Don Sciortino

di Don Sciortino

Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.

 
09
mag

Future mamme: troppo garantismo

Vorrei rispondere alla mamma che le ha scritto sulla sua situazione di donna incinta con un contratto non a tempo indeterminato (FC n. 16/2013). Come donna condivido il sentimento di rabbia e frustrazione per l’abuso di potere esercitato dai datori di lavoro. Come dipendente di una grande azienda dove, invece, sono le future mamme ad abusare dello stato di “donne incinte” e “puerpere” per i benefici che lo Stato riconosce loro, sono dalla parte dei datori di lavoro. Spesso si guarda solo ai diritti delle donne e non a quelli delle aziende che, in questo periodo di crisi, devono sopportare i costi della scelta affrettata di una dipendente ad avere un nuovo figlio. Viviamo in un Paese troppo garantista verso le donne, che pretendono, tra l’altro, la “parità” con l’uomo. Non ho mai provato la gioia d’essere madre, ma mi chiedo se sia giusto abusare della maternità “per farla pagare ai maschi”.

Laura

Cara Laura, faccio fatica a ritrovarmi nel tuo linguaggio. Anzi, non mi pare vero che una donna possa avere un concetto di maternità così poco rispettoso. Il lavoro è per l’uomo, non è l’uomo servo del lavoro. La vita è il bene più prezioso che abbiamo, e tutto deve ruotare, con armonia, attorno a essa. Il risentimento è cattivo consigliere.

Pubblicato il 09 maggio 2013 - Commenti (9)
17
dic

Famiglia, mercato e riposo

Non capisco davvero tutta questa agitazione attorno al lavoro domenicale e festivo. Non dico che sia giusto o sbagliato discuterne, ma teniamo conto che ci sono migliaia di persone che lavorano la domenica. Mio padre era guardia giurata e lavorava sempre: giorni feriali e festivi. Compresi Natale, Pasqua, Ferragosto e Capodanno. La stessa cosa vale anche per mia moglie, operatrice sociosanitaria in una comunità di accoglienza per disabili. E mi permetta di dirlo: per una miseria di stipendio. Per loro e le loro famiglie, ma anche per tutti quelli che sono nella stessa condizione, non ho mai assistito a nessuna protesta. Anzi, c’è stato sempre il silenzio da parte di tutti.

Mauro - Treviso

L’agitazione a difesa della domenica e del diritto al riposo tiene conto di situazioni simili a quelle di tuo papà e tua moglie. Dà voce alle loro esigenze vitali, perché recuperino quegli spazi indispensabili da dedicare alla famiglia, di cui sono stati privati finora. Non ci stancheremo di ribadire quanto sia deleterio sacrificare la festa all’economia. Non c’è alcun vantaggio, neppure economico. Si abbassa solo il livello della qualità della vita, sacrificando le cose più care che abbiamo, come gli affetti familiari, a leggi di mercato poco lungimiranti. Per i cristiani, poi, la domenica è il giorno del Signore. E come ricordava lo slogan del congresso eucaristico di Bari: “Non possiamo vivere senza la domenica”. Non siamo nati per vivere da bruti, ma per elevarci nello spirito.

Pubblicato il 17 dicembre 2012 - Commenti (6)
10
dic

Cari adulti vi scrivo...

Sono uno studente liceale di Benevento. Le scrivo come cittadino e affezionato lettore per esprimere la mia delusione per i numerosi scandali cui assistiamo ogni giorno. Stiamo sprofondando nell’abisso. Posso farle un elenco: corruzione negli organi democratici, evasione fiscale, delinquenza, malfunzionamento delle strutture pubbliche, disinteresse da parte dei cittadini alla politica, mancanza di lavoro e di meritocrazia, mezzi di informazione sottomessi a forze politiche ed economiche, un sistema fiscale non equo, istituzioni gestite da uomini corrotti ed egoisti, collusi con mafia e criminalità organizzata… È anche vero che queste persone sono state votate dagli italiani. Nonostante tutto, io voglio guardare al domani con speranza. Ho l’obbligo di impegnarmi con tutte le mie forze perché le cose cambino. Come me, molti giovani nutrono lo stesso auspicio. A chi ci governa e agli adulti chiediamo di non deludere le nostre aspettative. E di restituirci, con esempi migliori, l’orgoglio di essere italiani.

