di Don Sciortino
Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.
30 mag
Ho quarant’otto anni. Sono
lavoratrice a tempo pieno
e ho due figli. A fine settimana,
arrivo molto stanca e cerco
di occupare il poco tempo
disponibile nella cura della casa
e dei figli. Come tante donne.
Mia madre, al sabato mattina,
si presenta sempre da me per
essere accompagnata al cimitero
per andare a trovare mio padre.
E questo, ormai, dura da dieci
anni. Premetto che l’ho sempre
accompagnata con tanto piacere,
ma ultimamente mi è diventato
un peso. Mi sento obbligata.
O quasi. E non c’è nessun altro
che la vuole accompagnare,
perché ognuno ha i suoi impegni.
Mia madre vuole andare,
tassativamente, ogni settimana.
E se non l’accompagno mi sento
in colpa.
Franca S.
Visitare i propri cari al cimitero è
cosa sacrosanta. È gesto che esprime
comunione di affetti e rafforza
non solo il ricordo, ma anche gli insegnamenti
che ci hanno lasciato.
Lo faccio anch’io coi miei genitori,
sepolti nel piccolo cimitero del paese
in cui sono nato, in Sicilia.
Ogni
occasione è buona, anche per pochi
minuti, per un saluto, una preghiera
e un fiore da deporre sulla loro
tomba. Per questo comprendo tua
mamma, che mantiene nel tempo
un legame di amore, più forte della
morte. Un po’ meno la capisco,
quando è così ossessiva con i vivi,
cioè con te. Senza alcun rispetto per
i tuoi impegni di lavoro e di famiglia.
Approfittando della tua arrendevolezza,
rispetto al rifiuto degli
altri familiari. Così da trasformare
un “piacere” in peso e obbligo. La
disponibilità non è schiavitù. Non
avere, quindi, sensi di colpa a farle
comprendere che sei sempre disponibile,
compatibilmente ai tuoi impegni.
Anche tuo padre capirà!
Pubblicato il 30 maggio 2011 - Commenti (0)
25 mag
Ho quarantacinque anni.
Di recente, ho conosciuto
una collega trentenne
e abbiamo cominciato
a frequentarci. All’età in
cui molti uomini hanno
già alle spalle un’esperienza
matrimoniale fallita, e dopo
aver vissuto alcune relazioni
con donne già divorziate, ora
la vita mi offre la possibilità
di iniziare un nuovo
percorso verso una famiglia
unita in Cristo, non
essendosi neanche lei mai
sposata. Mi chiedo solo se
sono troppo vecchio per
avere una famiglia. E se la
differenza d’età possa essere
un ostacolo. Anche se la fede
in Cristo, seppure da me
dimenticata per pigrizia,
mi aiuterà ad abbattere
ogni ostacolo. Ho sempre
desiderato un’unione
definitiva con una donna,
sancita dal sacramento,
secondo la dottrina della
Chiesa.
Luciano G.
Meglio tardi che mai, soprattutto
se le intenzioni sono
rette. E se non corrispondono
a una semplice infatuazione,
viste le tante avventure percorse
finora. Per questo, una più
attenta ponderazione non
guasta, facendosi aiutare (con
tutto il tempo necessario e,
quindi, senza pigrizia) da chi
dovrà poi benedire la vostra
unione. La fiducia nel Signore
non rimuove automaticamente
gli ostacoli. Che, nel tuo caso,
sono evidenti ma non insormontabili.
Soprattutto se c’è
piena collaborazione.
Pubblicato il 25 maggio 2011 - Commenti (3)
24 mag
Uso il
televisore per vedere in Dvd film di vecchie serie
televisive acquistate col tempo. Ho quarantacinque
anni, non sono sposata e non ho figli. Ma sono molto
preoccupata per i più piccoli. Sapesse quante volte
ho scritto alle varie Tv chiedendo di mandare in onda
vecchi cartoni animati! Mi hanno risposto che non
li guarda più nessuno. Eppure, erano film istruttivi,
privi di volgarità. Oggi è tutto diverso. Una mia amica,
insegnante di scuola materna, mi
ha confidato d’essere sconvolta
dal linguaggio volgare dei piccoli,
che hanno appreso dalla
televisione, come dicono loro
stessi. Ma i genitori dove sono?
