Don Sciortino

di Don Sciortino

Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.

 
27
lug

Vorrei dimettermi da questa Chiesa

Anni fa, come genitori separati di una bambina, non abbiamo potuto condividere con lei la gioia di ricevere la Comunione. Non è stato facile spiegarlo a mia figlia, ma ci è sembrato giusto farlo. In seguito mi è stato impedito di fare da padrino al battesimo di un figlio di amici. Ora, per l’ennesima volta, ho visto che questa regola, da noi rispettata con dolore, è calpestata dai potenti. La Chiesa viene sempre a patti con i poteri forti. Sono un ex salesiano, non sono un mangiapreti, ma vorrei dimettermi da questa Chiesa, anche se non so come si faccia. Non ho paura della solitudine. Col Vangelo mi sento in buona compagnia.

Giorgio

Una Chiesa profetica e meno diplomatica sta sempre dalla parte dei più deboli. È la Chiesa che si mette a servizio degli ultimi, col “grembiule”. E non si serve dei favori dei potenti. È la Chiesa del coraggio, che a chiunque sa dire con forza: «Non ti è lecito». È la Chiesa della verità, anche quando comporta un prezzo da pagare. Una Chiesa, comunque, sempre libera da condizionamenti. Non ricattata da nessuno. Per poter annunciare, con più coerenza, il Vangelo di salvezza. Una Chiesa maestra di umanità, vicina soprattutto a chi ha il “cuore ferito” come te.

Pubblicato il 27 luglio 2011 - Commenti (20)
27
lug

Il Papa e la famiglia

L’accorato appello di papa Benedetto XVI a favore delle famiglie in difficoltà è l’unica risposta efficace alla crisi che stiamo vivendo sulla nostra pelle. E che grava, in particolare, sui più poveri. Spero che l’appello del Papa sia ben accolto da tutti, per superare la grave crisi che strozza i bilanci della famiglia. Le misure adottate dai vari Governi in questi anni sono stati veri palliativi, senza risultati soddisfacenti. I vari incentivi alla rottamazione, a cominciare dalle autovetture, non hanno sostenuto le famiglie, ma incentivato i guadagni delle aziende. Capire che la famiglia, prima cellula della società, deve essere sostenuta e premiata sarebbe già un grosso risultato politico. Mi auguro che possa nascere questa consapevolezza sociale, che sappia mettere sempre la famiglia al centro delle scelte sociali e politiche.

Ilario M.

Forse, a parole, i politici capiscono l’importanza della famiglia per la vita del Paese. Non hanno il coraggio di attuare, con decisione, una vera politica che la sostenga nell’importante ruolo di crescita ed educazione dei figli. Che sono il bene e il futuro del Paese. Alle tante promesse, non fanno mai seguire uno straccio di provvedimento serio e duraturo, che sia diverso dalle “gocce” dei bonus o una tantum. Forse, perché la famiglia assorbe tutto e non alza la voce, non per chiedere l’elemosina, ma a difesa dei propri diritti. Come altri sanno fare, quando sono toccati nei loro interessi. Una sana pressione delle famiglie sulla politica è auspicabile. Non si può abusare della sua capacità di ammortizzatore sociale. E, al tempo stesso, sbeffeggiarla.

Pubblicato il 27 luglio 2011 - Commenti (1)
20
lug

Dopo anni di sonno, è ora di reagire

Su Famiglia Cristiana lei continua la battaglia contro le ingiustizie e la corruzione, che ormai non ha più pudore. Su alcuni programmi Tv, esperti qualificati approfondiscono questi temi e indicano soluzioni. Ma tutto resta come prima. Nulla che si muova.

Se ne può scrivere e parlare fin che si vuole, ma gli interessi dei potenti non vengono mai toccati. Forse, l’unica soluzione è che ci muoviamo noi. I referendum sono stati un esempio. Come è possibile convivere con questo sistema, dove più si scava e più si trova marcio e corruzione?

