di Don Sciortino
Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.
27 giu
Leggo Famiglia Cristiana da tempi immemorabili. Ho lavorato in una grande azienda, con molta soddisfazione morale ed economica. Pensavo a una vecchiaia serena, con una decente pensione, frutto dei soldi accantonati. La realtà è ben diversa. I miei figli sono disoccupati e insoddisfatti. Se va bene, avranno qualche lavoro a tempo determinato. Per anni abbiamo "mangiato cipolle" per dare loro un futuro. Se accendo la Tv, vedo le solite facce che hanno portato l'Italia alla rovina. In alternativa, c'è il demagogo di turno, che incanta la gioventù. Perciò mi unisco a lei nel dire: «Caro Monti, osi di più contro i vincoli dei partiti. L'Italia migliore sarà con lei».
Pietro T.
Quando i sacrifici hanno un senso, come dare un futuro ai propri figli, è più facile chiederli e ottenerli. Ma ci vuole credibilità. E, soprattutto, buoni esempi da parte di chi li "impone". È proprio quel che manca, in questi momenti di crisi, dove tutti sono chiamati a stringere la cinghia. I politici continuano il balletto dell'irresponsabilità, sull'orlo del cratere. Con una rinnovata vocazione allo sfascio. Puntano il Governo e lo minacciano, come se in tasca avessero pronta una soluzione. Purtroppo, brancolano nel buio. Intenti solo a salvaguardare la carriera e gli spazi di potere. Quel che non gli difetta, da sempre, è il ricorso al ricatto. Pazienza se i loro interessi non coincidono con il bene del Paese e dei cittadini. Si lamentano dell'antipolitica che avanza. E temono d'esserne travolti. Ma non si accorgono che ad alimentarla sono i loro irresponsabili comportamenti.
Pubblicato il 27 giugno 2012 - Commenti (8)
25 giu
Ho vent'anni e sono un abituale lettore. Mi è capitato di leggere sulla rivista un commento di don Mazzi, che non condivido assolutamente. Parlando di statistiche e percentuali sulle piaghe sociali, dice che il tredici per cento dei giovani fa sesso, ha un piercing da qualche parte e ha rubato qualche oggetto. Trovo questi dati vicini alla realtà, ma non accetto che chi ha un piercing sia messo sullo stesso livello di chi fa uso di droga. Io ho un piercing e non sono un drogato. Anzi, faccio volontariato con un ragazzo disabile. Non mi va d'essere accomunato ai drogati, solo per un fatto estetico. Sarebbe come criticare qualcuno per un taglio di capelli strano. La persona è qualcosa di più del suo aspetto esteriore.
Davide
Sono sicuro che don Mazzi non voleva mettere sullo stesso piano droga e piercing. Stava solo facendo un elenco di alcuni fenomeni, senza alcuna comparazione. Giudicare una persona soltanto dall'apparenza esterna porta a considerazioni fuorvianti o errate. Dietro "stranezze" esteriori si nascondono spesso sensibilità impensate a prima vista. Qualcuno, caro Davide, può aver giudicato anche te negativamente, guardando il tuo piercing. Senza conoscerti e ignorando il tuo impegno di volontario con un ragazzo disabile. Come in tante altre cose, a prevalere dovrebbe essere sempre il buonsenso. Tenendo in gran considerazione anche gli aspetti che riguardano la salute. Qualche rischio a "bucare" la pelle (questo il significato del termine "piercing") bisogna pur metterlo in conto. Personalmente, gli eccessi mi danno fastidio. Come l'esibizione dei tatuaggi dei calciatori. Non c'è più un solo centimetro del loro corpo esente da figure e scritte. Mi chiedo: che senso ha tutto ciò?
Pubblicato il 25 giugno 2012 - Commenti (0)
21 giu
Grazie a Dio, c'è Famiglia Cristiana. Ovunque ci giriamo, invece, c'è solo malcostume. Per non dire delle tragedie che ci colpiscono: alluvioni, terremoti e stragi, come quella di Brindisi. L'Apocalisse sarà qualcosa di diverso? Ciononostante, la generosità degli italiani, dai volontari alla Protezione civile, alle Forze dell'ordine, ci dà la spinta per ricominciare. Per questo, sono orgogliosa di essere italiana. Mi permetta, però, una domanda: siamo sicuri che i soldi raccolti per queste calamità vadano a buon fine, e non prendano strade diverse? E perché, nella generosità, i politici non sono in prima fila, con un loro contributo particolare? Temono di finire in povertà?