Bisognerebbe boicottare certi
programmi e fare scendere
a picco gli indici di ascolto. Ma
questo chissà quando accadrà?
Nel frattempo, ci tocca “sciropparci” questo scempio.
Da tempo ho capito che, oggi, chi bestemmia è più
ascoltato, e chi si spoglia è più guardato.
Stefania
E chi l’ha detto che dobbiamo proprio “sciropparci” tutto
quello che la televisione ci propina, con condimento di
volgarità e sconcezze? Siamo noi, passivi e rassegnati
(non è certo il tuo caso), a tenere in piedi programmi banali
e diseducativi, che propagano stili di vita immorali o irridenti
ai valori in cui crediamo. I
programmi vivono di audience, e se
mancano gli ascolti si chiudono. Come
è avvenuto di recente. Il pallino
del gioco è nelle nostre mani, purché
siamo consapevoli della nostra
forza di utenti. E fin quando non lo
molliamo, potremo dettare noi le regole
del gioco. E puntare a una Tv
che non sia così tanto becera.
Pubblicato il 24 maggio 2011 - Commenti (0)
18 mag
Leggo sui giornali che il ministro della Giustizia belga ha giudicato
irresponsabile il comportamento dell’ex vescovo di Bruges, già
al centro dello scandalo pedofilia, che in un’intervista televisiva ha
confessato di aver abusato di due suoi nipoti. «Con le sue dichiarazioni
in Tv», ha detto il ministro, «l’ex vescovo di Bruges ha superato
il limite di ciò che è accettabile». Confesso che quando si viene a
conoscenza di situazioni simili, la fede traballa. Non si può essere fieri del
comportamento di questi uomini di Chiesa, che dovrebbero essere le
nostre guide. So che sto giudicando, ma non posso farne a meno. Questo è
un crimine orrendo, in abominio a Dio. Ancor più perché commesso
da un uomo che ha consacrato la sua vita al Signore.
Doriano C.
Su questo abominevole delitto deve
esserci “tolleranza zero”. A maggior ragione
quando sono coinvolti sacerdoti
o vescovi, cui le famiglie hanno affidato,
con tanta fiducia, l’educazione spirituale
dei propri figli. Una condanna inequivocabile.
E senza tanti distinguo. «I
preti pedofili», ha detto Benedetto XVI
nel suo viaggio in Australia (2008), «devono
essere portati davanti alla giustizia
». Per i loro misfatti c’è solo da avere
profonda «vergogna». Così come, nei
confronti delle vittime, va manifestata
ampia «condivisione del dolore e della
sofferenza». I bambini vanno sempre
salvaguardati, garantendo loro ambienti
sani e sicuri. I preti pedofili che lacerano
il corpo e l’animo dei più piccoli
sfregiano anche il volto di Cristo. Sono
indegni del loro sacerdozio.
D.A.
Pubblicato il 18 maggio 2011 - Commenti (35)
17 mag
Quando leggo il “Caso della
settimana” su Famiglia Cristiana,
provo una morsa al cuore per queste
persone in gravi difficoltà. Queste sono
costrette a chiedervi un aiuto perché
non hanno altri mezzi e risorse. E,
soprattutto, perché lo Stato è assente.
Spesso i “casi” riguardano giovani
vedove senza un lavoro, con figli piccoli.
Che non possono aspettarsi quasi nulla
dalla legge, in merito alla pensione
di reversibilità o alla restituzione
dei contributi già versati dal coniuge.
Dalle donne impegnate in politica
mi aspetterei qualche proposta concreta
al riguardo. Da parte mia, ho un piccolo
suggerimento: perché non erogare un
sussidio alle vedove che non lavorano?
