Don Sciortino

di Don Sciortino

Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.

 
30
ago

"L'agonia del matrimonio"

Caro don Antonio, sono un suo fedele lettore. Complimenti, intanto, per il vostro lavoro giornalistico: autorevole e formativo. Le scrivo con un certo imbarazzo. Ho quarantatré anni, sposato da undici, con due bambini di otto e cinque anni. Da mesi, vivo l’agonia del mio matrimonio. E sto maturando la decisione di separarmi da mia moglie. In realtà, quando decisi di sposarla, avevo presente qualche sua diversità caratteriale, ma pensavo che, con il tempo, avremmo trovato il giusto equilibrio. Invece, mi sono sbagliato. Eppure, lei era innamoratissima. E anche cattolica e praticante molto più di me. In questi anni, l’ho aiutata a diventare insegnante. Da sola non ci sarebbe mai riuscita, per la sua perenne incostanza. L’ho assecondata in tutti i suoi desideri bizzarri e irrefrenabili. Compra scarpe e borse in continuazione. Non riesce a gestire le sue “pulsioni”. Non ha mai tempo per la riflessione o la lettura. È così possessiva dei figli che non li ha mai lasciati un solo giorno con mia mamma. L’ha privata del diritto d’essere nonna. Le visite sono sempre state brevi e centellinate al massimo. Insomma, ho tenuto botta per quello che ho potuto. Certo, ci sono state anche liti e sfuriate. Ma le abbiamo superate. Però, mentre io mi arrovellavo nel dispiacere, a lei tutto scivolava via come acqua del fiume. Siamo andati assieme da uno specialista per migliorare la nostra vita di coppia. Ma, al dunque, invece di aprirsi, si è trincerata nel silenzio. O ha raccontato una serie di bugie.

In questi ultimi mesi, la situazione è molto peggiorata. Sono subentrati gravi problemi economici. La mia azienda è fallita, l’abitazione è stata messa all’asta. Mi barcameno tra avvocati, cause, “avvoltoi” e instabilità economica. Ciononostante, ho tenuto fuori dalle mie preoccupazioni la famiglia. Ho solo chiesto a mia moglie una condotta di vita più parca. Mentre io continuo a pagare rate di prestito mensili, bollette e la mensa dei bambini, lo stipendio di mia moglie scompare nei rivoli delle sue “spese inutili”. Ho provato a giustificarla. In effetti, ha avuto un’infanzia difficile, con un “padre padrone” che ha represso le sue aspettative adolescenziali. Ma, a quarant’anni, bisogna aver fatto i conti con il passato. Non si può fare la vittima a vita. Tanto più se si hanno dei figli da crescere.

Ora, nel momento in cui avrei bisogno di una donna che mi dia aiuto e sostegno, mi ritrovo solo. Da solo con i miei problemi e la mia stanchezza. Ho parlato della mia vicenda ad amici fidati. Alcuni mi hanno invitato a resistere. Altri a mollare. Sono sfiduciato. Non posso vivere con questo peso sullo stomaco. Nei momenti di maggior sconforto ho pensato di farla finita. Mi ha frenato il pensiero dei miei bambini, che sarebbero rimasti senza il loro papà. È giusto soffrire così tanto? Non sarebbe meglio separarsi? Se dovesse pubblicare questa lettera, la prego di omettere tutto ciò che potrebbe renderla riconoscibile. La reazione di mia moglie sarebbe violenta. Per lei l’immagine è più importante della sostanza.

Lettera firmata

Un conto è tenere fuori la famiglia dalle preoccupazioni d’una grave crisi economica per il fallimento dell’azienda, altra cosa è tenerla del tutto all’oscuro. Come sembra sia avvenuto, secondo il racconto di questa lettera. E, soprattutto, considerati i comportamenti della moglie, che continua a sperperare i soldi in “spese inutili”. Nonostante il marito sia alla “canna del gas” e abbia pensato di farla finita per sempre, se non lo avesse frenato il pensiero dei figli, che resterebbero senza il papà. Più che invitare la moglie a una vita più sobria, sarebbe stato meglio farle un discorso di verità. Mettendola di fronte alla grave situazione familiare. E alle sue responsabilità.