Rina
Nei momenti difficili, gli italiani danno il meglio di se stessi. È
noto. Lo vediamo anche in questi giorni, con la catena di solidarietà
messa in moto per soccorrere le popolazioni dell'Emilia ferite dal
terremoto. Per qualche "sciacallo" che specula sulle tragedie, ci sono
migliaia di volontari che, con generosità e dedizione, si impegnano allo
stremo. Scene e storie commoventi. Qui emerge la vera Italia, solidale e
generosa. Quella che sa rimboccarsi le maniche. Non recrimina né si
perde d'animo, nell'attesa che siano altri a muoversi. È il volto vero
dell'Italia. Quello che promuove i gemellaggi tra paese e paese. O che
destina i soldi raccolti alla Caritas e ad altri enti per ricostruire le
case distrutte dal terremoto. Stai tranquilla, cara Rina, l'Italia è
meglio di quel che appare. Fidati.
Pubblicato il 21 giugno 2012 - Commenti (2)
20 giu
Abbonata da anni, leggo con particolare interesse e curiosità la sua rubrica. Mi piacciono le sue risposte e i consigli sempre precisi e ponderati. Le premetto che è da cinque anni che tento di scriverle, ma non ci sono mai riuscita. È appena finita la scuola, e vorrei esprimere, con tutto il cuore, i miei sentimenti di affetto e di ringraziamento a un'insegnante delle elementari di mio figlio. È suor Teresa, una persona davvero speciale. Lei è riuscita a tenere a "bacchetta", per cinque anni e con ottimi risultati, venticinque alunni. Senza "regalare" niente a nessuno, se non ottenuto con l'impegno e lo studio. Noi genitori, spesso, non ci rendiamo conto delle fatiche degli insegnanti. Loro conoscono, forse meglio di noi, i nostri figli. Eppure, durante l'anno, non troviamo un momento per fermarci a parlare con loro. Grazie suor Teresa. E grazie anche a lei don Antonio per quello che fa. Oggi, 13 giugno, da noi a Padova si festeggia sant'Antonio: i miei più cari auguri di buon onomastico.
Michela - Padova
Grazie a te, cara Michela, per gli auguri di buon onomastico. Colgo l'occasione per ringraziare tutti coloro che, in vari modi, hanno voluto farmi sentire il loro affetto, assicurandomi preghiere per il delicato compito che mi è stato affidato. Ma non voglio distogliere l'attenzione da suor Teresa e da quanti, come lei, dedicano la vita all'educazione dei nostri ragazzi. Se c'è un appunto da fare, purtroppo anche nelle migliori scuole, è l'assenza di dialogo e collaborazione tra i genitori e gli insegnanti. Famiglia e scuola viaggiano ancora per vie parallele. Hanno smarrito quell'alleanza che rende più incisiva l'educazione dei ragazzi. È un "patto" da ristabilire quanto prima.
Pubblicato il 20 giugno 2012 - Commenti (1)
14 giu
Sono volontario in una casa di accoglienza. Da anni leggo Famiglia Cristiana. Da quando lei è direttore, la lettura del giornale è per me un’elevazione culturale e spirituale. Insomma, un salto in avanti, fuori da tanto integralismo che ci circonda. La sua capacità di equidistanza dalla politica e dai fatti di cronaca le dà autorevolezza e credibilità. Negli anni peggiori della nostra politica, per noi cristiani è stato un baluardo inaffondabile. Sempre ispirato al Vangelo. A questo proposito, volevo chiederle: perché ci si interessa tanto della Bibbia e poco del Vangelo? Sembra quasi che la parola di Gesù sia d’impaccio. Forse ce ne vergogniamo? In un’indagine di qualche anno fa, proprio di Famiglia Cristiana, risultava che il sessantanove per cento dei cattolici non aveva mai letto i Vangeli. Certo, la parola di Gesù non è facile da capire, come mi ha detto un sacerdote. Ma, forse, che la Bibbia sia più semplice? Se io mi innamoro di una ragazza, prima voglio conoscere bene lei, poi anche i suoi genitori. Non le pare?