A chi potrebbe obiettare da dove
prendere i fondi, rispondo che
basterebbe tagliare i privilegi
e le corpose pensioni dei politici.
Tina
Quanto a privilegi e pensioni d’oro non
ci facciamo mancare proprio nulla. È uno
scandalo insopportabile la sperequazione
tra chi prende al mese decine dimigliaia di
euro a fronte dei quattrocento-cinquecento
euro di tantissimi pensionati. Bisognerebbe
intervenire e tagliare in alto. Con urgenza.
Molti non ce la fanno più a vivere. E, al
tempo stesso, si sta allargando sempre più
la forbice tra ricchi e poveri nel nostro Paese.
Un dato economico, passato quasi inosservato,
dovrebbe farci riflettere: oggi, in
Italia, il dieci per cento delle famiglie detiene
il cinquanta per cento della ricchezza
nazionale. Purtroppo, avviene nel Paese
quanto il Vangelo applica ad altri contesti:
«A chi ha sarà dato e a chi non ha sarà tolto
anche quello che ha». Che fare per una
maggiore equità e giustizia? Si può intervenire
in tanti modi. Purché lo si faccia. E
non solo a parole.
D.A.
Pubblicato il 17 maggio 2011 - Commenti (1)
03 mag
Caro don Antonio, sono prete anch’io,
parroco in una comunità della diocesi
di Rieti. Da confratello voglio esprimerti
la mia totale solidarietà per imeschini attacchi
a Famiglia Cristiana (anche da parte di
esponenti cattolici), per aver detto quello che
ogni cristiano dovrebbe avere il coraggio di
pensare e dire. È triste constatare come, ogni
giorno, si faccia una strumentalizzazione vergognosa
degli aggettivi “cattolico” e “cristiano”.
Assistiamo a dichiarazioni e comportamenti
che dovrebbero sconvolgere la coscienza
di un buon cristiano. E, invece, nessuno alza
la voce. Anche chi dovrebbe farlo, profeticamente,
per denunciare ciò che non si accorda
con i princìpi del Vangelo.
Di recente, ho sentito in Tv il governatore
della Lombardia, dire (cito a memoria): «I cattolici
italiani sono intelligenti e sanno che a
un cristiano impegnato in politica non debbono
chiedere coerenza, ma che faccia una buona
politica». Ma davvero basta solo questo
per ottenere la fiducia? Per me non esiste una
politica cristiana, ma cristiani che si impegnano
in politica, testimoniando con coerenza i
valori in cui credono.
D’altra parte, cos’è la politica cristiana? Concedere,
forse, qualche favore alla Chiesa? O assecondarla
con leggi favorevoli? Le radici della
nostra cultura di credenti affondano nel
Vangelo. Bisogna ripartire da Cristo, che va conosciuto,
amato e imitato. Il programma esiste
già, non c’è nulla da inventare. E non cambia
col variare dei tempi e delle culture, anche
se deve tenere conto dei mutamenti che avvengono
nella società e nella storia.
Uno stimolante pensatore tedesco, Ernst
Bloch, scriveva: «Una strada diritta parte dalle
origini e tenta di liberarsi dai vecchiumi che
ancor stentatamente sopravvivono, pesanti e
nello stesso tempo senza pensieri». È la fotografia
del nostro tempo, in cui anche il pensiero
cristiano è schiacciato dal vecchiume, incapace
di profezia. Cosa c’è, infatti, di cristiano
nella cultura dominante, dove politici cattolici
difendono la sacralità della famiglia e, al
tempo stesso, distruggono la propria con comportamenti
immorali? O strumentalizzano la
donna come oggetto o merce da comprare, offendendone
la dignità?
