di Don Sciortino
Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.
29 ott
La seguo da tanti anni,
quasi quaranta. Le scrivo
confidandole un mio grosso
problema: sono disoccupata
e vivo ancora con i miei
genitori. Ho cominciato tanti
lavori (una ventina), ma
non sono mai stata assunta.
Vengo sempre licenziata
dopo il periodo di prova. Ne
ho ricavato tanta amarezza e
dispiaceri. Ormai, sono dieci
anni che cerco lavoro dopo
la laurea, che ho conseguito
fuori corso e con una
votazione bassissima. Fatico
a trovare un’opportunità,
e quando vi riesco, la perdo
subito. Sono andata da
psichiatri, che hanno tentato
di aiutarmi, ma inutilmente.
Il problema è sempre lo
stesso: tutti ne approfittano,
sapendo che ho bisogno
di lavorare. Ho fatto di tutto,
ma ora non ce la faccio più.
Ho pregato anche la
Madonna di soccorrermi,
ma la sento distante.
Una lettrice disperata
La preghiera è vita per il credente.
Dio e la Madonna ci sono
vicini. Danno senso al nostro
esistere. Pensarli, però, come
datori di lavoro in un ufficio
di collocamento, mi pare
fuori luogo. Non è la Madonna
distante da noi. Forse, sono
le nostre pretese (anche su legittime
aspirazioni) a farcela sentire
lontana o disinteressata.
L’esistenza di questa lettrice è
davvero contorta. Non possiamo
che esserle umanamente vicino,
come a tutte le persone affrante
e amareggiate. Per di
più senza un lavoro stabile.
Ma una ventina di “assunzioni
a tempo” andate male, mi
fanno riflettere. Non posso immaginare
che tutti abbiano voluto
approfittare della sua necessità
di lavorare.
Pubblicato il 29 ottobre 2012 - Commenti (5)
25 ott
Mi capita di leggere spesso su Famiglia Cristiana lettere
critiche nei confronti della Chiesa. Talvolta, sono così
superficiali da farmi sorgere il dubbio che possano averle
scritte dei cattolici praticanti. Le cito quel lettore che critica
perfino i ricchi paramenti liturgici. Come se i celebranti li
usassero per vanità. La citazione della “Chiesa del grembiule”
la trovo fuori luogo. Si può servire il prossimo anche
indossando dei paramenti che esprimono decoro e bellezza.
Nelle feste di ingresso di parroci e vescovi è auspicabile una
maggiore sobrietà. Ma sarebbe dannoso ripetere gli errori del
dopo concilio Vaticano II. Quando nel nome dell’essenzialità
si liquidarono feste patronali e tradizioni religiose popolari.
In cambio di “feste” goderecce senza alcun richiamo religioso.
Da lei mi sarei aspettato un commento più articolato.
Simone
L’amore per la Chiesa, quando è sincero, non è esente da critiche.
È quella “correzione fraterna”, cui ci chiama il Vangelo.
Giorni fa, commemorando a Spello fratel Carlo Carretto, un profeta
dei nostri tempi, che ha vissuto il Vangelo nella sua essenzialità,
mi ha molto colpito un suo testo. Duro e sincero. Lo affido alla
tua riflessione, caro Simone, e a quella dei lettori: «Quanto sei
contestabile o Chiesa, eppure quanto ti amo. Quanto mi hai fatto
soffrire, eppure quanto a te devo. Vorrei vederti distrutta, eppure
ho bisogno della tua presenza. Mi hai dato tanti scandali, eppure
mi hai fatto capire la santità. Nulla ho visto nel mondo di
più oscurantista, più compromesso, più falso, e nulla ho toccato
di più duro, di più generoso, di più bello. Quante volte ho avuto
la voglia di sbatterti in faccia la porta della mia anima, e quante
volte ho pregato di morire tra le tue braccia sicure».
