di Don Sciortino
Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.
29 nov
Qualche lettore si è scagliato contro di lei
perché ha criticato chi nega il pulmino
e la mensa ai bambini i cui genitori non
pagano la retta. Contenuto e tono di quella
lettera fanno presumere che l’autore sia
simpatizzante della Lega. Un movimento
pieno di contraddizioni. Non le pare che
l’indipendenza della cosiddetta Padania sia
in contrasto con la Costituzione italiana?
Nessun partito dell’arco costituzionale l’ha
mai denunciato. Anzi, i leghisti sono stati
al governo dello Stato per anni. Non accetto
la giustificazione (la ritengo assurda), che
vogliono la secessione attraverso metodi
democratici.
G. Brambilla
La Lega, come altri partiti, vive di contraddizioni.
Spesso, in modo macroscopico. Basta
considerare la presenza di quei ministri che
hanno giurato sulla Costituzione, percepito
lauti stipendi assieme a benefici e privilegi, e
fatto poi strame della bandiera italiana, additata
a usi indicibili. Ma al di là delle appartenenze
e dei programmi, non si può tacere quando
si prendono provvedimenti che discriminano
le persone. E, soprattutto, penalizzano i
bambini. Cosa vergognosa, da non fare.
Pubblicato il 29 novembre 2012 - Commenti (8)
08 nov
Vi sono riconoscente per l’editoriale dal
titolo: “Il governo si sbilanci a favore
della famiglia” (FC n. 43/2012). Sono padre
di cinque figli e nonno di nove nipoti. Da
anni sto conducendo, sui giornali e in radio,
una battaglia a favore della famiglia. Che è
sempre stata tenuta in scarsa considerazione
da tutti i governi: politici e tecnici.
Dimenticata ma anche sfruttata come
migliore “ammortizzatore sociale”. Su un
altro giornale leggo anche lo sconforto di
un padre di otto figli per i perversi effetti
della legge di stabilità sulla sua famiglia.
Le tantissime lamentele sono arrivate anche
a Mario Monti. Ora si parla di possibili
cambi nella legge, ma a saldo invariato.
Il presidente del Consiglio se vuole sanare
i conti dello Stato tassi i mega redditi,
non le famiglie. Ormai, siamo allo stremo.
Introduca, piuttosto, il tanto invocato
“quoziente familiare” o “fattore famiglia”
a tutela delle famiglie numerose. Il Governo
deve rendersi conto che la ripresa
economica ci sarà solo se cresce la famiglia.
Bruno M. - Milano
Il Governo, a parole, ci crede. Tant’è vero
che lo slogan con cui è stato promosso il Festival
della famiglia, che si è tenuto la settimana
scorsa a Riva del Garda, era proprio questo:
“Se cresce la famiglia, cresce la società”.
Purtroppo, sono i fatti che mancano. Anzi, al
momento sembra che si vada in direzione opposta,
con un aggravio delle condizioni familiari
per via di tasse e costo della vita. A essere
maggiormente penalizzate sono le famiglie
numerose, a causa di una miopia politica di
Stato e fisco. Badano solo al reddito e non distinguono
mai la composizione del nucleo familiare.
Sul tavolo ci sono diverse proposte
per una maggiore equità fiscale, a cominciare
da quelle del Forum delle famiglie. Manca
solo il coraggio di metterle in atto.
Pubblicato il 08 novembre 2012 - Commenti (3)
16 ago
Ero un ventenne libero e felice. Avevo la mia
indipendenza, un lavoro, una famiglia.
Poi, un giorno, mia moglie mi ha tradito ed
è andata via. Neppure il tempo di lenire le ferite,
e un giudice ha deciso che lei avesse tutto. Così,
non ho avuto più i miei soldi, la casa, i figli,
la mia libertà. Il più grande shock della mia vita.
Sono dieci anni che vivo così. Corpo e mente
portano i segni di una persona che non ha
smesso di lottare. Ma, da allora, la mia vita non
è stata più la stessa. Ho conosciuto tanti uomini
come me, rovinati dalla persona che amavano.
Ora i figli crescono in un ambiente di odio
e ingiustizia. Ma io vivrò per vedere la fine di
questa piaga. E per assistere ai processi di donne
e giudici che hanno prodotto simili orrori.
