Don Sciortino

di Don Sciortino

Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.

 
17
feb

Quando il pregiudizio è duro a morire

Immagino che farete un articolo sui bambini rom bruciati nella loro baracca a Roma. Lo farete con tanto pietismo, gettando la colpa su chi avrebbe dovuto provvedere a dare loro casa, lavoro e istruzione. Come se la Chiesa non sapesse di queste situazioni. Quando mai un vescovo o il presidente Napolitano sono andati in un campo rom e hanno dato qualcosa di tasca loro per aiutarli? Le voglio raccontare quel che mi è capitato. Un giorno, suona il campanello di casa mia. Esco e vedo due ragazzi rom che chiedono l’elemosina. Do loro qualche moneta e mi fermo a parlare. Chiedo dove sono accampati, quanti anni hanno e se gli piacerebbe avere una casa. La loro risposta mi ha gelata: «Ci accampiamo dove possiamo e non vorremmo una fissa dimora. Noi siamo liberi come gli uccelli del cielo, voi invece siete prigionieri dietro grate e cancelli». Mi sono guardata attorno: era vero, la mia casa era come una prigione, con grate alle finestre. E sono “prigioniera” di bollette da pagare, leggi e leggine… Poi, però, ho pensato che la mia casa è una prigione anche perché ci sono tanti che rubano. Mi piacerebbe lasciare porte e finestre aperte, ma non posso!
M. Carla


Il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, visita un campo rom.
Il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, visita un campo rom.

Il pregiudizio è duro amorire. E, qualche volta, si manifesta in forme volgari e spregevoli. Come a Milano, dove qualcuno ha detto che è più facile educare un cane che un rom. L’esperienza delle mamme e maestre di Rubattino, di cui pubblichiamo una lettera nell’Angolo della speranza, ci dice che un altro approccio è possibile. Anzi, doveroso. Ed è la via della dignità e dell’integrazione. Sempre possibile, anche se non facile. Non è vero che i rom non amano avere una casa, e che preferiscano stare al freddo o sotto la pioggia. Proviamo a dargli un tetto! Quanto ai furti, le racconto un piccolo episodio. Una famiglia rom s’era inserita così bene come portieri d’uno stabile, che le famiglie lasciavano loro le chiavi, e gli raccomandavano: «Fate attenzione, perché ci sono zingari in giro». E non sapevano che le persone cui avevano affidato la loro casa erano rom! Quanto ai suoi giudizi sulla Chiesa, sarei più prudente.

Pubblicato il 17 febbraio 2011 - Commenti (11)
04
feb

Se il Grande Fratello umilia noi educatori

Ho preso atto anch’io, con grande soddisfazione, della reazione della Chiesa ufficiale di fronte al disgustoso clima morale che stiamo vivendo. Sono un insegnante e con i miei colleghi stiamo lavorando per educare i ragazzi alla legalità. È un’urgenza pedagogica. Il berlusconismo, il relativismo, la filosofia di vita del "Grande Fratello" minano la nostra credibilità. Stiamo proponendo valori che, ogni giorno, sono negati dai modelli sociali correnti. Ci rendiamo conto dei danni devastanti che stiamo provocando nei giovani? Noi fatichiamo tanto a educarli, poi il nostro lavoro è demolito in pochi istanti. La ringrazio perché parla sempre chiaro e non esita a chiamare le cose con il loro nome. È ora che anche i cattolici si assumano la responsabilità di reagire a tanto squallore.
Roberto O.

Sono un cattolico praticante, da anni non più suo lettore. Desidero manifestarle tutta la mia indignazione e protesta per le sue posizioni contro il nostro premier. Lei vuole usare il giornale per manifestare questa sua avversità? Vuole aggiungersi ai vari don Ciotti, don Gallo ecc…? Bene, se è così, ne abbiamo abbastanza di questi preti militanti. Non mi sembra il caso che aggiunga la sua battaglia personale. Mi sento dire che il settimanale non esprime le posizioni ufficiali della Chiesa, e meno male dico io! Ma l’appellativo “cristiana” non è un aggettivo qualunque. Non appartiene solo a lei. La mia famiglia è cristiana, i miei figli lo sono, i miei avi lo erano! Essere cristiani significa anche perdonare. Lei, invece, non perdona nulla. Avrà pure commesso dei peccati il nostro presidente del Consiglio, ma non mi sembra certo il peggior politico peccatore della storia! Tra l’altro, mi risulta che egli aiuti tanta gente. Perché non chiede, ad esempio, a don Gelmini? O questo prete è da considerarsi di serie B? Sono certo che non pubblicherà mai questa mia lettera. Ma, almeno, quando scrive e risponde ai lettori, si ricorderà dei cristiani come me, che non odiamo Berlusconi.
Alessandro S.