Lei dice: bisogna ringraziare chi in questo Paese fa ancora il suo dovere. Ma, mi creda, siamo stanchi di dare la possibilità a tanti disonesti di ridere di noi! Vorrei sapere come potremmo affrontare insieme i problemi del nostro Paese.

Silvia A. - Lecco

È già importante che si stia prendendo coscienza dei problemi e della necessità di agire e reagire. Da anni siamo stati abituati a subire “dolcemente” ogni sopruso. Cullati da un’assillante manipolazione delle menti. Ci avevano quasi convinti di vivere nel migliore dei mondi possibili. A differenza di altre nazioni alle prese con insormontabili difficoltà, da noi “brillantemente” superate. Il risveglio è stato brusco. Ma appena a tempo, prima di finire nel precipizio. Ora, però, l’attenzione va tenuta desta. L’arroganza del potere (vedi ingiustizie e corruzione) prende alimento dal nostro disinteresse.

Pubblicato il 20 luglio 2011 - Commenti (13)
20
lug

Scoraggiare gli speculatori

Non è giusto che siano sempre i soliti cittadini a pagare. Non è democratico. Ci sono ancora troppi sprechi e troppi furbi che non pagano le tasse. Anziché far pagare sempre di più i cittadini, sarebbe meglio cominciare ad abolire le Province. L’attuale manovra economica non è sufficiente a superare la crisi e a far ripartire l’Italia. La cattiva gestione delle risorse, la corruzione e la burocrazia bloccano lo sviluppo del Paese. In assenza di investimenti, cresce la povertà dei cittadini. In gioco non c’è solo il benessere del popolo italiano, ma la stessa democrazia. È ora di intraprendere nuove vie.

Paolo S.

I soliti noti su cui scaricare il peso delle manovre economiche sono sempre le classi meno agiate. Una vera ingiustizia che si perpetua e si fonda sulla loro debolezza. In assenza di una politica che miri al bene comune, a essere strizzati sono sempre i più poveri. Fino all’ultima goccia di sangue. I ricchi se la cavano sempre. Perché non si prende in considerazione la campagna “zerozerocinque” (0,05) per trovare risorse, tassando le transazioni finanziarie? Servirebbe anche a scoraggiare gli speculatori.

Pubblicato il 20 luglio 2011 - Commenti (0)
13
lug

La solitudine dei nostri ragazzi

Mi chiamo Debora e frequento la terza media. A volte, in parrocchia, mi capita di leggere Famiglia Cristiana. Sfogliando il giornale e sollecitata dal parroco, con cui spesso mi confido, mi son decisa a scriverle di un problema che, oggi, molti ragazzi della mia età si trovano spesso ad affrontare.

Mi riferisco alla solitudine. Una sensazione che provi magari quando qualcuno vuole ostacolare la tua felicità. Causata da un tradimento, da una parola di offesa, da uno sguardo che ti rimanda al punto di partenza, nella tua corsa alla felicità. Un punto in cui ci si ritrova soli, nonostante attorno a te ci sia tanta gente. Nessuno, però, è disposto ad aiutarti, a sprecare del tempo con te. Pronto ad afferrarti prima che tu caschi, a offrirti un sorriso pur di vederti felice. Sei solo, sommerso dai tuoi pensieri, e non sai come venirne fuori. Hai solo paura. E non trovi risposta alle tue domande.

Ma, in fondo, la solitudine può avere uno sbocco positivo. Dopo aver sofferto e pianto inutilmente, alla ricerca di qualcuno che ti ascolti, quando hai perso ogni speranza, ecco che trovi un appoggio sicuro in Colui che sa dare una risposta ai tuoi interrogativi. E sa prenderti per mano. Quella mano che, anche quando non te ne accorgi, è sempre lì a sostenerti. È la mano sicura di Dio.