Crimini contro la dignità e la libertà dell’uomo.
Contro l’umanità.
Lorenzo B.
Quando si spezza un legame, le conseguenze
spesso sono dure da accettare e digerire. A maggior
ragione se la rottura avviene in situazioni di
grave conflittualità. E in presenza di figli. Usati, talora,
come arma di ricatto e di rivendicazioni. Non
bisognerebbe mai arrivare a questo punto. Una seria
preparazione al matrimonio dovrebbe scongiurare
esiti devastanti per la vita di tutti. Ma quando
si giunge a scelte dolorose e irreversibili, ci sia almeno
la maturità di “lasciarsi” bene.
Pubblicato il 16 agosto 2012 - Commenti (12)
13 ago
Ho sessant’anni. Sono mamma, moglie e nonna. Pensionata statale da
diversi anni. Ho lasciato il lavoro in tempo per seguire la mia famiglia
con tre figli, i genitori anziani e altri familiari alle prese con qualche
malattia. Ieri sera, ho ascoltato alcuni politici in Tv che dicevano tante
belle parole, propositi e rimedi per risanare il Paese e ridare fiducia
ai mercati che, coi loro meccanismi perversi, ci stanno dissanguando.
Ma non sono gli stessi che ci hanno portato a questo disastro? Dicono
che ora ci aspettano i sacrifici. Ma noi ci siamo abituati da tempo.
Loro, forse, no. Noi, come tantissime altre famiglie, abbiamo lavorato
duramente, cresciuto i figli, aiutato i familiari, e fatto quadrare i bilanci
di casa. Chi, invece, ha gestito la cosa pubblica, si è solo preoccupato
dei propri privilegi: stipendi, auto blu, pensioni e vitalizi, servizi gratuiti
ecc... Senza alcun controllo della spesa pubblica. Siamo tutti “nella stessa
barca”, ma a remare sono sempre gli stessi.
Carla - Brescia
Sentire la vecchia politica, cioè
quelli che ci hanno portato a un passo
dalla Grecia, dare lezioni ai cosiddetti
tecnici su come risanare i conti
del Paese, fa davvero ridere. Se la situazione
non fosse così tragica. Non
basta invocare le elezioni come la panacea
di tutti i nostri problemi. Né basta
il semplice consenso popolare per
diventare, automaticamente, saggi e
competenti nella gestione della cosa
pubblica. Ma come si fa ad affidare il
Paese a politici che non sanno trovare
nemmeno la soluzione per una
nuova legge elettorale? O, per dirla
tutta, agli stessi che hanno combinato
la “porcata” elettorale, che sembra
non avere più padri?
Pubblicato il 13 agosto 2012 - Commenti (11)
30 mag
Mi sono decisa a scriverle dopo aver letto la
lettera di Ivana e Umberto (FC n. 20/2012).
Anch’io sono cresciuta con Famiglia Cristiana.
Confesso che, per ragioni economiche, mi era
balenata l’idea di rinunciarci. Ma mi sono resa
conto che non potrei farlo. La nostra rivista è
l’unico “lusso” che mi permetto. Da tempo
sono abituata a tirare la cinghia. Ma anche nei
momenti di difficoltà, aiuto gli altri. Ora,
purtroppo, ho perso il lavoro. Così anche i miei
figli. Può immaginare come si vive. La pensione
di mio marito è spalmata su quattro famiglie.
Sono orgogliosa di aver dato al mondo quattro
meravigliosi ragazzi. Chi ha rubato il loro
futuro? Mi appello ai politici, prima che sia
troppo tardi: «Salvate i giovani. Rinunciate ai
vostri privilegi». Qualcuno non ci crederà, ma
non ho mai mangiato un’aragosta in vita
mia. Ma non ne sento la mancanza.
Rosa Maria C.
Quanta dignità nella tua lettera, cara Rosa
Maria. Nelle tue condizioni, altri si sarebbero disperati.
Tu, invece, riesci a mantenere una compostezza
e una serenità che non si improvvisano.
Sei come la “donna saggia” della Bibbia.
