di Don Sciortino
Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.
29 mag
Vorrei che mi aiutasse
a capire quali sono gli
scandali, veri o presunti,
i “corvi”, le lotte di potere,
le speculazioni e le beghe
che hanno offuscato il volto
della Chiesa, di cui avete
scritto sulla rivista. O anche
le “sporcizie” di cui anche
lei parla. Perché si chiede al
Papa di riformare la Curia?
Mi verrebbe da pensare che
voglia restare nella residenza
Santa Marta per non dover
frequentare persone che non
lo meritano, ma non sarebbe
da lui. Per non dover pensar
male di tutti quelli, specie
i cardinali, che sono attorno
al Papa, ci dia indicazioni
più chiare, per la fiducia
e la stima che ho di lei.
Una vecchia abbonata
Conegliano (Tv)
La Chiesa è santa per sua natura,
ma peccatrice perché è
composta da uomini con i loro
pregi e difetti. Ed è sempre da riformare,
perché nel campo del
Signore, assieme al grano, cresce
la zizzania. Benedetto XVI,
in più occasioni, ha espresso
sgomento per «la veste e il volto
così sporchi della Chiesa», vedendo
come «nella rete di Pietro
si trovano anche pesci cattivi
», e come «la nave della Chiesa
naviga con vento contrario».
Il nuovo corso di papa Francesco
ci sta riconciliando con il
volto bello della Chiesa.
Pubblicato il 29 maggio 2013 - Commenti (1)
30 apr
Ho letto su Famiglia Cristiana
(n. 16/2013) l’intervento di don
Mazzi sulla Chiesa povera. Il cardinale
Biffi sosteneva l’esatto contrario:
la Chiesa deve essere ricca. E portava
a dimostrazione la differenza tra il
Battista e Gesù: questi era chiamato
Signore, non vestiva peli di cammello
ed era invitato a cena da personaggi
di riguardo. Certo, Gesù non era ricco.
Credo che il cardinale volesse mettere
l’accento su una questione ancora
oggi dibattuta. A mio parere, c’è un
equivoco di fondo: lo sfoggio di ori,
auto con autista e abiti lussuosi da
parte degli alti prelati non è una bella
testimonianza, specialmente per chi
non crede. Ma parlare di svendere
quadri, candelabri, mobili d’epoca...
mi sembra fuorviante. Gli oggetti
devozionali dei secoli passati non sono
responsabili né della crisi né della fame
nel mondo, come non lo è il Guercino
conservato nella mia parrocchia.
Sono stati donati per fini devozionali
e devono mantenere la loro funzione,
anche se confezionati con ori e pietre
preziose. Utilizzarli per altri motivi
sarebbe sacrilego. Per aiutare i poveri
la Chiesa si liberi piuttosto di certe
operazioni finanziarie, o venda beni
che non hanno nulla a che vedere con
la fede. Allo stesso modo, per ripianare
il debito, lo Stato non può mettere
all’asta gli oggetti preziosi dei musei
per venderli ad americani o cinesi:
si farebbe un torto alla nazione
e si scatenerebbe la rivoluzione.
Marco
In concomitanza con la Giornata
mondiale di preghiera per le vocazioni,
avete pubblicato un pezzo di don Mazzi
che darà un notevole contributo alla
crescita delle vocazioni! C’è da giurare
che, grazie a quell’articolo, i seminari
saranno presto presi d’assalto da giovani
che non vedono l’ora di entrare nella
“casta” di coloro che se la spassano fra
gli ori delle chiese, gli agi delle case
canoniche e tanti altri privilegi. Che si
vuole di più dalla vita? Ma don Mazzi
dove vive? Ma davvero conosce la vita
dei preti? Non sa che quasi tutti i preti
fanno da sacrestani, si cucinano da soli,
stirano, lavano panni e pavimenti, e se
si ammalano è un dramma? Lo sa che
significa stare in una parrocchia per
quarant’anni, quasi dimenticati, senza
andare per salotti televisivi e senza una
vacanza di una sola ora al mese? Ho
una foto con lui a Cortina d’Ampezzo,
dove passeggiava con i Vip (io ero di
passaggio con i miei giovani per una
gita): quel soggiorno gliel’hanno
regalato o l’ha pagato di suo? E i
poveri? Vendere, poi, i calici: a chi? Ai
rigattieri? In questa crisi, tante famiglie
vengono a bussare alle porte delle
parrocchie e nessuno se ne torna
indietro senza aiuto. E con i magri
fondi della Caritas, spesso mettiamo
mano al nostro portafoglio, senza far
tante storie. E per un prete che invita a
rubare, si fa giustizia sommaria di tutti?