FERNANDO
Non esagerare, caro Fernando, con i complimenti. Mi metti in imbarazzo e difficoltà. Assieme a tutti i giornalisti di Famiglia Cristiana, abbiamo solo fatto il nostro dovere. Quello di informare con correttezza. E di vagliare la cronaca e l’attualità di ogni giorno alla luce dei princìpi evangelici e della dottrina sociale della Chiesa. Senza pregiudizi. E con coraggio, soprattutto quando tacere sarebbe stato più comodo. Ci saremmo evitati tanti attacchi. Non solo da fuori. Quanto alla preparazione religiosa, non metterei in contrapposizione Bibbia e Vangelo. Purtroppo, l’ignoranza di tantissimi cristiani è generale. E anche preoccupante. Lo dimostrano tante indagini, come quella di Famiglia Cristiana di qualche anno fa. Ignoranza, nel senso di scarsa conoscenza, che dovrebbe farci interrogare seriamente sull’efficacia della preparazione religiosa in famiglia e nelle parrocchie. Ma anche nelle scuole con l’insegnamento della religione cattolica. L’ignoranza delle Scritture, come ricordava san Girolamo, è ignoranza di Cristo stesso. Come possiamo, allora, dirci cristiani, se non sappiamo dare ragione della nostra fede?
Pubblicato il 14 giugno 2012 - Commenti (6)
13 giu
Non appena si è diffusa la notizia degli arresti di calciatori, il pensiero dei tifosi è andato alla Nazionale e agli Europei di calcio. Solo dopo si è pensato a quanta corruzione gira attorno a questo sport nazionale. E ai milioni di euro che circolano per le partite truccate. Ben venga, quindi, la proposta del presidente Monti di sospendere il calcio per due o tre anni. Provocazione che ha scatenato lo sdegno degli addetti ai lavori. Non so per quanto tempo ancora il tifoso vorrà farsi prendere in giro da questi personaggi che non sanno dove stanno di casa i valori sportivi come la lealtà, il sacrificio e la sana competizione. Tutti i soldi che girano nel calcio dovrebbero essere dirottati in aiuto alle popolazioni terremotate. Non è demagogia. È voglia di stabilire quali sono le priorità nel Paese. L’Italia non è solo quella del pallone.
ANTONIO
Ho condiviso le parole del presidente Monti. Il mondo del calcio ha bisogno di una forte scossa per ripulirsi del marciume che si nasconde sotto la nobile coltre dello sport. Non è questione che riguarda qualche “mela marcia”. Né si tratta di episodio sporadico. È un brutto andazzo che si trascina da anni. Difficile da sradicare. Né si può assolvere il malcostume, rifugiandosi nei ricorsi storici. Ai due mondiali vinti subito dopo lo scoppio del calcio scommesse. È una questione di giustizia, soprattutto nei confronti dei tifosi ingannati e traditi. Quelli che si svenano per sostenere i propri campioni. In casa e in trasferta. E qualcuno, ogni tanto, ci lascia pure la pelle per infarto da “tifo calcistico”. «Fa rabbrividire», ha detto Monti, «quando un mondo che dovrebbe essere l’espressione dei valori più alti (lo sport, i giovani, la lealtà, la competizione) si dimostra un concentrato di aspetti tra i più riprovevoli della vita umana: la slealtà, l’illegalità, il falso, la ricerca demagogica della popolarità». Si può essere grandi campioni, ma piccoli uomini. L’avidità del denaro non ha limiti. Anche per chi è stato baciato dalla fortuna. E guadagna milioni di euro all’anno per due pedate o una parata.