Sono un padre di famiglia, come tanti. Un cittadino rispettoso delle leggi. Cristiano sì, ma non bigotto: per educazione, per storia e scelta. Non frequento molto la Chiesa, perché, spesso, non mi ci riconosco. Non tanto nel messaggio cristiano, quanto in certi comportamenti, che sanno di convenienza. Le scrivo perché mi vergogno d’essere cittadino di questo “disgraziato” Paese. E di chi ci governa, che sembra privo di ogni dignità. Tronfio dei suoi quattrini, ci sta trascinando in una serie di scandali da trivio. Di fronte al mondo intero. Ma quello che mi brucia di più, come genitore, è la constatazione che tali comportamenti, ostentati come un vanto della propria mascolinità, stanno distruggendo, moralmente, una generazione di giovani. Ne stanno uccidendo l’anima. A che serve una corretta educazione morale, se i giovani sono indotti su più facili e meno dignitose strade? Si sta consumando, in Italia, anche con l’assenso di molti sedicenti cattolici in Parlamento, un “delitto” che sta spandendo il suo veleno in modo sotterraneo e subliminale. Ma tale da guastare le coscienze. Ne portiamo la responsabilità tutti: ecclesiastici, genitori, giornalisti… Ma perché questa nazione non si solleva e non si indigna contro questo turpe andazzo? Come conciliano i cattolici (che sono letteralmente innamorati di questo uomo), comportamenti immorali con i valori della famiglia?
Un padre

Sembrano davvero in buonafede quei cattolici che, per difendere i comportamenti del premier, si appellano all’episodio dell’adultera nel Vangelo. E si rifanno alle parole di Gesù: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». Ma si prende il versetto che più fa comodo per sostenere le proprie ragioni! Ci si dimentica del resto del Vangelo. Si potrebbero citare anche altri versetti. Tipo: «Guai al mondo per gli scandali! Se la tua mano o il tuo piede ti è di scandalo, taglialo e gettalo via da te... E se il tuo occhio ti è di scandalo, cavalo e gettalo via da te...». Oppure: «Se il tuo fratello pecca, va’, riprendilo fra te e lui solo... Se non ascolterà, deferiscilo alla Chiesa». Devo continuare?
Miriam


Sono costretto, dalle tante lettere, a ritornare su un tema già abbondantemente trattato la settimana scorsa. Non è finita l’onda del disgusto per comportamenti che offendono la dignità della persona. Della donna, in particolare. Come giustamente hanno rilevato in “lettere aperte” alcune suore, da anni impegnate nella lotta contro la prostituzione, la tratta e il mercimonio del corpo femminile. C’è bisogno di un sussulto di indignazione per tanto scadimento morale cui stiamo assistendo. A ogni livello. Sbaglia chi tende a sminuire, a sottovalutare, sviando l’attenzione su altro. Ne pagheremo le conseguenze. Le pagheranno, in particolare, i nostri giovani e figli. Ai quali sarà più difficile trasmettere sani princìpi e valori. Perché dovrebbero sgobbare per anni, per raggiungere un meritato traguardo, quando lo si può conquistare per una via più breve? Che importa se non è corretta! Ormai, il “diserbante etico” ha fatto terra bruciata di ogni valore, e i nostri ragazzi non sanno più che cos’è bene e cos’è male. Infine, una precisazione per Alessandro: l’odio è una categoria che non mi appartiene. Così come non fa parte del bagaglio di ogni cristiano. L’indignazione sì. Soprattutto contro i moderni “mercanti del tempio”.

Pubblicato il 04 febbraio 2011 - Commenti (21)
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