A quarant’anni, e con due figli, non ci si può permettere di giocare con la vita. E prolungare, a tempo indeterminato, l’immaturità e il periodo dell’infanzia. Non ci sono ragioni per farlo. Un’infanzia difficile, con un “padre padrone”, semmai, avrebbe dovuto portare a una diversa maturità. Non è più il tempo delle bambole. Ma quello dei piedi per terra. Occorre uscire da questo dorato isolamento, in cui si culla e trastulla. Senza pensieri e riflessioni: ma solo per assecondare le proprie pulsioni d’acquisto e i tanti capricci. È un castello di carta che, quanto prima, può crollare, travolgendo tutti e tutto. In modo impietoso e senza ritorno. A questo punto, non si tratta – come consigliano gli amici – di “resistere” o “mollare”, o di pensare alla separazione. Ma di prendere il coraggio a due mani e affrontare la realtà. A partire da uno schietto confronto familiare. Come non è mai stato fatto in passato. Non basta una semplice litigata, che lascia le cose come stanno. Bisognava prendere posizioni ferme da subito. Come quando le manie possessive nei confronti dei figli privavano i suoceri del diritto d’essere nonni. O di avere a casa, per pranzo o momenti di piacere, il figlio e i nipotini. Certo, i gravi disagi economici non facilitano il compito. Ma è questo il momento di capire se si è sposati una donna, o se si vive accanto a una quarantenne viziata e immatura.

C’è una cosa, però, che mi fa dubitare della capacità del lettore di saper reagire come si dovrebbe in questa situazione, al limite dell’irreparabile. È quanto scrive alla fine della lettera. Cioè la paura di scatenare la reazione violenta della moglie, se la loro vicenda familiare dovesse venire a galla. Per non rovinare l’immagine agli occhi della gente. Ma se questa è la preoccupazione, è urgente una forte scossa.

Pubblicato il 30 agosto 2012 - Commenti (10)
29
ago

Quando i corrotti si moltiplicano

Nella situazione in cui siamo, ognuno deve fare il proprio dovere. A cominciare dalle cose più piccole. Anche a livello di linguaggio. Sul tema della legalità, ad esempio, io non dico più «la corruzione dilaga», ma «i corrotti si moltiplicano». Così come non «l’evasione in Italia…», ma «gli evasori italiani…». Basta: non siamo solo spettatori di quanto accade intorno a noi. Dobbiamo assumerci le nostre responsabilità. Parlare delle istituzioni in modo generico è fuorviante. Le leggi sono state votate da persone ben precise. Sogno una Famiglia Cristiana che, con i suoi interventi, dia un seguito a questa concretezza.

Un lettore

Di questa lettera, prima ancora dell’invito alla concretezza di linguaggio che dovremmo usare ogni giorno, mi piace il richiamo alla responsabilità personale. In tutto. Dalle cose più semplici alle vicende che riguardano le istituzioni e la politica del Paese. Basta, dice il lettore, alle deleghe in bianco. Alla distanza che separa noi comuni cittadini da coloro che sono chiamati a gestire la “cosa pubblica”. Questa coscienza civica s’è un po’ persa nel tempo. Così, sono dilagate corruzione e illegalità varie. Anche se stiamo assistendo a qualche “risveglio civico”, il cammino della piena responsabilità è ancora lungo.