Pubblicato il 13 giugno 2012 - Commenti (2)
07 giu
Caro Santo Padre,
leggo dai giornali le vicende che coinvolgono la Santa Sede in questioni non proprio esaltanti. Dalla periferia è difficile sapere quale sia la verità. Anche perché l’informazione non sempre è corretta e disinteressata. L’impressione, comunque, è brutta. Emerge un’immagine di Chiesa intrigante, con persone non limpide, come non ci si aspetterebbe da uomini di fede. Il pensiero è andato subito a te, chiamato a guidare la Chiesa in un momento particolarmente difficile. La scristianizzazione dell’Occidente, l’incertezza dei cuori, le difficoltà economiche fanno vivere un periodo confuso e disorientato. Hai usato espressioni miti, in recenti richiami («il vento che soffia sulla Chiesa», «il linguaggio di Babele»), che fanno però immaginare la tristezza e il dolore che stai vivendo. Desidero portarti conforto, a nome della fede nel Signore che tutti professiamo. Insieme ai cristiani anche noi, parroci di campagna, ti siamo vicini. Ed esprimiamo tutto l’affetto e la comprensione per il momento delicato. Il popolo di Dio ha fiducia in te e nella tua opera. La Chiesa ha attraversato gravi momenti di prova e di persecuzione. Il momento presente è più difficile. La crisi colpisce anche dall’interno: non dai nemici della Chiesa, ma da suoi cristiani sleali. Forse, è arrivato il momento di una revisione strutturale dell’organizzazione ecclesiastica, ancora troppo legata a schemi storici trascorsi e non più adeguati all’evoluzione della vita nel mondo. Gli effetti sono il permanere di funzioni che dovrebbero essere affidate alle Chiese locali, recidendo sul nascere le tentazioni del potere e delle manipolazioni.
Caro Santo Padre, la grazia di Dio ti assista e ti conforti: rimaniamo fedeli al Signore e preghiamo per te. Il Signore non ti farà mancare la grazia necessaria per guidare la sua Chiesa. Con affetto grande».
Don Vinicio - parroco di campagna
Caro don Antonio,
sono un cattolico praticante e sono tramortito da quanto leggo, in questi tempi, sulla bufera abbattutasi sul Vaticano. Cardinali che tramano, altri che vengono allontanati, altri che raccomandano amici per cariche pubbliche. E poi c’è chi frequenta salotti mondani. O partecipa a cene con politici potenti. Nel frattempo, il presidente dello Ior è fatto fuori. Vicende che rattristano il Papa. Ma non era meglio nel passato. Dentro e fuori le mura vaticane. All’ex ministro Maroni è stata assegnata una delle più alte onorificenze della Chiesa, che si dà solo a chi ha condotto vita esemplare e reso importanti servigi alla Chiesa. C’è pure chi s’è dato da fare perché il successore del cardinale Dionigi Tettamanzi a Milano desse forti segnali di discontinuità col passato. E non fosse ostile a una parte politica. Ai politici si chiede di essere trasparenti, ma all’interno della gerarchia si moltiplicano le trame per successioni improbabili. In qualche movimento ecclesiale, persone votate alla povertà, castità e obbedienza fanno vacanze da sogno. Con lussuosi yacht a disposizione. E cene e pranzi pagati “a loro insaputa”. Vivono nel lusso, mentre il Paese è travolto da una crisi profonda. A Milano, poi, un sacerdote si avventura in imprese folli legate a un ospedale. Ha creato, sì, una struttura sanitaria d’eccellenza, ma ha seminato debiti in miliardi di euro. E acquisito ville per sé e i suoi amici. Con un jet privato che lo portasse di qua e di là nel mondo. Soldi, tanti soldi. E potere, tanto potere. E mai una parola di rimprovero da parte della gerarchia. Noi, poveri credenti, che dobbiamo pensare e fare? Per quanto mi riguarda, continuerò a frequentare la Messa e i sacramenti. Confesso, però, che faccio fatica a credere in questa gerarchia. Ma, in fondo, la Chiesa non siamo tutti noi?
Paolo G.
Due lettere dal tenore diverso. La prima, colma di affetto per il Papa, rattristato dalla bufera che si è scatenata in Vaticano. E che ha coinvolto le persone a lui più vicine. L’altra, più critica, elenca una serie di scandali e perplessità, dentro e fuori le mura vaticane. Con grande sconcerto e smarrimento dei credenti. Entrambi gli scritti sollecitano verità e trasparenza. Più pulizia e una testimonianza di vita aderente al Vangelo. La Chiesa, come più volte ricordato, è
“santa” per sua natura. Ma fatta da uomini, con i loro pregi e difetti. A ogni livello. La storia ci insegna che il cammino di due millenni di cristianesimo è lastricato, oltre che di martiri e testimoni, anche di errori e peccati. Di cui chiedere perdono. Come ha fatto Giovanni Paolo II, in occasione del Giubileo del Duemila.