Debora

La tua lettera, cara Debora, è un’invocazione e, al tempo stesso, una denuncia contro noi adulti, perché non sappiamo più prestarvi ascolto. E non “perdiamo” il nostro tempo per stare con voi, a condividere i vostri progetti, sogni e delusioni. La fiducia in Dio è necessaria, attenzione solo che non si trasformi in un rifugio, in un estraniamento dal mondo. Buon per te che hai un prete che ha tempo di accogliere le tue confidenze. Perché la fretta, gli impegni e il correre da un posto all’altro, ha fatto trascurare anche a noi sacerdoti quella grande dote che è la capacità di ascolto.

Pubblicato il 13 luglio 2011 - Commenti (3)
13
lug

I tagli alla scuola e il futuro del paese

Mi rivolgo a lei in tono confidenziale perché sono una lettrice di “vecchia data”. Poiché ci tengo a un’informazione corretta, mi permetto di dissentire da quanto ha scritto don Mazzi sulla scuola e i docenti di Milano (FC n. 24/2011): «Come è impostata oggi la scuola, può solo aumentare il disagio giovanile e adolescenziale, con una classe docente specializzata nell’aumentare i problemi».

Io insegno ormai da oltre 23 anni e ho sempre svolto il mio lavoro con molta passione, preoccupandomi non solo di fornire nozioni ai ragazzi, ma di aiutarli anche nella loro formazione e crescita. Il giudizio di don Mazzi sui docenti è troppo negativo. Anche se lo Stato non investe su di noi, e i tagli sulla scuola ci costringono a lavorare con classi troppo numerose. Spesso i genitori non collaborano con i docenti, ma difendono sempre e comunque l’operato dei propri figli.

Una docente di scuola secondaria

Le parole di don Mazzi sono una salutare provocazione. E hanno il pregio di non passare inosservate, ma di suscitare un sano dibattito. Che sul mondo della scuola è quanto mai necessario. Se non vogliamo che vada alla deriva, nel generale menefreghismo e insensibilità istituzionale. Eppure, stiamo parlando di una cosa preziosa, di un luogo dove i nostri ragazzi passano gran parte del loro tempo negli anni dell’obbligo scolastico. Per ricevere non solo nozioni, ma una formazione che li prepara alla vita. Perché stiamo svalutando questo fondamentale compito, negando alla scuola e agli insegnanti, non solo un riconoscimento pubblico, ma tagliando anche il necessario? È una politica autolesionista.

Pubblicato il 13 luglio 2011 - Commenti (1)
06
lug

Le conversioni a Medjugorje

Siamo abbonati da anni. Vogliamo ringraziarla per il bel servizio sui trent’anni di Medjugorje. Per me e mia moglie l’incontro, abbastanza casuale, con Medjugorje ha significato una rivoluzione nella nostra vita. Giustamente avete titolato il vostro servizio: “Trent’anni di conversioni”. Perché questo è il frutto più evidente. Anche per chi, come noi, era già cattolico praticante, ma ha avuto la piacevole sorpresa di riscoprire l’attualità del messaggio evangelico e la gioia di viverlo nel quotidiano. Sono stati rivitalizzanti i nostri momenti di preghiera nella comunità locale. Consigliamo ad altri di non limitarsi a farsi raccontare queste esperienze di conversione, ma andare a Medjugorje e vedere di persona.

Fernanda e Adolfo

Pubblico la vostra testimonianza e l’invito che fate ad altri di recarsi a Medjugorje, perché al di là del giudizio che darà la Chiesa sulla veridicità delle apparizioni, sono tantissime le persone che si sono convertite o hanno rafforzato la loro fede. Nel servizio sui trent’anni di Medjugorje abbiamo dato la parola a due noti teologi. Uno ha espresso le ragioni che lo portano a credere, perché dai frutti si riconosce che l’albero è buono. L’altro, partendo dalle divisioni dei vescovi locali, mette in guardia dal non ridurre la preghiera e la conversione a un’esperienza individuale.