Pur nelle ristrettezze e nelle difficoltà, sai gestire
bene la casa e i tuoi cari. Soprattutto i figli, per i
quali invochi un lavoro. E un’attenzione particolare
da parte dei politici. Non chiedi privilegi
o favori. Ma quel che è necessario per vivere e
crescere i figli. E ci fai capire, con orgoglio, quel
che molti fingono di non voler intendere. Che la
vera ricchezza non sono i soldi, ma i figli. Vale
per la famiglia. E, ancor più, per la società e il
Paese. Purché le istituzioni ne prendano coscienza.
Con concrete politiche familiari.
Pubblicato il 30 maggio 2012 - Commenti (12)
26 apr
Sono d’accordo con il presidente della
Repubblica nel definire indegni dell’Italia
evasori e speculatori. Ma, ancor più indegni,
sono i politici corrotti che hanno tradito la
fiducia dei cittadini. Piuttosto che dedicarsi
al risanamento del Paese, si sono occupati
solo dei propri affari, appropriandosi di
soldi pubblici per pagarsi case, auto, diplomi,
lauree... Politici che hanno contribuito, in
maniera determinante, al declino dell’Italia.
Eppure, non si vergognano. Anzi, continuano
a restare al loro posto. E a condizionare
l’operato di quei “tecnici” che, tra mille
ostacoli, stanno tentando l’ultima carta
per non far scivolare l’Italia nel baratro.
Che cosa dobbiamo aspettarci? Dobbiamo
temere il ritorno degli stessi politici, corrotti
e indegni?
Silvano B. - Cuneo
A mio parere, i partiti non possono
incassare i rimborsi elettorali già previsti.
Quei soldi sono risorse sottratte alle
famiglie. Gli sperperi e la corruzione che,
in continuazione, vengono a galla sono
una provocazione continua nei confronti di
lavoratori e pensionati, cui abbiamo chiesto
tanti sacrifici. Faccio parte della Caritas
parrocchiale e, mi creda, ogni giorno
incontriamo tanta disperazione. Gridiamolo
forte in tutte le piazze, e con tutti i mezzi:
«Quei soldi si devono restituire alle famiglie»!
Silvia A. - Lecco
A qualche politico, che pensa di rifarsi la verginità,
dopo anni di permanenza al governo in
ruoli di primissimo piano, e dichiara di non voler
ritirare a luglio i soldi dei rimborsi elettorali,
bisognerebbe ricordare che restituisce semplicemente
ciò che non gli sarebbe mai spettato. Se
una legge “truffa” non avesse aggirato la volontà
degli italiani, che si erano opposti al finanziamento
pubblico dei partiti. Ora, a scandali in
corso, tutti fanno le “verginelle”. Pensano di
darla a bere ai cittadini con i loro buoni propositi
di trasparenza e controllo sull’uso dei soldi
pubblici ai partiti. Purtroppo, non hanno più
credibilità. Ogni giorno, è sempre peggio per ruberie
e scandali che vengono a galla. Senza un
radicale segnale di ravvedimento e di rinnovamento,
questi partiti rischiano la morte. Non
per colpa dell’antipolitica e del populismo. Che
pur ci guazzano. Ma per responsabilità proprie.
Per eccesso di ingordigia di risorse pubbliche.
Anche in tempi grami, come quelli attuali.
Pubblicato il 26 aprile 2012 - Commenti (13)
04 apr
Carissimo don Antonio, grazie per quanto
ha scritto nell’editoriale “Tagli alle spese
militari, è solo fumo negli occhi” (FC n.
13/2012). Il suo coraggio nel dire la verità,
mi rende orgogliosa di appartenere a questa
Chiesa, con persone come lei. È importante
ricordare ai politici che è ingiusto spendere
tanti soldi per le armi. Il Paese ha altre
priorità. Come responsabile di una
Confraternita di Misericordia, mi
complimento con Famiglia Cristiana anche
per la difesa del servizio civile, ultima
e dimenticata dimensione formativa per
i nostri giovani. Ricordo, con soddisfazione,
le sue rimostranze verso quel ministro “delle
dimissioni annunciate”, per non aver mosso
un dito a favore di una società più solidale.
Anche oggi, con altri responsabili politici, lei
non le manda a dire. Le sue critiche, precise
e circoscritte, le fanno onore come cristiano.
Non molli e non ci abbandoni. Continui
a non farci vergognare di essere cristiani.
Vogliamo camminare sempre a testa alta.