Pubblicato il 25 ottobre 2012 - Commenti (6)
19 ott
Caro don Antonio, a me non fanno pena i ragazzi,
ma gli adulti incapaci di trasmettere quei valori
che sono alla base del vivere civile. Ai nostri figli, oggi,
non facciamo mancare nulla. Ma spesso non abbiamo
tempo per loro. Siamo troppo impegnati a correre
nel nostro vivere quotidiano. E ciò riguarda anche
i sacerdoti. Non ci fermiamo mai a cercare di capire
cosa loro sentono dentro. Siamo bravi a criticarne
i comportamenti, ma non ci chiediamo se anche noi
abbiamo delle responsabilità. Vorrei dire a quei lettori
che le scrivono per contestare i giovani, che la maggior
parte di questi hanno ideali e valori. E si danno da
fare. Sono molto meglio di quanto crediamo. Conosco
laureati che non si vergognano di fare i camerieri.
E poi non credo che le passate generazioni fossero
tutti degli angioletti. Qui da noi, in Veneto, giravano
tutti col coltello in tasca e bruciavano i pagliai.
Diamo più fiducia ai giovani. Magari con qualche
sorriso in più.
Guido B. - Romano d’Ezzelino (Vi)
A ogni tempo il suo affanno. A poco giova il confronto
col passato, se è solo per una classifica qual è la generazione
migliore. Non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Fin
dall’inizio del mondo, da Caino e Abele. Una tavoletta assira
del 2800 avanti Cristo dava per imminente la fine del
mondo «perché la corruzione e l’insubordinazione sono diventate
cose comuni e i figli non obbediscono più ai genitori
». Ciò detto, va colto l’invito di Guido ad avere più fiducia
nei giovani. Con più ottimismo. E a puntare su di loro
con coraggio. Sono il nostro investimento per il futuro. E
sono molto meglio di come vengono rappresentati. I mass
media parlano solo degli eccessi dei pochi, ma ignorano
l’impegno dei molti. Basterebbe dare un’occhiata al mondo
del volontariato. O alla preziosa opera di tanti giovani
che impegnano il loro tempo, con generosità, per assistere
ammalati, poveri o bambini handicappati. Purtroppo, la
foresta che cresce fa poco rumore.
Pubblicato il 19 ottobre 2012 - Commenti (4)
18 ott
Sono un suo affezionato lettore trentenne. Sposato
da due anni, con infinita gioia aspettiamo il nostro
primo figlio. Sia io che mia moglie siamo stati educati
al rispetto del prossimo. Voglio raccontarle un
episodio che ci ha tanto feriti, legato alla gravidanza di
mia moglie. Lei, libera professionista, lavora a Venezia
e si sposta con i mezzi
pubblici. È al settimo mese
di gravidanza e continua
a lavorare, non potendo
usufruire del permesso
di maternità. Una mattina,
sul vaporetto che la portava
a Venezia, era seduta nei
posti riservati ai disabili,
alle donne in gravidanza
e agli anziani. Poco dopo,
sale una signora anziana,
ma in perfetta forma fisica,
che in modo arrogante
le ordina di alzarsi e lasciarle il posto. Tre ragazze
sedute accanto avrebbero potuto alzarsi, ma fanno
“orecchie da mercante”. Anzi, insultano mia moglie.
Nell’indifferenza generale. Solo una signora interviene
allibita. E fa notare la gravidanza avanzata di mia
moglie. A quel punto, lei si era già alzata. L’episodio mi
ha fatto sorgere tanti interrogativi. Ma in che mondo
viviamo? Perché prevalgono solo i furbi e gli arroganti?
Che rispetto c’è per la vita? L’inciviltà ha davvero preso
il sopravvento su tutto il resto?
Un futuro papà
Non c’è nulla di peggio dell’indifferenza. Se ciascuno
bada solo a sé stesso e chiude gli occhi (e il cuore) sui bisogni
degli altri, siamo al trionfo dell’egoismo. Mauna società
che non rispetta nemmeno una donna incinta al settimo
mese, è davvero poco umana. Più che le invettive dell’anziana
signora e la strafottenza delle tre ragazze, colpisce il
silenzio dei presenti. Nessuno ha avuto il coraggio di intervenire,
eccetto una donna. Quando di fronte al sopruso si
gira lo sguardo altrove, è un gran brutto segno.