Pubblicato il 06 luglio 2011 - Commenti (7)
05
lug

Luci e ombre sugli immigrati

È da un po’ di tempo che tengo nel cassetto un ritaglio di Famiglia Cristiana. È un articolo sull’immigrazione, in occasione della presentazione del suo libro Anche voi foste stranieri (Laterza). Subito mi sono detto, alzando gli occhi al cielo: «Ancora con ’sta storia!». Il libro non l’ho letto. Immagino che sia un buon testo, ma credo si rivolga solo ai cristiani che sono chiamati a impegnarsi nell’amore verso il prossimo. Ma si metta anche nei panni di chi non crede. E guardi il mondo dalla loro angolazione. “Anche voi foste stranieri”, già, è vero. Ma c’è sempre un “ma”: noi italiani andati all’estero abbiamo prima bussato. Abbiamo chiesto il permesso. C’è stata una selezione. E quelli che non si integravano o non si comportavano secondo le leggi del Paese ospitante, venivano rimpatriati. Oggi non è più così. Gli stranieri non bussano, ma ci invadono. È vero che rischiano la vita sulle carrette del mare o nascosti tra le merci degli autocarri. Ma dove li alloggiamo, come faremo a sfamarli e curarli? E quale lavoro troveranno?

Giulio M.

Non per fare pubblicità al mio libro Anche voi foste stranieri, ma se tu l’avessi letto, caro Giulio, forse avresti già trovato qualche risposta alle tue domande. Primo, perché non è un libro “ideologico”, nel senso che non sposa pregiudizi e posizioni preconcette. Ma si tratta di un’ampia indagine giornalistica, con dati ed esperienze di vita, che analizza il fenomeno dell’immigrazione nelle sue ombre e nelle sue luci. Secondo, perché avresti compreso che il dovere dell’accoglienza riguarda tutti i cittadini, credenti e non. Il rispetto della dignità umana e l’uguaglianza di tutti i popoli hanno fondamento nei diritti universali. Il credente ha un dovere in più. Perché l’amore verso il prossimo è un comandamento. Cioè un obbligo, non un semplice consiglio. E su questo saremo giudicati, come ci ricorda l’evangelista Matteo (capitolo 25): «Ero forestiero e mi avete accolto».

Pubblicato il 05 luglio 2011 - Commenti (0)
02
lug

La democrazia, un valore per i credenti?

Al di là del giudizio morale su chi ci governa o sui comportamenti che sono lontani dall'etica cristiana, c'è una domanda di fondo che vorrei mi fosse chiarita. E' opinione di tanti studiosi e politologi, in Italia e all'estero, che nel nostro Paese si sta affermando un altro mondo di concepire lo Stato. Che sempre meno coincide con quell'idea di democrazia finora condivisa. Si parla di populismo, anche se io preferisco, sinceramente, parlare di concetto "padronale" dello Stato, consdierato come se fosse un'azienda.
     Non basta appellarsi al voto popolare per stravolgere regole e ruoli che, finnora, hanno definoto il vivere democratico. Un organo legislativo, di fatto, è stato esautorato. C'è un conflitto permanente con la magistratura e gli altri organi costituzionali. Come il tentativo di sottrarsi al giudizio dell'organo giudiziario. Insomma, un'invasione a tutto campo. Assieme a un attacco alla libertà di stampa.
     Quel che le chiedo è se per un cattolico, in un corretto rapporto tra fede e vita, sia indifferente qualsiasi contesto istituzionale e qualsiasi forma di esercitare il potere. La democrazia è ancora un valore per i credenti? Certo, nei secoli la fede si è inculturata in forme diverse. Ma, dal Vaticano II in poi, mi pareva che in quella fiduciosa apertura al mondo e alla modernità, in dialogo con tutti gli uomini di buona volontà, ci fosse anche una scelta di promozione della democrazia. Come forma di governo che promuove la libertà (anche quella religiosa) e la giustizia, in vista del bene comune e di un'etica condivisa. Mi sbaglio?
     Anche dalla Settimana sociale dei cattolici, nella commissione sui temi istituzionali, è emersa la stessa preoccupazione. Che si è concretizzata con la richiesta di riformare la legge elettorale per ridare ai cittadini il diritto di scegliersi i propri rappresentanti in Parlamento. Il cattolico che scende in politica deve fare scelte chiare.