Pubblicato il 29 agosto 2012 - Commenti (9)
23
ago

Tra accattoni e veri poveri

In un Comune in provincia di Alessandria, il sindaco ha firmato un’ordinanza che vieta ogni forma di accattonaggio su tutto il territorio comunale. Sì, ogni forma. E non solo quella molesta o dove si sfruttano minori o animali. Peccato, però, che chiedere l’elemosina non sia un reato. L’ha fatto per ragioni di consenso elettorale, sulla scia di quelle pratiche xenofobe della Lega, che fa parte della stessa coalizione. Sono già stati arrestati due accattoni, ma nessuno si preoccupa di dove andranno. L’importante è che scompaiano dalla città. Ma perché non si guardano in faccia le persone? Perché non si ascoltano le loro storie? Perché non si dialoga per risolvere insieme i problemi? Certo, è più facile avere il consenso con un’azione demagogica, piuttosto che impegnarsi nella ricerca di una soluzione. È più facile inventare nuovi reati, piuttosto che fare prevenzione e cura sul territorio. Come credente mi chiedo: ci dice ancora qualcosa il Vangelo che ogni domenica ascoltiamo a Messa? Chiedere l’elemosina è un diritto: si può abolire? Possiamo far finta di non vedere il mendicante, ma non possiamo non vedere che la povertà esiste ancora e avanza sempre più. Girarsi dall’altra parte non aiuta nessuno. Neppure noi. Mi sembra che si vada verso una società sempre più egoista, dove si è forti con i deboli e deboli con i forti. Sbaglio?

Andrea Z.

Non è successo solo in un Comune dell’Alessandrino, ma in più paesi d’Italia i sindaci hanno vietato di chiedere l’elemosina sul loro territorio. Anche qui, occorre distinguere i veri poveri da coloro che sfruttano minorenni o persone storpiate di proposito per illeciti affari. La malavita che lucra sfruttando i buoni sentimenti della gente, va stroncata. Non ci sono dubbi. Ma allontanare i poveri per ragioni di consensi elettorali o di decoro dell’ambiente, dalle piazze o anche dai sagrati delle chiese, è altra cosa. Nulla vale più della dignità di una persona. Anche se sporca o coperta di stracci. Nell’attenzione ai poveri i cristiani dovrebbero essere “maestri”. Un esempio per la società civile. Basterebbe rileggersi il Vangelo. In particolare, Matteo capitolo 25.

Pubblicato il 23 agosto 2012 - Commenti (5)
21
ago

Lo sfarzo nella Chiesa

Sono tra coloro che non riescono ad affermare la propria fede debole senza incredulità e dubbi. Il dolore quasi insopportabile di sciagure, di figli strappati alla vita precocemente dalla malattia o dalla brutalità, di orrori compiuti da uomini verso altri esseri umani, mi pongono tanti interrogativi. Mi disturbano anche i cerimoniali, gli addobbi, gli sfarzi, i riti solenni che la Chiesa usa praticare. Li vedo stridere con l’essenzialità evangelica. Mi fanno sentire spettatore di eventi scollegati con la realtà quotidiana. Preferirei riti e abiti semplici, sobri, se non poveri. Gli scandali dovuti a innumerevoli casi di pedofilia e a quelli finanziari, contribuiscono a gettare discredito sulla Chiesa, soprattutto perché le parole di autocritica e la richiesta di scuse paiono arrivare tardivamente. E ancora debolmente. Si predica una morale rigida, si esalta la famiglia e si tace su condotte devianti gravi e dannose. Tutto ciò alimenta un certo comprensibile anticlericalismo, ma mette in difficoltà la nostra debole fede di credenti.

Manlio R.

La testimonianza della Chiesa è spesso offuscata da stili di vita poco sobri. O da scandali che coinvolgono preti e vescovi, che vengono meno al loro impegno di consacrazione a Dio. Cedono alla debolezza della “carne” o alle sirene del successo e dei soldi. Ciò non inficia affatto il messaggio evangelico. Anche se questi episodi vengono enfatizzati da giornali e Tv, che amano i pettegolezzi sugli uomini di Chiesa. E danno l’idea che tutta l’istituzione ecclesiale sia corrotta e perversa. È vero che un albero che cade fa più rumore di una foresta che cresce, ma nel mondo centinaia di cristiani muoiono martiri per la fede. Ma non fanno notizia.

