i Vip (io ero di
passaggio con i miei giovani per una
gita): quel soggiorno gliel’hanno
regalato o l’ha pagato di suo? E i
poveri? Vendere, poi, i calici: a chi? Ai
rigattieri? In questa crisi, tante famiglie
vengono a bussare alle porte delle
parrocchie e nessuno se ne torna
indietro senza aiuto. E con i magri
fondi della Caritas, spesso mettiamo
mano al nostro portafoglio, senza far
tante storie. E per un prete che invita a
rubare, si fa giustizia sommaria di tutti?
Ma che Vangelo è questo di don Mazzi,
non nuovo a mostrarsi primo della
classe e dar pagelle a tutti i confratelli?
Anche questa mia lettera è brutta, certo.
E non merita di essere ospitata. Ma
Famiglia Cristiana non batte ciglio su
quella di don Mazzi. E speriamo che mi
si dica che non ho capito lo spirito della
nota, e che ho interpretato male.
E ti pareva? Con ossequi.
Don Gino
Caro don Antonio ti scrivo due righe
e se troverai tempo mi risponderai a
titolo personale, visto che hai avuto la
bontà di pubblicare già due mie e-mail
sulla rivista. Mi chiedo: chi siamo noi
cristiani? Fino al giorno prima che fosse
eletto papa Francesco, sentivo tutti
(anch’io tra questi) criticare la gerarchia
per il lusso che è in netto contrasto con
il Vangelo. Ora, invece, mi tocca sentire
critiche per le rinunce che ha fatto papa
Francesco. Nella mia famiglia, come in
tantissime altre, si è aperto
il cuore quando abbiamo sentito parole
che aspettavamo da tanto tempo. E che
dobbiamo fare nostre per non “tradire”
il Vangelo.
Guido B.
Non sono il difensore d’ufficio di don
Mazzi e avrei potuto far rispondere direttamente
a lui alle contestazioni mosse al
suo intervento su Famiglia Cristiana (n.
16/2013) dal titolo “Che bello se tutti noi
preti fossimo esempio di povertà”. Ma
non vorrei che la polemica si riducesse a
una questione personale, di accuse e controaccuse
rispetto a stili di vita, comparsate
televisive e frequentazioni di Vip, e perdessimo
di vista il vero tema del dibattito.
Al di là delle provocazioni e dei paradossi,
don Mazzi da sempre è sulla stessa onda
di papa Francesco che, appena eletto, ha
detto: «Ah, come vorrei una Chiesa povera
e per i poveri». Possiamo disquisire quanto
vogliamo su quale sia il significato della
povertà, ma la sobrietà negli stili di vita
e la concreta vicinanza ai poveri sono nel
cuore del Vangelo. Credo che don Gino sia
vicino a don Mazzi più di quanto non immagini.
In fondo, al netto dei paradossi,
entrambi vogliono una Chiesa povera.
Pubblicato il 30 aprile 2013 - Commenti (16)
29 apr
Sono un lettore da quando sono nato. Famiglia Cristiana è
sempre stata presente in casa mia. Ora ho cinquantadue anni,
sposato con tre figli, tutti “bravi ragazzi” per fortuna. Assieme
a mia moglie Emanuela stiamo cercando di educarli al meglio,
fra l’altro insegnando loro il valore della “verginità”. Parola non
più in uso, anzi fuori moda oggi. Non mi considero un “vecchio
cattolico”, cerco di stare al passo con la vita moderna. E dialogare
con le nuove generazioni, sempre nel rispetto della dottrina
cattolica. Ma c’è un “ma”: Famiglia Cristiana, che dovrebbe
difendere questi valori, dà spazio a una storia dal titolo “Così papa Bergoglio ha benedetto il nostro Raffaele” (n. 14/2013),
dove si racconta la storia di Marco e Sara e del loro piccolo
che portano le offerte al Papa durante le celebrazioni pasquali
in San Pietro. Niente di strano, anzi evviva, è un inno alla vita
e alla famiglia... Ma poi leggo: «Quando abbiamo scoperto di
aspettare Raffaele, io e Sara non eravamo ancora sposati». Poi si
è regolarizzata la questione, c’è stato il matrimonio
– bene aggiungo io –, ma farli diventare “eroi” o
modello di “sacra famiglia” mi è sembrato eccessivo.
Si dà l’idea che la Chiesa sia favorevole ai rapporti
prematrimoniali! Non voglio far polemiche,
ma i giornali cattolici non possono ignorare i valori.
La scelta della coppia per un articolo così importante
andava ponderata meglio.
Giovanni C.
Neanch’io voglio far polemiche,ma questa tua lettera, caro
Giovanni, mi amareggia. Primo perché ti fai giudice di
quella giovane coppia, senza conoscerne la storia e il cammino
di crescita cristiana. Con lo stesso criterio, per te non si
salverebbe nessuno nella Chiesa. Neppure un santo come
Agostino di Ippona, di cui dovresti conoscere il passato prima
della conversione. Il Vangelo ci insegna a non giudicare
per non essere giudicati. E guai a ritenersi giusti, disprezzando
gli altri. Dio legge nel cuore, difficile poterlo ingannare.
Come ci mostra papa Francesco, Dio è così misericordioso
che anche quando ci giudica ci ama. E non si stanca mai
di perdonarci. La perfezione cristiana è una meta, non un
dato acquisito in partenza. I conti si fanno alla fine.
Pubblicato il 29 aprile 2013 - Commenti (0)
24 apr
Circa due anni fa è mancato mio padre.
Nell’ora finale, accanto a noi figli c’era
il suo badante peruviano. Quest’uomo
si è sempre comportato bene, anche in
seguito con mia madre. La sera del decesso,
l’ho visto piangere. In questi mesi, però,
ho sentito spesso mio fratello insultarlo
per il colore della pelle. E mia sorella
gli controllava il cibo. Tenga presente
che stava con mia madre notte e giorno.
I miei fratelli conoscono solo l’odore dei
soldi, non hanno amici né affetti. Capita
che maltrattino mia madre ottantenne, che
non riesce a farsi rispettare come un tempo.
Ora, senza preavviso, hanno licenziato
il badante, gettandolo nella disperazione
perché gli è scaduto il permesso di
soggiorno. Come posso credere ancora
nella famiglia?
Marinella - Torino
L’odore dei soldi può tramutarsi in lezzo insopportabile.
L’avidità e l’egoismo riempiono
la casa di beni, ma svuotano il cuore di umanità.
Gli amici e gli affetti non si comprano col denaro.
E il destino degli avari e degli sfruttatori
è languire nell’abbandono, dimenticati da tutti.
«Chi semina vento raccoglie tempesta». Ma
la famiglia è altra cosa. E tu dove sei?
Pubblicato il 24 aprile 2013 - Commenti (2)
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