Francesca

Dal Vangelo non scaturisce nessuna forma di governo della società. Da esso, però, derivano incancellabili valori sociali (dignità della persona, uguaglianza di tutti gli esseri umani, fraternità) che sono un metro di giudizio delle differenti forme di esercizio del potere. Il messaggio cristiano non è indifferente o neutrale rispetto a qualsiasi organizzazione della società nel corso della storia.
     LA dottrina sociale della Chiesa, soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II, sostiene e apprezza la democrazia, perché permette al cittadino (credente e non) di partecipare al potere politico. La cui unica legittimazione è il servizio alla comunità.
    
La situazione in Italia, oggi, segna una profonda crisi democratica. Con l'evidente crisi delle istituzioni pubbliche. A ogni livello: legislativo, esecutivo e giudiziario. E' preoccupante, in particolare, l'uso arbitrario del potere di fare le leggi. Gli esempi sono fin troppi. Non a caso alcune leggi sono state denominate "ad personam". Cioè, a beneficio di qualcuno o di gruppi e categorie di persone.
     Ma, prima ancora che sulle singole leggi, oggi c'è una seria questione di anormalità o caduta democratica. Il consenso elettiorale, una volta ottenuto, si tende a trasformarlo in un potere insindacabile e indipendente da ogni verifica e critica di terzi. L'appello al voto popolare ignora che i cittadini non hanno dato una delega in bianco. E che la Costituzione prevede limiti e controlli nel modo di esercitare il potere.
    Per uscirne occorre una conversione etica. Comprendere, cioè, che la forma di governo è per se stessa una questione morale non secondaria. La fede, per troppo tempo, è stata legata prevalentemente al culto, al privato e allo spirituale. In controcorrente, il Vaticano II ha denunciato questa riduzione al privato, al margine delle problematiche sociali. E ha insegnato che, proprio in nome della fede, il sociale e il politico sono oggetto di responsabilità. Dottrina che non ha ancora raggiunto, adeguatamente, le coscienze dei credenti.
     Infatti, la dottrina sociale della Chiesa non ha ancora trovato il posto che si merita nella formazione cristiana. Buona parte dei cattolici impegnati in politica, di fatto ma anche in teoria, continua a ignorarla. Di conseguenza, non vedono la contraddizione tra il dirsi credenti e il prendere provvedimenti che contrastano i princìpi evangelici.
     Le comunità cristiane (parrocchie e diocesi) non possono ignorare il contenuto dei documenti sociali del Magistero, che pure a loro sono destinati. Quando si trattano temi come immigrazione, lavoro, ambiente, pace e guerra, non possono né devono sentirsi a disagio, quasi occupassero uno spazio che non compete a loro, ma ad altri. Il pluralismo di analisi, di opzioni o di schieramento, è più che legittimo. Ma non equivale a qualunquismo. Così come non tutte le posizioni sono uguali.
     La chiesa, come istituzione, non può identificarsi in nessuna politica partitica o di schieramento. Ma, in base ai valori del Vangelo attualizzati dalla dottrina sociale, deve raggiungere un'unità fondamentale di pensiero e impegno sui grandi problemi della società e della storia. La rimozione dei problemi sociali (e, tra questi, la costruzione di una democrazia reale) tradisce l'impegno della fede nella società. E lascia credere che sia indifferente qualsiasi forma di governo.

D.A.

Pubblicato il 02 luglio 2011 - Commenti (8)
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