Ma che Vangelo è questo di don Mazzi,
non nuovo a mostrarsi primo della
classe e dar pagelle a tutti i confratelli?
Anche questa mia lettera è brutta, certo.
E non merita di essere ospitata. Ma
Famiglia Cristiana non batte ciglio su
quella di don Mazzi. E speriamo che mi
si dica che non ho capito lo spirito della
nota, e che ho interpretato male.
E ti pareva? Con ossequi.
Don Gino
Caro don Antonio ti scrivo due righe
e se troverai tempo mi risponderai a
titolo personale, visto che hai avuto la
bontà di pubblicare già due mie e-mail
sulla rivista. Mi chiedo: chi siamo noi
cristiani? Fino al giorno prima che fosse
eletto papa Francesco, sentivo tutti
(anch’io tra questi) criticare la gerarchia
per il lusso che è in netto contrasto con
il Vangelo. Ora, invece, mi tocca sentire
critiche per le rinunce che ha fatto papa
Francesco. Nella mia famiglia, come in
tantissime altre, si è aperto
il cuore quando abbiamo sentito parole
che aspettavamo da tanto tempo. E che
dobbiamo fare nostre per non “tradire”
il Vangelo.
Guido B.
Non sono il difensore d’ufficio di don
Mazzi e avrei potuto far rispondere direttamente
a lui alle contestazioni mosse al
suo intervento su Famiglia Cristiana (n.
16/2013) dal titolo “Che bello se tutti noi
preti fossimo esempio di povertà”. Ma
non vorrei che la polemica si riducesse a
una questione personale, di accuse e controaccuse
rispetto a stili di vita, comparsate
televisive e frequentazioni di Vip, e perdessimo
di vista il vero tema del dibattito.
Al di là delle provocazioni e dei paradossi,
don Mazzi da sempre è sulla stessa onda
di papa Francesco che, appena eletto, ha
detto: «Ah, come vorrei una Chiesa povera
e per i poveri». Possiamo disquisire quanto
vogliamo su quale sia il significato della
povertà, ma la sobrietà negli stili di vita
e la concreta vicinanza ai poveri sono nel
cuore del Vangelo. Credo che don Gino sia
vicino a don Mazzi più di quanto non immagini.
In fondo, al netto dei paradossi,
entrambi vogliono una Chiesa povera.
Pubblicato il 30 aprile 2013 - Commenti (16)
23 ago
In un Comune in provincia di Alessandria, il
sindaco ha firmato un’ordinanza che vieta
ogni forma di accattonaggio su tutto
il territorio comunale. Sì, ogni forma. E non
solo quella molesta o dove si sfruttano
minori o animali. Peccato, però, che
chiedere l’elemosina non sia un reato. L’ha
fatto per ragioni di consenso elettorale,
sulla scia di quelle pratiche xenofobe della
Lega, che fa parte della stessa coalizione.
Sono già stati arrestati due accattoni,
ma nessuno si preoccupa di dove andranno.
L’importante è che scompaiano dalla città.
Ma perché non si guardano in faccia le
persone? Perché non si ascoltano le loro
storie? Perché non si dialoga per risolvere
insieme i problemi? Certo, è più
facile avere il consenso con un’azione
demagogica, piuttosto che impegnarsi
nella ricerca di una soluzione. È più facile
inventare nuovi reati, piuttosto che fare
prevenzione e cura sul territorio. Come
credente mi chiedo: ci dice ancora qualcosa
il Vangelo che ogni domenica ascoltiamo
a Messa? Chiedere l’elemosina è un diritto:
si può abolire? Possiamo far finta di non
vedere il mendicante, ma non possiamo
non vedere che la povertà esiste ancora e
avanza sempre più. Girarsi dall’altra parte
non aiuta nessuno. Neppure noi. Mi sembra
che si vada verso una società sempre più
egoista, dove si è forti con i deboli e deboli
con i forti. Sbaglio?
Andrea Z.