Pubblicato il 21 agosto 2012 - Commenti (15)
16
ago

«Mia moglie si è presa tutto»

Ero un ventenne libero e felice. Avevo la mia indipendenza, un lavoro, una famiglia. Poi, un giorno, mia moglie mi ha tradito ed è andata via. Neppure il tempo di lenire le ferite, e un giudice ha deciso che lei avesse tutto. Così, non ho avuto più i miei soldi, la casa, i figli, la mia libertà. Il più grande shock della mia vita. Sono dieci anni che vivo così. Corpo e mente portano i segni di una persona che non ha smesso di lottare. Ma, da allora, la mia vita non è stata più la stessa. Ho conosciuto tanti uomini come me, rovinati dalla persona che amavano. Ora i figli crescono in un ambiente di odio e ingiustizia. Ma io vivrò per vedere la fine di questa piaga. E per assistere ai processi di donne e giudici che hanno prodotto simili orrori. Crimini contro la dignità e la libertà dell’uomo. Contro l’umanità.

Lorenzo B.

Quando si spezza un legame, le conseguenze spesso sono dure da accettare e digerire. A maggior ragione se la rottura avviene in situazioni di grave conflittualità. E in presenza di figli. Usati, talora, come arma di ricatto e di rivendicazioni. Non bisognerebbe mai arrivare a questo punto. Una seria preparazione al matrimonio dovrebbe scongiurare esiti devastanti per la vita di tutti. Ma quando si giunge a scelte dolorose e irreversibili, ci sia almeno la maturità di “lasciarsi” bene.

Pubblicato il 16 agosto 2012 - Commenti (12)
13
ago

Sempre i soliti a remare

Ho sessant’anni. Sono mamma, moglie e nonna. Pensionata statale da diversi anni. Ho lasciato il lavoro in tempo per seguire la mia famiglia con tre figli, i genitori anziani e altri familiari alle prese con qualche malattia. Ieri sera, ho ascoltato alcuni politici in Tv che dicevano tante belle parole, propositi e rimedi per risanare il Paese e ridare fiducia ai mercati che, coi loro meccanismi perversi, ci stanno dissanguando. Ma non sono gli stessi che ci hanno portato a questo disastro? Dicono che ora ci aspettano i sacrifici. Ma noi ci siamo abituati da tempo. Loro, forse, no. Noi, come tantissime altre famiglie, abbiamo lavorato duramente, cresciuto i figli, aiutato i familiari, e fatto quadrare i bilanci di casa. Chi, invece, ha gestito la cosa pubblica, si è solo preoccupato dei propri privilegi: stipendi, auto blu, pensioni e vitalizi, servizi gratuiti ecc... Senza alcun controllo della spesa pubblica. Siamo tutti “nella stessa barca”, ma a remare sono sempre gli stessi.

Carla - Brescia

Sentire la vecchia politica, cioè quelli che ci hanno portato a un passo dalla Grecia, dare lezioni ai cosiddetti tecnici su come risanare i conti del Paese, fa davvero ridere. Se la situazione non fosse così tragica. Non basta invocare le elezioni come la panacea di tutti i nostri problemi. Né basta il semplice consenso popolare per diventare, automaticamente, saggi e competenti nella gestione della cosa pubblica. Ma come si fa ad affidare il Paese a politici che non sanno trovare nemmeno la soluzione per una nuova legge elettorale? O, per dirla tutta, agli stessi che hanno combinato la “porcata” elettorale, che sembra non avere più padri?

Pubblicato il 13 agosto 2012 - Commenti (11)
09
ago

Lavoro più di 16 ore, lo sa Monti?

Leggo Famiglia Cristiana da quand’ero bambina. Ho cinquantotto anni e quasi quaranta di lavoro alle spalle. Quando torno a casa la sera, oltre ai lavori domestici, accudisco mio marito disabile grave. Se metto assieme i miei impegni, praticamente lavoro dalle 6.30 del mattino fino alle 23 di sera. La manovra del Governo Monti sulle pensioni mi ha gettato nello sconforto. Dov’è l’attenzione per la famiglia?
Nemmeno sfiorata! Centinaia di migliaia di lavoratrici sono nella mia stessa situazione, con un familiare disabile grave o genitori anziani da accudire. Per queste persone quarant’anni di lavoro contributivo non sono abbastanza per la pensione? Perché non si chiede di più a quegli italiani che, nonostante la crisi, si sono arricchiti tantissimo? O a quel dieci per cento della popolazione che possiede il cinquanta per cento della ricchezza del Paese? Togliere qualcosa a questi è portare via il superfluo. Diverso è infierire su chi fatica ad arrivare a fine mese. Lo dica al presidente Monti!