Giancarlo G. - Arezzo
Quando un Paese, come l’Italia, è alle prese
con una gravissima crisi economica, che getta
nella disperazione numerose famiglie con figli
e le fasce più deboli della popolazione, è immorale
spendere miliardi di euro per le spese militari.
Ci sono altre priorità da rispettare. In cima
non ci sono i costosissimi bombardieri F35, di
cui possiamo fare tranquillamente a meno. Soprattutto
in una rinnovata concezione della difesa
dello Stato. E destinare quei soldi alle politiche
del Welfare, su cui sono in atto tagli da vera
“macelleria sociale”. Per risollevare le sorti
del Paese, le famiglie non possono essere spremute
come limoni. Ormai non resta che cavargli
il sangue. Cosa possono dare di più, a secco
come sono, senza lavoro e soldi per il cibo quotidiano?
La scure va calata, anche pesantemente,
là dove si sperperano tante risorse pubbliche.
Sull’acquisto delle armi e sull’elefantiaca
burocrazia statale. Ma anche sui partiti e i loro
cospicui rimborsi, soldi che andrebbero restituiti
ai cittadini. Se ancora sussiste nel Paese un
briciolo di decenza e dignità.
Pubblicato il 04 aprile 2012 - Commenti (14)
22 mar
Sono davvero addolorato di doverle scrivere che, quest’anno,
non posso rinnovare l’abbonamento a Famiglia Cristiana.
Ho quarantatré anni e la rivista è in casa nostra da quando sono
bambino. Della rivista si sono innamorati anche mia moglie
e i miei tre figli, nonché i suoceri che non la conoscevano. Per
me è stata sempre un punto di riferimento importante. Mi piace
perché non parla solo di Dio, come vorrebbe Celentano, ma aiuta
a capire come vivere la fede nella concretezza di ogni giorno.
Purtroppo, sono stato colpito anch’io dalla crisi. Non ho più
lo stipendio e devo fare qualche taglio. Continuerò a leggervi
“a scrocco” da mia madre. Spero, quanto prima, di rifare
l’abbonamento. Continuate così, la rivista è bellissima. I miei
figli la portano a scuola, quando tratta certi temi.
Roberto
La crisi economica morde e si fa sentire nei bilanci delle famiglie.
Come te, caro Roberto, tutti quelli che hanno perso il lavoro sono costretti
a far quadrare i conti. Tagliano il superfluo e anche il necessario.
Noi, come rivista, non riteniamo di essere annoverati nel superfluo
dei costi, ma tra le cose necessarie che aiutano a crescere nella vita.
Per questo, da tempo, abbiamo costituito un fondo alimentato
dagli stessi lettori per aiutare quelli in difficoltà a pagare il rinnovo.
Da lì ho attinto i soldi per garantire a te, caro Roberto, a tua moglie
e ai tuoi ragazzi l’abbonamento a Famiglia Cristiana. Per una piacevole
e “istruttiva” lettura, almeno per un anno ancora.
Pubblicato il 22 marzo 2012 - Commenti (6)
22 feb
Sono una mamma credente, con due bambini. Lavoro non per scelta, ma per necessità. E faccio fatica a conciliare tutto. Ma, almeno, la domenica posso dedicarla alla famiglia, andare a Messa, pranzare tutti insieme, fare una passeggiata o andare all’oratorio. Mi metto, però, nei panni di una povera commessa che, grazie alla liberalizzazione degli orari dei negozi, dovrà lavorare anche nei giorni festivi. Certo, ci sono lavori socialmente utili che non si possono fermare. Ma è proprio necessario fare la spesa di domenica e togliere un altro giorno alla famiglia? La Chiesa dovrebbe intervenire.
Barbara G.
«E il settimo giorno, Dio si riposò». Così è scritto nella Bibbia. Ma questo non vale per noi dipendenti del commercio. La domenica non è più un giorno di festa, da trascorrere in armonia con la propria famiglia. E andare a Messa, per chi ci crede. Tutto ciò ci è impedito dal Governo Monti. Mi dispiace che nessuno tuteli i nostri diritti. Neppure il suo settimanale ne ha parlato. Come mai?