Non è successo solo in un Comune dell’Alessandrino,
ma in più paesi d’Italia i sindaci
hanno vietato di chiedere l’elemosina sul loro
territorio. Anche qui, occorre distinguere i veri
poveri da coloro che sfruttano minorenni o
persone storpiate di proposito per illeciti affari.
La malavita che lucra sfruttando i buoni
sentimenti della gente, va stroncata. Non ci sono
dubbi. Ma allontanare i poveri per ragioni
di consensi elettorali o di decoro dell’ambiente,
dalle piazze o anche dai sagrati delle chiese,
è altra cosa. Nulla vale più della dignità di
una persona. Anche se sporca o coperta di
stracci. Nell’attenzione ai poveri i cristiani dovrebbero
essere “maestri”. Un esempio per la
società civile. Basterebbe rileggersi il Vangelo.
In particolare, Matteo capitolo 25.
Pubblicato il 23 agosto 2012 - Commenti (5)
21 ago
Sono tra coloro che non riescono
ad affermare la propria fede
debole senza incredulità e dubbi.
Il dolore quasi insopportabile
di sciagure, di figli strappati alla vita
precocemente dalla malattia
o dalla brutalità, di orrori compiuti
da uomini verso altri esseri umani,
mi pongono tanti interrogativi.
Mi disturbano anche i cerimoniali,
gli addobbi, gli sfarzi, i riti solenni
che la Chiesa usa praticare. Li vedo
stridere con l’essenzialità evangelica.
Mi fanno sentire spettatore di eventi
scollegati con la realtà quotidiana.
Preferirei riti e abiti semplici, sobri,
se non poveri. Gli scandali dovuti
a innumerevoli casi di pedofilia
e a quelli finanziari, contribuiscono
a gettare discredito sulla Chiesa,
soprattutto perché le parole
di autocritica e la richiesta di scuse
paiono arrivare tardivamente.
E ancora debolmente. Si predica una
morale rigida, si esalta la famiglia
e si tace su condotte devianti gravi
e dannose. Tutto ciò alimenta un
certo comprensibile anticlericalismo,
ma mette in difficoltà la nostra
debole fede di credenti.
Manlio R.
La testimonianza della Chiesa è
spesso offuscata da stili di vita poco
sobri. O da scandali che coinvolgono
preti e vescovi, che vengono meno al
loro impegno di consacrazione a Dio.
Cedono alla debolezza della “carne”
o alle sirene del successo e dei soldi.
Ciò non inficia affatto il messaggio
evangelico. Anche se questi episodi
vengono enfatizzati da giornali e Tv,
che amano i pettegolezzi sugli uomini
di Chiesa. E danno l’idea che tutta
l’istituzione ecclesiale sia corrotta e
perversa. È vero che un albero che cade
fa più rumore di una foresta che
cresce, ma nel mondo centinaia di cristiani
muoiono martiri per la fede.
Ma non fanno notizia.
Pubblicato il 21 agosto 2012 - Commenti (15)
23 nov
Quella “mamma in difficoltà” che le ha chiesto l’abbonamento a Famiglia Cristiana, non ha nulla da vergognarsi. Vorrei dire alla signora che, per il suo ragazzo, la privazione di un film per mancanza di soldi potrebbe essere un’occasione di crescita. Sono le difficoltà che aiutano a maturare. Un film non è essenziale. Si vede che suo figlio è stato bene educato. Non ha esigenze e non ha protestato. Lei, invece, nella sua risposta, ha gettato sale sulla ferita. Ha fatto sentire vittima la madre. Avrebbe dovuto dirle, con le parole di Gesù: «Beati i ragazzi che, con le privazioni, crescono forti e capaci di affrontare le difficoltà della vita».
Gaspare
Non confondiamo l’educazione a uno stile sobrio di vita con la privazione dei beni necessari per vivere. Sono cose ben differenti. Troppo comodo dire agli altri che i sacrifici aiutano a crescere più forti e a maturare meglio. Soprattutto se le parole provengono da case confortevoli, con tavole imbandite d’ogni ben di Dio. Forse, sarebbe bene condividere pesi e sacrifici. E, ancor più, distribuire ricchezza e benessere con più equità. Non stiamo parlando di lussi sfrenati o sperperi indecenti. Parliamo di qualche spicciolo per la visione di un film. Caro Gaspare, più che una predica, mi sarei aspettato un aiuto concreto per quel bambino. Come hanno fatto altri lettori. Con generosità e in silenzio.