Franca C.

Quanto mi dici, cara Franca, ho avuto modo di riferirlo direttamente al presidente Monti, nell’intervista che gli ho fatto. Due i temi su cui ho insistito tanto: primo, la necessità di una politica familiare degna di questo nome, perché le famiglie sono la vera risorsa del Paese, il volano per uscire dalla crisi. Secondo, l’urgenza di un fisco più equo, che prenda i soldi dove ci sono. E basta spremere pensionati, lavoratori e famiglie come fossero limoni. Il presidente Monti mi è parso convinto delle argomentazioni, anche se ho avuto l’impressione che non abbia le mani del tutto libere per incidere pesantemente su alcuni settori. Senza una maggioranza propria, la vecchia politica prova continuamente a metterlo all’angolo. La nobiltà delle intenzioni cede il passo ai ricatti. Avanzati, per lo più, in modo subdolo. Proprio da chi l’appoggia in Parlamento, ma subito dopo lo contesta nelle piazze. E trama sottobanco per farlo cadere. Altro che pacificazione nazionale!

Pubblicato il 09 agosto 2012 - Commenti (16)
08
ago

Oggi non è facile vivere con coerenza

La lettera di Maurizio G., che attribuisce all’onestà la sua condizione di disoccupato (FC n. 49/2011), mi ha convinta a scriverle e far risentire la mia voce in “famiglia”. Oggi, la coerenza al Vangelo non paga. Glielo dice una persona che ne ha viste di tutti i colori per mantenere integra la sua identità morale. Non mi considero una santa né una martire. Voglio solo vivere gli ideali che mi sono stati trasmessi in famiglia, ma anche a scuola e in parrocchia. Sono una persona come tante. Sono fuggita dalla Sicilia per non dover attendere le calende greche per essere immessa in ruolo a scuola. Sono andata via, mio malgrado, dal Sud. Ma ne è valsa la pena. Nonostante le difficoltà incontrate.
Se al Sud c’è una mentalità mafiosa, il Nord non è immune da forme di razzismo. Mi sono inserita nella cittadina in cui lavoro, ma non sempre mi è permesso di “far sentire la mia voce”. Mi è successo anche in parrocchia. Sono stata costretta a dimettermi da catechista perché stavo acquisendo troppo “potere”. A scuola, poi, devo stare attenta a ciò che dico. Non puoi neanche ammonire un ragazzo che bestemmia. Non è facile essere cristiani e vivere con coerenza. Molto più semplice è mostrarsi qualunquisti e opportunisti. Ma io non voglio compromessi con la mia coscienza.

Una ragazza del Sud

Vivere con coerenza il Vangelo non è stato mai facile. Oggi, ancor di più. La nostra società, sempre più laica e individualista, si è allontanata dai princìpi evangelici. Mira al successo, da ottenere a ogni costo. I valori cui punta sono bellezza, sesso e soldi da fare subito e tanti. Anche qui, non importa con quali mezzi e vie da percorrere. La dignità della persona è svalutata e calpestata. Non ci si pensa due volte, se serve a raggiungere lo scopo, a mettere in vendita tutto: dalla lealtà al corpo. Il Vangelo, invece, ci invita ad andare controcorrente. È scomodo, se vissuto e testimoniato nella sua interezza. Senza sconti o facili addomesticamenti. La verità, spesso, ha un prezzo da pagare. Ma se non fosse così, vorrebbe dire che i cristiani sono diventati scipiti. Non sono più segno di distinzione. E anche di contraddizione. Tanto meno sono sale del mondo. O lievito che fa fermentare la pasta. La coerenza etica è una grande virtù. Soprattutto perché ci fa evitare di scendere a facili compromessi con la nostra coscienza.