Pubblicato il 18 ottobre 2012 - Commenti (2)
12 ott
Vorrei parlarle di
un grave problema
sociale. Ogni sera,
davanti alla mia casa,
si appostano delle
prostitute. Le confesso
che mi irritavano
moltissimo. Poi, una
volta, dopo averle
insultate, mi sono pentita
pensando che forse,
come diceva don Benzi,
sono costrette a fare
quel mestiere. Ma sono
uomini senza scrupoli
quelli che le sfruttano.
Non solo i cosiddetti
“protettori”, ma anche
i clienti. Persone
di giorno considerate
rispettabili, che di notte
usano quelle donne come
oggetti. Si dovrebbero
vergognare. Può
immaginare cosa si prova
a dover assistere, ogni
sera, a questo penoso
spettacolo. Faccio appello
ai governanti perché
intensifichino la lotta
contro gli sfruttatori
di prostitute.
Stefania
C’è nei confronti della
prostituzione quasi una
rassegnazione a non poter
fare nulla. Perché, si dice, è
un mestiere antico come il
mondo. Difficile da estirpare.
Pura ipocrisia, per non
affrontare il problema, lasciando
vittime inermi nelle
mani di “protettori” violenti
e senza scrupoli. Ma
per combattere seriamente
la prostituzione nelle strade,
dovremmo cominciare
a ribellarci contro lo sfruttamento
della donna e del
suo corpo anche in Tv.
Pubblicato il 12 ottobre 2012 - Commenti (7)
10 ott
La retorica sull’immigrazione è davvero stomachevole. Si tira in ballo il razzismo per creare sensi di colpa. In realtà, è solo questione di equità. Il problema delle carceri affollate non esisterebbe se non ci fosse un trentacinque per cento di detenuti extracomunitari. Perché il Governo non si attiva per fare scontare il carcere nei loro Paesi d’origine? Neppure nella ricca America è garantita l’assistenza sanitaria gratuita a chi è appena arrivato, come avviene da noi. Le case popolari sono assegnate di preferenza agli extracomunitari. Il sessanta per cento degli aiuti pubblici va agli immigrati. Per non parlare dei costi della sicurezza aggravati dalla criminalità d’importazione. Solo una minima parte di immigrati contribuisce con le tasse al benessere del Paese. La maggioranza o non lavora o lavora in nero. Tante associazioni cattoliche e sindacali percepiscono dallo Stato cento euro al giorno per ogni immigrato. Prima che generosi dovremmo essere giusti. Al ministro Riccardi questo non interessa.La sua generosità, infatti, è a carico dei contribuenti!
Luca T.
Se la retorica sull’immigrazione è stomachevole,
lo è ancor di più l’insieme di pregiudizi e
luoghi comuni, come quelli assemblati in queste
poche righe. Colpa anche dei mass media
che danno un quadro negativo e allarmante
del fenomeno migratorio. I dati reali (non la
propaganda) ci dicono invece il contrario. L’Italia
senza gli stranieri sarebbe in ginocchio. Ancor
più in crisi, in ogni settore. Il loro contributo
alla ricchezza nazionale supera il dieci per cento.
Non ci stanno rubando nulla.
Pubblicato il 10 ottobre 2012 - Commenti (8)
09 ott
Lei sa quanta stima e riconoscenza c’è da parte mia e, per
fortuna, di moltissimi lettori, per la sua persona. Ma, proprio
per questo, quando c’è da dissentire, mi viene più spontaneo
farlo. Mi riferisco alla sua risposta sul “partito unico dei cattolici”.
Anche lei sembra volersi rifugiare nell’“unità dei valori”. Cosa
nobilissima, ma finora poco concreta. Purtroppo, la dispersione
dei cattolici in politica non ha prodotto frutti. Né si intravede
come possa farlo in futuro. I cattolici non riescono a incidere
nell’attuale mondo politico. Per contro, spesso si ritrovano
(anche nelle parrocchie e nelle diocesi) gli uni contro gli altri.
Purtroppo, oggi, non ci sono personalità dal forte carisma
in grado di unificare e rendere più incisiva la presenza
dei cattolici. Ma anche senza un apposito partito, ci vorrebbe
qualcosa di veramente autonomo, ispirato non a interessi
di parte ma solo al Vangelo. Non le sembra?
Se ci limitiamo a dibattere
sul “contenitore” dove intruppare
i cattolici in politica, rischiamo
di dimenticare che, oggi, è
più importante il “contenuto”.