Pubblicato il 23 novembre 2011 - Commenti (11)
12 ott
Sono la mamma di due figlie
di venti e diciott’anni e di un
ragazzino di dodici. Non abbiamo
problemi economici grazie al lavoro,
duro e soddisfacente, di mio marito.
Il problema che mi assilla e che sta
minando i rapporti in famiglia,
riguarda la nostra figlia più grande.
Da un anno circa, si è innamorata
e fidanzata con un coetaneo serio,
sensibile e solare, per quel poco che
conosco. Ma di pochi studi e di pochi
mezzi. Anche familiari. Ha finito i corsi
professionali e, pare, cominci presto
un lavoro come apprendista. Suo papà
è bidello e ha una famiglia numerosa.
Condivido la preoccupazione di mio
marito per il futuro di nostra figlia.
Anche per il livello culturale di questa
famiglia. Ma il suo atteggiamento
ostile temo che non farà altro che
allontanare nostra figlia. Già ora
non ha niente da dirci, e si è chiusa
a riccio. Non le nascondo che anch’io
avrei sperato per lei una situazione
più “sicura”, ma vedo che si vogliono
un gran bene, legati anche da una
comune pratica religiosa. Credo che
i figli debbano fare le loro scelte da
persone libere.
Vanna B. - Verona
Mi pare, cara Vanna, che nella tua lettera
ci sia un’analisi attenta dei problemi,
ma anche diverse piste di riflessione e
una soluzione quando dici che i «figli devono
fare le loro scelte da persone libere».
È normale che i genitori siano preoccupati
del futuro dei propri figli, che vorrebbero
esenti da preoccupazioni e fastidi. E
delle scelte che fanno in vista di una vita
in comune. Forse, però, più che perdere
tempo a recriminare sulle condizioni economiche
della famiglia del fidanzato di
vostra figlia, potreste dedicarvi di più a
conoscerlo meglio. Invitandolo, ad esempio,
a casa vostra e frequentandolo con
più intensità. Evitereste, così, di allontanare
vostra figlia. E, soprattutto, di darle
l’impressione che per voi quel che conta
sia soltanto il conto in banca. Senza interesse
ad altri valori.
Pubblicato il 12 ottobre 2011 - Commenti (7)
17 ago
Sono un pensionato,
ex preside di scuola
media. Abbonato da tempo
immemorabile a Famiglia
Cristiana, le scrivo per
un parere sulle richieste
di sostegno da parte di tante
sigle e associazioni. Non solo
in periodo natalizio, ma ormai
tutto l’anno. Io ho un bonifico
mensile, per l’intero anno,
a favore della Caritas italiana
e della Chiesa cattolica. Ogni
tanto mando altre offerte
per circostanze eccezionali:
terremoti, disastri naturali.
In Italia e all’estero. Lo faccio
volentieri, perché so che le
offerte vanno a buon fine.
Mi sembra molto utile aiutare
i missionari. Poi, però, quando
tutti i giorni trovo nella mia
cassetta postale tre-quattro
(e anche più) bollettini con
richieste di soldi, allora vado
in crisi. E comincio a pensare
male: dove andranno tutti
quei soldi? A chi serviranno?
Parlandone con amici, alcuni
mi hanno detto: «Ma che
problemi ti fai? Butta tutto nel
cestino». La mia pensione non
è ricca, ma a me basta. Quando
sento o vedo situazioni di estrema
miseria, o persone che dormono
per strada, mi sento in colpa di
non poter (o voler) fare di più.
Da qui il dubbio: sono ancora
un buon cristiano?
Abelardo
Nel tuo caso, caro Abelardo, verrebbe
da dire: «Hai già dato». Non
avere rimorsi. Anche se, parafrasando
le parole di una nota canzone,
«si può dare di più». La carità ha solo
il limite dell’amore, che non ha limiti.
Ma i beni non sono solo quelli
materiali. Si può donare il proprio
tempo, l’esperienza e la professionalità.
Da mettere a servizio di ammalati
o bambini denutriti, nelle missioni,
ospedali e campi del Terzo
mondo. Più che fare ragioneria della
carità, un euro in più o in meno,
a questo o quell’ente, è meglio offrire
disponibilità. A forza di spaccare
il capello, si diventa aridi.
Pubblicato il 17 agosto 2011 - Commenti (3)
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