Pubblicato il 08 agosto 2012 - Commenti (1)
02
ago

Chiesa, casta e gesti concreti

Sono un fedele abbonato, felice di far parte della folta schiera dei suoi lettori. Mi sono deciso a scriverle dopo aver letto il Primo piano “Un colpo d’ala contro la vecchia politica” (FC n. 25/2012). Vorrei fare una sola considerazione: perché la Chiesa, oltre a criticare la “casta” politica, non fa qualche gesto concreto? Potrebbe, ad esempio, evitare di andare a braccetto con personaggi pubblici discussi. E formare meglio i cattolici alla politica, con maggiore senso sociale e del bene comune. È mai possibile che, in momenti di grave crisi economica, la maggiore preoccupazione di tanti parlamentari sia solo quella di come mantenere il posto alle prossime elezioni? Chi di loro è andato nelle zone terremotate e si è interessato delle condizioni di quella gente? Purtroppo, passa l’idea che la Chiesa non agisca per paura di perdere i propri “vantaggi” terreni.

Roberto C.


La Chiesa deve educare alla legalità e rompere ogni legame che possa farla apparire connivente coi corrotti e con chi non rispetta la legge. Sono in molti a cercare la copertura ecclesiale. E a nascondere sotto il “velo cristiano” comportamenti e traffici poco leciti. Che fanno a pugni col Vangelo. La malavita organizzata, come mafia e camorra, ha in grande considerazione religione e riti sacri. Un rispetto formale di primissimo ordine. Non mancano Vangeli e Bibbia nei rifugi dei mafiosi. Qualche santuario è luogo di ritrovo. Sono munifici nelle offerte per feste e processioni di santi patroni. Ma usano la religione per i propri scopi. Per rafforzare il proprio prestigio agli occhi della gente. Ma guai alla Chiesa che si lascia strumentalizzare e soggiogare da tanta ipocrisia religiosa. La beatificazione di don Puglisi è un bel segnale perché ci si purifichi da queste scorie. E da ogni forma di connivenza. La Chiesa deve puntare sulla formazione delle coscienze e sull’educazione all’onestà e alla legalità. Il migliore antidoto contro una diffusa mentalità mafiosa e clientelare. A ogni livello.

Pubblicato il 02 agosto 2012 - Commenti (27)
02
ago

Il Dalai Lama e il Papa

Su alcuni giornali ho letto diversi articoli che esaltavano il Dalai Lama e la sua visita alle popolazioni emiliane colpite dal terremoto. Fin qui tutto bene. Quel che più mi ha disturbato, invece, è stato il confronto critico con Benedetto XVI. Alla semplicità del Dalai Lama veniva contrapposto il corteo di polizia, carabinieri, autorità locali e nazionali che accompagnavano il Papa. A mio parere, è una critica pretestuosa. Fatta da persone che hanno sempre il fucile puntato sul Papa e la Chiesa. Ogni pretesto è buono per sparare. Come si fa a mettere sullo stesso piano un privato cittadino qual è il Dalai Lama, con una figura dalla caratura internazionale come il Papa? Siamo grati al Dalai Lama per il suo gesto di beneficenza, ma non facciamo confronti improponibili.

Mario V.


Il confronto non è soltanto improponibile, come dici tu, caro Mario. È, soprattutto, pretestuoso. Viziato da sentimenti anticlericali. E fatto da persone che, se possono parlare male della Chiesa e del Papa, non si lasciano sfuggire l’occasione. Sono le stesse persone che, all’occorrenza, si sarebbero lamentate se il Papa non si fosse recato a visitare le genti colpite dal terremoto. I confronti sono sempre antipatici, ma c’è un abisso tra la presenza del Papa e quella del Dalai Lama. Non dimentichiamo che Benedetto XVI è anche il “capo” di quella Chiesa che non solo ha avuto vittime tra i terremotati, ma ha anche messo in campo aiuti e volontari per alleviare le sofferenze delle popolazioni.

Pubblicato il 02 agosto 2012 - Commenti (2)
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