Perché è questo che è venuto a
mancare, soprattutto nel generale
degrado etico. Perché i politici
cattolici non si sono ribellati
e non hanno denunciato lo “schifo”
cui assistiamo in questi giorni
alla Regione Lazio? Ma altrove è
anche peggio. Le leggi vergogna
che permettono di depredare i soldi
pubblici sono state votate anche
dai politici cattolici. Se manca una
coscienza etica, dove collocarsi è
secondario. Conta poco.
Pubblicato il 09 ottobre 2012 - Commenti (5)
04 ott
Il film su Maometto è stato,
giustamente, condannato.
E ai musulmani sono state
presentate le dovute scuse.
Ma il film del regista
austriaco, con la scena
di sesso con il crocifisso,
ha ricevuto il premio della
giuria speciale alla Mostra
di Venezia. Dimostrazione
evidente che la condanna
del film che ha offeso l’islam
non è nata dal rispetto che si
deve a tutte le religioni, ma
solo per far cessare violenze
e attacchi alle ambasciate.
Ma chi ha paura dei
cristiani? I musulmani
uccidono e condannano a
morte per ottenere rispetto.
Non riconoscono alle altre
religioni il diritto di esistere
e di essere rispettate.
Infatti, incendiano chiese
e uccidono cristiani. Che
dobbiamo fare per farci
rispettare?
Lorenzo C.
Mai cedere alla tentazione
di rispondere al fanatismo con
la stessa moneta. Se si uccide
nel nome di Dio, ciò non ha
nulla a che fare con la vera religione,
ma con gli estremismi
d’ogni tipo. Ci si deve battere
per la libertà di espressione di
tutti, ma nessuno può offendere
la sensibilità religiosa altrui.
La vera fede in Dio promuove
la pace e il dialogo.
Pubblicato il 04 ottobre 2012 - Commenti (10)
02 ott
Apprezzo Famiglia Cristiana, e ne sono un fedele lettore.
Il suo editoriale “Un’anima per l’Italia con più etica
e ideali” (FC n. 26/2012) mi ha, però, lasciato perplesso.
E mi ha suscitato diversi interrogativi. Riconosco che il suo
settimanale è sempre stato attento ai valori umani e cristiani
in politica. E, considerata l’attuale insignificanza dei cattolici,
mi pare di capire che lei vorrebbe un partito che li riunisse.
La storia ha già espresso giudizi positivi su statisti cattolici
come De Gasperi e Moro. Ma ha anche condannato la
degenerazione della Dc e il suo sistema di potere. Oggi,
in una società secolarizzata, non ci sono più le condizioni
per un partito “cattolico”. E, poi, chi darà la “patente” di
cattolicità a questi politici, visto come sono compromessi
alcuni che si dichiarano credenti? A mio parere, la Chiesa
e i cattolici italiani devono fare evangelizzazione. O, meglio,
ri-evangelizzazione. Il resto verrà da sé.
Renato L. - Varese
Caro Renato, non ho mai invocato il ritorno del partito dei cattolici.
Forse, hai equivocato qualche mio intervento. La storia, infatti,
non si ripete. Non fa salti indietro. Oggi, non esistono più
quelle condizioni storiche e sociali che diedero vita al partito unico
dei cattolici. Pur con tutte le sue pecche, la Dc non solo annoverava
personalità di spicco e veri statisti come Moro e De Gasperi
(che non si sono arricchiti con la politica), ma aveva un progetto
per il Paese, in vista del bene di tutti i cittadini. Quel “bene comune”
andato in disuso oggi. A vantaggio degli interessi di parte
e intrallazzi di soldi, cui non sono esenti anche alcuni credenti.
Quelli che hanno confuso la presenza e testimonianza cristiana
con l’occupazione di ogni spazio di potere. Ma tra il partito
unico e l’attuale insignificanza dei cattolici, c’è una via di mezzo.
L’unità sui valori. Alla luce del Vangelo e della dottrina sociale
della Chiesa. Al di là delle logiche di partito e di schieramenti
che, spesso, mortificano la testimonianza cristiana.
Pubblicato il 02 ottobre 2012 - Commenti (7)
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