Daniele
Mi spiace dovervi smentire, cari Barbara e Daniele. La Chiesa è intervenuta in più occasioni. Di recente, a gennaio, il cardinale Bagnasco ha detto parole chiare al Consiglio permanente della Cei. Ma anche sulle nostre pagine e su FC on-line non sono mancati interventi a difesa della domenica come “giorno del Signore” e momento di ritrovo per la famiglia. Non più tardi della settimana scorsa, il nostro teologo, Luigi Lorenzetti, ci ha ricordato come una società civile deve darsi una giusta legislazione sul lavoro. «Non è proprio un modello di società», ha scritto, «quello che vede le persone, per tutta la giornata e buona parte della notte, in negozio o in ufficio, quasi che tutto il resto sia secondario. La preoccupazione aumenta se questa logica occupa anche la domenica e i giorni festivi». Il riposo, la festa e le relazioni familiari non vanno sacrificati al “dio consumismo”.
Pubblicato il 22 febbraio 2012 - Commenti (11)
14 dic
Ho letto l’articolo: “Una nota stonata nel Governo Monti” (FC n. 50/2011). Indiscutibile il valore della famiglia. Ma non le pare che stiamo esigendo l’inverosimile da questo nuovo Governo? Appena nato, sta fronteggiando nodi problematici immani. Con una umiltà “da esaurimento” dialoga con tutti. Non mi pare sia disimpegnato, a cominciare dal suo presidente. Non sarà esplicitata la parola famiglia, ma nel programma c’è il rilancio dell’occupazione giovanile. Una speranza per il futuro di nuove famiglie. Insomma, lei è inflessibile e rigido nei giudizi. Un Governo così, l’Italia se lo sogna un’altra volta! Non giochiamo alla santità assoluta. Spezziamo qualche lancia in più di incoraggiamento a questa nuova gente politica. Si stanno accollando pesi inverosimili per il bene del Paese.
Antonietta L. - Padova
D’accordo con te, cara Antonietta. Il Paese ha percepito aria nuova, meno ammorbata da interessi personali e di casta. Ha salutato con entusiasmo il cambio alla guida del Paese. L’opinione pubblica sostiene questo nuovo esecutivo più di quanto non facciano gli stessi parlamentari, che scherzano con il fuoco, ricattando o minacciando di ritirare la fiducia. Quasi non fossero ancora consci della gravità della situazione. E, soprattutto, non avessero compreso l’indignazione e la rabbia della gente, difficile da controllare quando non sa più che dare da mangiare ai propri figli. Proprio per questo, ci voleva più equità negli interventi. E più coraggio nel combattere privilegi, evasioni e corruzione. Spremere i poveri è semplice, lo si è sempre fatto. Avremmo voluto più audacia nel far pagare ricchi e benestanti. Nel tassare i “capitali scudati”, che se hanno pagato una tassa (lieve) per rientrare in Italia, non godono però di immunità perenne. Una cartina da tornasole sarà l’asta delle frequenze televisive. Se verranno regalate ai soliti noti (Rai e Mediaset), vuol dire che c’è ancora tanto cammino da fare nell’equità. O che siamo sotto ricatto. Se c’è qualcosa da regalare, lo si dia ai lavoratori, ai pensionati e alle famiglie.
Pubblicato il 14 dicembre 2011 - Commenti (21)
30 nov
Ho appena finito di leggere “La lettera della settimana” (FC n.
48/2011). Volevo fare qualche considerazione. Ho cinquantadue
anni e sono un agente di commercio. A causa della crisi economica
e della cronica insolvenza delle aziende, sono sull’orlo della
bancarotta. Mia figlia ha dovuto interrompere gli studi e trovarsi
lavoro in un call center. Le banche mi stanno uccidendo. E non solo
finanziariamente. Confesso che, più volte, ho meditato di farla finita.
Non sopporto l’idea di non riuscire, col mio lavoro, a mantenere
la famiglia. Negli ultimi anni, per tenere in piedi la mia attività,
mi sono mangiato i risparmi di una vita. Mi resta solo la casa.
Se il nuovo Governo ripristinerà l’Ici, non sarò in grado di pagarla.
Per altri, con stipendi a sei zeri, anche la tassa patrimoniale non
gli cambierà la vita. A me, invece, l’ennesimo balzello toglierebbe
quella poca voglia di vivere che mi è rimasta.
Fabio D.
La tua situazione, caro Fabio, ti accomuna a tanti altri lavoratori in
stato di crisi. O che già hanno perso l’occupazione. La disperazione è la
tentazione più facile. Soprattutto quando si chiudono le porte in faccia.