L’altro giorno, interrogato sulle vicende dei “corvi” in Vaticano, il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio consiglio della cultura, ha detto:
«La Chiesa non è una realtà che decolla dal mondo verso cieli mitici e mistici. È una realtà che è impiantata nel terreno. E, qualche volta, il terreno è anche fango. E impolvera le vesti». Alla luce delle vicende di questi giorni, sono
quanto mai profetiche le parole che, nel Venerdì santo del 2005, l’allora cardinale Ratzinger scrisse a commento della Via Crucis: «Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a Lui. Quanta superbia, quanta autosufficienza». E, rivolgendosi al Signore, aggiungeva: «Spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare. Una barca che fa acqua da tutte le parti. La veste e il
volto così sporchi della tua Chiesa ci sgomentano. Abbi pietà della tua Chiesa. Ti sei rialzato, sei risorto e puoi rialzare anche noi».
Non giova nascondere o minimizzare il momento di tristezza e confusione che avvolge, oggi,
la “barca di Pietro”. C’è necessità di “prendere il largo”. Con una nuova classe di traghettatori che, sulla scia del Vaticano II, abbiano più coraggio. Per dare alla Chiesa e al mondo una nuova primavera. Una ventata di ottimismo e speranza, di cui c’è tanto bisogno. Ma l’enfasi (o accanimento) che qualche giornale riserva alle vicende vaticane è sospetta. Chiesa non è solo gerarchia, ma tutto il “popolo di Dio”: clero e fedeli laici. Con la stessa dignità e missione. Una ricchezza di “doni ecarismi”. Fino alla persecuzione e al martirio, come avviene in tante nazioni del mondo. Anche
se ciò non fa notizia e non interessa i mass media. A un giornalismo “ammalato” di gossip e sensazionalismo, quattro “corvi” romani interessano più di un evento mondiale come il Family 2012 a Milano. O di un milione di persone
che, nel parco di Bresso, si sono strette attorno al Papa, con affetto e fedeltà. E l’hanno applaudito a lungo, a conclusione della Messa, presenti anche il presidente del Consiglio Mario Monti e diversi ministri del Governo.
Nel corso dei secoli, la “barca di Pietro” è stata sballottata da onde alte e pericolose. A chi pensa di poterla affondare, come un tempo Napoleone, va ricordata la fulminante risposta che il segretario di Pio VII, cardinale Consalvi, diede all’imperatore: «Maestà, in tanti secoli, non ci sono riusciti nemmeno i preti!».
Pubblicato il 07 giugno 2012 - Commenti (16)
06 giu
Caro don Antonio,
ho appena finito di
leggere l’articolo “I sogni spezzati di Melissa”
di Roberto Zichittella (FC n.
22/2012). E subito mi è venuto il desiderio di
scriverle per ringraziare il giornalista e lei che
lo ha pubblicato. Come avrà capito, sono di
Mesagne, in provincia di Brindisi. Lavoro in
una scuola dell’infanzia e sono impegnata in
parrocchia come responsabile dell’Azione cattolica.
Sono nata e continuo a vivere in questa
piccola città. Per me molto bella, anche se
spesso “oltraggiata” dai mass media. Però, è
sempre la mia città. Anzi, la nostra città. L’articolo
del suo giornalista spiega molto bene
qual è la realtà in cui viviamo. Non c’è bisogno
di aggiungere altro.
Ribadisco solo (e con forza) che è vero che
ci sono “semi di male”. Come ovunque. Ma ci
sono anche tantissimi “semi di bene”. Anche
se non fanno “rumore” o notizia.
Avrei voluto
che chi ha parlato della nostra Mesagne
senza conoscerne veramente la realtà, fosse
stato presente il giorno dei funerali di
Melissa. La città si è fermata per tutto il
tempo. Avvolta nel silenzio. Tutti noi mesagnesi
eravamo “insieme e uniti” sul piazzale
della chiesa madre. A piangere e pregare
per Melissa e i suoi genitori. E per le altre
ragazze ricoverate in ospedale per le ferite
riportate.
I nostri giovani e quelli delle città vicine,
tutti dalla faccia pulita e con grandi sogni,
erano assieme a noi adulti a condividere
quei momenti di commozione. È stato davvero
consolante toccare, quasi con mano, come
l’intera Puglia fosse vicina a noi.
I giovani, sì,
erano tristi. Ma da loro sprizzava la voglia di
andare avanti. Senza paura. A difesa della legalità.