Che fine ha fatto l’evangelico monito:
«Guai a voi ricchi…» se, oggi, si ostenta la
ricchezza sfacciatamente, facendone un lasciapassare
legale e morale per giustificare
ogni comportamento? Non ci si può vantare
di aver chiuso le porte a tanti “poveri cristi”,
senza preoccuparsi di che fine faranno dopo
essere stati respinti. Chi si occupa, poi, delle famiglie
e del futuro delle nuove generazioni,
abbandonate ai colpi di fortuna o, peggio, al
ricatto di chi può, senza alcuna remora morale,
garantirgli un posto al sole? C’è chi si arroga
il diritto di sottrarsi alla giustizia, negando
che tutti sono uguali davanti alla legge. E che
dire delle tante volgarità, condite talora con
qualche bestemmia? Che tristezza!
Caro don Antonio, non arrendiamoci. La verità
va gridata dai tetti!
Don Lorenzo, parroco
La missione della Chiesa, pastori e fedeli
laici, non può essere altra che l’annuncio
del Vangelo e dei valori morali che ne derivano:
dignità della persona, uguaglianza, giustizia
e fraternità. Una missione profetica, quindi.
E, necessariamente, critica. Mai funzionale
o strumentale ai potenti o all’ordine costituito.
La Chiesa, in base alla “carità nella verità”, ha
il diritto e il dovere di contrastare le realtà sociali
e culturali che violano la dignità della persona
umana e le esigenze di pace e giustizia della
convivenza civile.
In questa prospettiva, si è spesso pronunciata
su importanti questioni sociali: la famiglia,
il lavoro, i migranti (irregolari, rom), criticando
taluni provvedimenti del Governo. Il Papa e
il presidente della Cei, cardinale Bagnasco,
hanno esortato i cattolici e le comunità cristiane
a essere testimoni di fraternità, solidarietà e
accoglienza. Nel nome del Vangelo. C’è, però,
da chiedersi quanto questi richiami dottrinali
siano davvero alla base dell’agire politico dei
cattolici, ormai presenti nei vari partiti o schieramenti.
Essere cristiani in politica significa
annunciare con la parola e, soprattutto, con
la coerente testimonianza, la giustizia e la
solidarietà, secondo il disegno di Dio.
Se ci sono governanti e politici compromessi
con la legalità e la giustizia; che non si preoccupano
del bene comune, ma dei propri interessi;
che non sono attenti ai diritti di tutti, ma curano
i privilegi personali o di pochi… tutto questo
non piove dal cielo. Se la classe politica è
allo sbando, dove sono i cattolici impegnati
in politica? Purtroppo, sostengono e votano
provvedimenti inconciliabili con i diritti umani.
E, quindi, con il Vangelo.
L’impegno dei cattolici nel sociale e nei vari
ambiti del volontariato è ammirevole, ma non
basta. Oggi è doverosa una partecipazione diretta
alla politica, come gestione della “cosa
pubblica”. È richiesta una presenza attiva nelle
istituzioni per “piegarle” alla giustizia e alla solidarietà.
Con una particolare attenzione verso
le categorie ultime ed emarginate della società.
Che sono in crescita.
Questo è il vero impegno dei cattolici in politica,
non certo quello di privilegiare le “caste” o
gli interessi di chi è al comando, appellandosi
al “pragmatismo politico”, per cui affari e potere
mettono a tacere la coscienza. Pretendere ciò
non è idealismo o ingenuità. Tanto meno moralismo,
ormai un alibi al disimpegno di fronte
alle severe richieste del Vangelo.
È biasimevole l’incoerenza tra la fede e i comportamenti
quotidiani. Ma non è meno grave
strumentalizzare la religione, piegandola a logiche
di partito o schieramento. È cattiva coscienza
dirsi cristiani e agire, in privato e in
pubblico, con indifferenza verso gli altri, specie
se bisognosi di un riconoscimento dei loro diritti.
Un’autentica formazione cristiana deve esprimersi
anche in una coscienza sociale. Ispirata
ai princìpi del Vangelo.
Pubblicato il 03 maggio 2011 - Commenti (38)
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