Sono questi i problemi che la politica, quella “alta” a servizio dei cittadini,
che ha a cuore la dignità delle persone, dovrebbe tenere ben presente.
In ogni provvedimento. Casi come il tuo non possono essere delegati alle
associazioni di volontariato, alla Caritas o a iniziative come quella del
cardinale Tettamanzi, che ha istituito un fondo “Famiglia e lavoro” per i
disoccupati e le famiglie in difficoltà. Una società più solidale deve partire
dagli ultimi. Dal basso. Da quelli che faticano a fare un pasto al giorno.
Perché la via della disperazione non sia l’unica scelta.
Pubblicato il 30 novembre 2011 - Commenti (8)
14 nov
Si parla tanto di crisi
economica. E come
i cittadini dovrebbero
affrontarla. Intanto, la
politica si occupa di altro.
Per aiutare le famiglie
consiglierei di tenere aperte
le scuole dell’infanzia oltre
le ore sedici del pomeriggio.
Non tutti possono avere una
baby sitter o contare sui
nonni per andare a prendere
i bambini. A chi obietta che
così aumenterà il costo delle
maestre, io porto la mia
esperienza di infermiere.
A noi chiedono di tutto e di
più. A costo zero. Qualcosa
va fatto per rendere la crisi
meno pesante.
Eugenio
In momenti di crisi, l’appello
perché tutti diano il proprio
contributo per uscire dal tunnel
è indispensabile. Anzi, vitale
per risollevare il Paese. Ma
occorre essere credibili nel chiedere
ulteriori sacrifici. Soprattutto
a chi, con onestà, ha sempre
fatto il proprio dovere. E occorre
anche un progetto condiviso,
perché i contributi dei cittadini
vadano a buon fine. Soprattutto,
per dare un lavoro e
una speranza di futuro ai nostri
giovani. Non per alimentare
nuovi privilegi o sperperi di
chi non sa che cos’è il bene comune,
l’interesse di tutti. E usa
ogni espediente per sottrarsi
anche al più piccolo sacrificio.
E al più elementare senso di solidarietà
e condivisione.
Pubblicato il 14 novembre 2011 - Commenti (0)
09 nov
Ho letto sul vostro sito il commento sulla Manovra finanziaria.
Lo condivido in pieno. E sono molto arrabbiato per quanto
costerà alla mia famiglia, con moglie e tre figli minori a carico.
Il peso della Manovra graverà più su di me a reddito fisso che
su chi si gode una pensione d’oro. Tra blocco dello stipendio di
due anni (già in vigore) e tagli previsti alle voci assegni, mense,
trasporti, libri di testo... sarà difficile stare a galla. Mi sarei
aspettato l’introduzione del “quoziente familiare”, tante volte
promesso. O l’abolizione delle province, la riduzione delle
spese militari, il taglio del numero dei parlamentari e dei loro
emolumenti, benefici e privilegi. Mi fanno inorridire anchei politici cattolici che non stanno dalla parte delle famiglie,
dei valori e del bene comune.
Luigi
Sono un metalmeccanico con moglie e due figli a carico. Sono
indignato, per non dire peggio, per questa Manovra “lacrime
e sangue” che si accanisce sui ceti più bassi. Ed elimina sgravi
e agevolazioni per le famiglie numerose. Soprattutto, per quelle
monoreddito. I nostri cari parlamentari, invece, non si privano
di nulla. E se rinunciano a qualcosa, questo avverrà a partire dalla
prossima legislatura. Non se ne può più di questa “casta”, che i
sacrifici li chiede solo agli altri. Mentre noi facciamo i salti mortali
per sbarcare il lunario, questi “vergognosi” godono di una serie
di privilegi. Un oltraggio per chi non ce la fa. Ma non sono stati
eletti per servire i cittadini? Forse, è il momento di denunciare,
con ogni mezzo, queste palesi ingiustizie contro chi lavora
onestamente e paga le tasse fino in fondo.
Fabio P.
Ormai alle promesse dei politici non crede più nessuno. Così come
alla loro disponibilità a concorrere, adeguatamente, per risollevare le
sorti del Paese. Con tanta demagogia, da veri tromboni, hanno annunciato
tagli e riduzioni. Dal numero dei parlamentari agli emolumenti.