Ho visto nei loro volti il desiderio di
una vera libertà. Una libertà che hanno
espresso in quei palloncini bianchi, con il nome
di Melissa, che hanno lasciato andare in alto.
Nel cielo azzurro, verso il sole.
Un grazie anche a tutti gli italiani che, in vari
modi, ci hanno manifestato la loro vicinanza.
Voglio dire alla nostra bellissima e martoriata
Italia: «Coraggio, preghiamo perché chi
ha commesso il male, si converta e viva». E andiamo
avanti con la certezza che il bene vincerà.
Se ciascuno di noi saprà dare il proprio contributo.
Anche se piccolo.
Anna Rita - Mesagne (Brindisi)
«Non si uccide così una bambina».
In
questa espressione di una mamma
di Mesagne, riportata dal nostro
giornalista Zichittella nel suo servizio, è racchiusa
la reazione, dolente e rabbiosa, di tutti i
mesagnesi. “Brindisi piange” c’era scritto su un
lenzuolo. Ma il pianto è corale.
Melissa resterà
nel ricordo e nel cuore di tutti. Mai una scuola
era stata aggredita con tanta spietatezza. Follia
inaudita. Inaccettabile. «Che sia terrorismo,
mafia o il gesto di un folle», ha detto don Luigi
Ciotti, «in ogni caso c’era la volontà di uccidere.
Si tratta di assassini che hanno studiato e calcolato
di ammazzare gli studenti».
Ma “i sogni spezzati di Melissa”, assieme alle
ferite delle sue compagne, hanno suscitato
unanime sdegno. Non solo tra gli studenti, che
hanno sfidato i barbari assassini: «E adesso
ammazzateci tutti». E anche: «Saremo sempre
uno in più di voi». Ma anche i concittadini di
Melissa hanno reagito con orgoglio. “Insieme e
uniti”. Nel silenzio della commozione e della
preghiera, al momento dei funerali.
Una risposta impensabile, forse, fino a
qualche anno fa. Soprattutto in una città indicata
come il “cuore” e la culla della Sacra
corona unita. Al pari di Corleone per Cosa nostra.
I “semi di bene” e gli anticorpi hanno cominciato
a germogliare, contro criminalità, intimidazioni
ed estorsioni. La società civile ha reagito.
A Mesagne, nel giorno della strage, era in
arrivo la Carovana antimafia di don Ciotti.
Qui, in tutta la Puglia, Libera gestisce i beni
confiscati ai mafiosi della Sacra Corona Unita.
Alimenta la cultura della legalità. E dei diritti,
che non sono favori. C’è stata una reazione più
corale e organizzata. Al di là dell’emozione e
dell’indignazione. Normale dopo la strage. Un
passo oltre la rassegnazione omertosa.
Dopo Melissa, nulla sarà più come prima.
Non si può tornare a scuola come se nulla fosse
successo. E non solo a Mesagne. Mafia e malavita
organizzata si vincono con la cultura. Più
che con le Forze dell’ordine, che pur devono vigilare
e intervenire. La scuola è presidio di democrazia.
Educa alla legalità. Fa terra bruciata
attorno all’illegalità. Ed è quel che più teme
la mafia, che cerca nuove leve tra i giovani.
I ragazzi di Mesagne hanno intrapreso un
cammino. E don Luigi Ciotti andava a confermarli
nel loro impegno. Nel frattempo, c’è stata
la bomba. «Ho visto la devastazione
dell’esplosione. Si voleva fare una strage», ha
detto il fondatore di Libera, recandosi alla scuola.
«Mi sono chinato sui libri e i quaderni accartocciati
e bruciacchiati. Ne ho sfogliato qualcuno.
Vi ho trovato appunti che parlavano della
Costituzione, di educazione alla legalità, dei diritti
di cittadinanza».
Ora, ancor più dopo Mesagne, la speranza
del Paese sta nelle nuove generazioni. Se sapranno
assumersi, fino in fondo, le proprie
responsabilità. Come ha invitato a fare il presidente
Giorgio Napolitano, nella commemorazione
di Falcone, a vent’anni dalla morte:
«Completate con impegno la vostra formazione,
il vostro apprendistato civile e scendete al
più presto in campo». Sono certo che questi ragazzi
non deluderanno il presidente. Anche nel
nome di Melissa.
D.A.
Pubblicato il 06 giugno 2012 - Commenti (0)
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