Ma non subito. Tutto è rimandato alla prossima legislatura. Ai
cittadini, invece, i sacrifici si chiedono subito. E sempre più pesanti.
Non c’è equità sia nei pesi che nei trattamenti. La credibilità non si conquista
a parole, ma con gesti concreti, trasparenti. Anche perché c’è
sempre il sospetto (avvalorato da precedenti) che se i politici si tolgono
qualcosa con la mano sinistra, la recuperano abbondantemente
con la destra. Senza diversità tra gli schieramenti. Con un tacito accordo,
non intaccano mai il monte privilegi di cui godono.
Pubblicato il 09 novembre 2011 - Commenti (12)
24 set
Sono una cinquantenne, insegnante, sposata con due figli, cattolica praticante,
abbonata a Famiglia Cristiana, e lettrice da quand’ero bambina. Pochi giorni
fa, ho letto l’intervista a una delle escort che si sono arricchite “vendendosi”
il corpo. Di fronte a tanto degrado, dove sono gli organizzatori del Family Day?
Non si rendono conto di quanto sia pericoloso il messaggio che tutto è in vendita,
tutto si può comprare? Paradossalmente, leggi contro la famiglia tipo Pacs e Dico
forse non avrebbero portato un tale sovvertimento di valori nella società, come
sta avvenendo con questi stili di vita sfacciatamente immorali. Sono disgustata.
Ritengo che la Chiesa non possa tacere.
Giovanna C. - Reggio Emilia
Dalla Chiesa, a dire il vero, non sono mancate
parole di verità. Anche forti. Rammento
l’omelia di monsignor Mariano Crociata, nel
luglio del 2009, per la festa di santa Maria
Goretti: «Qui non è in gioco un moralismo
d’altri tempi», disse il segretario della Cei, «è
in pericolo il bene stesso dell’uomo. Assistiamo
a un disprezzo esibito nei confronti di tutto
ciò che dice pudore, sobrietà, autocontrollo
e allo sfoggio di un libertinaggio gaio e irresponsabile
che invera la parola lussuria…
salvo poi, alla prima occasione, servirsi del richiamo
alla moralità, prima tanto dileggiata a parole e con i fatti, per altri scopi, di tipo
politico, economico o di altro genere». Parole “profetiche”. Purtroppo, una voce quasi
isolata in un coro per lo più muto. Hanno scalfito, ma non inciso come avrebbero dovuto.
Forse, c’è ancora qualche “prudenza diplomatica” di troppo.
D.A.
Pubblicato il 24 settembre 2011 - Commenti (1)
14 set
Ho sentito alla radio un ragazzo sostenere che i giovani non si sposano e non fanno figli perché c’è la crisi. Ma i concerti rock sono affollatissimi. Così come le discoteche, dove si ubriacano e fanno uso di droga. Da dove prendono il denaro per telefonini e abiti firmati? Quanto costa il motorino, e chi mantiene le auto per ogni componente della famiglia? Nessuno rinuncia alle vacanze. Le ragazzine fanno ricorso a costosi ritocchi chirurgici. Nessun pensiero, invece, ai figli. Almeno fino a quarant’anni, quando scatta il raptus di maternità. Cinque milioni di immigrati hanno trovato lavoro in Italia. La litania sugli aiuti ai giovani è deviante, quasi quanto le quote rosa. Chi vuole farcela, si rimbocchi le maniche. Come hanno fatto i nostri nonni nel dopoguerra.
Paolo B.
Analisi impietosa la tua, caro Paolo. Ma anche poco generosa nei confronti dei giovani, di cui salvi proprio ben poco. Non hai torto nell’invocare uno stile di vita più sobrio. E nel denunciare che viviamo al di sopra delle nostre possibilità. Come dimostra la crisi economica, da cui facciamo fatica a risollevarci. Ma il vero problema non sono i giovani. Prima di puntare il dito, dovremmo interrogarci sugli squallidi modelli di vita che stiamo loro offrendo. Gli stiamo “rubando” il futuro e la speranza. Vivono e si sfogano di notte, tra discoteche e bar, forse perché di giorno non li facciamo sentire protagonisti. Li abbiamo abbandonati al loro destino.
Pubblicato il 14 settembre 2011 - Commenti (9)
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