Mario Z.

Il tuo atteggiamento, caro Mario, è quello giusto. Non basta lamentarsi di ciò che non funziona. O fare la “lista della spesa” degli scandali che ci sprofondano nell’abisso. Occorre reagire e impegnarsi in prima persona, senza rilasciare deleghe in bianco. È facile aggregare e strumentalizzare il malcontento, per alimentare l’antipolitica. Ma la sola protesta, senza un progetto, non porta lontano. Contribuisce, anzi, a disgregare il Paese. Più di quanto non lo sia già. Sebbene voi giovani siate delusi dai pessimi esempi di noi adulti, non è tempo di mollare. Rendetevi protagonisti del cambiamento. Questi nostri politici, da soli, non si scolleranno mai dalle poltrone. Da veri camaleonti, sono furbi e lesti nel riciclarsi.

Pubblicato il 10 dicembre 2012 - Commenti (8)
29
nov

Liberiamo la domenica

Qualche lettore si è scagliato contro di lei perché ha criticato chi nega il pulmino e la mensa ai bambini i cui genitori non pagano la retta. Contenuto e tono di quella lettera fanno presumere che l’autore sia simpatizzante della Lega. Un movimento pieno di contraddizioni. Non le pare che l’indipendenza della cosiddetta Padania sia in contrasto con la Costituzione italiana? Nessun partito dell’arco costituzionale l’ha mai denunciato. Anzi, i leghisti sono stati al governo dello Stato per anni. Non accetto la giustificazione (la ritengo assurda), che vogliono la secessione attraverso metodi democratici.

G. Brambilla

La Lega, come altri partiti, vive di contraddizioni. Spesso, in modo macroscopico. Basta considerare la presenza di quei ministri che hanno giurato sulla Costituzione, percepito lauti stipendi assieme a benefici e privilegi, e fatto poi strame della bandiera italiana, additata a usi indicibili. Ma al di là delle appartenenze e dei programmi, non si può tacere quando si prendono provvedimenti che discriminano le persone. E, soprattutto, penalizzano i bambini. Cosa vergognosa, da non fare.

Pubblicato il 29 novembre 2012 - Commenti (8)
26
nov

La mia vita disperata

Sono un giovane con tanta voglia di mettere su famiglia, ora che il Signore mi ha fatto incontrare la compagna della mia vita. Vorrei avere dei figli e costruire il mio piccolo nucleo. Purtroppo, sono senza lavoro. Mi arrabatto con tutto ciò che trovo: lavoretti di muratore, giardiniere o altro. Non ho potuto studiare. Ho solo la terza media. I miei genitori, emigrati dal Sud, erano persone con poca cultura. Non mi hanno dato la possibilità né la spinta allo studio. Di recente, è morto mio padre e ora devo anche pensare a mia mamma, sempre più anziana. La disperazione è la mia compagna quotidiana. La classe politica se ne frega di noi giovani. Non ci danno possibilità di lavoro, mentre continuano ad aumentarci le tasse e a tagliare i sussidi. Le scrivo per avere una parola di conforto. Ma anche con la speranza che qualcuno possa darmi una mano.

Davide F.

Una parola di conforto, da parte mia, c’è tutta. So che per te, caro Davide, che vuoi metter su famiglia, sarebbe più importante una concreta proposta di lavoro. Questa rubrica non è un ufficio di collocamento. Non è nelle mie possibilità garantire un lavoro a qualcuno. Tanto meno illudere con facili promesse. Ma se la tua storia, così semplice e sincera, suscitasse l’interesse di chi potrebbe darti una mano, ne sarei immensamente felice. Per te, per la compagna della tua vita e per la tua famiglia in divenire. D’altronde, non chiedi la luna quanto a prospettive. I lavori manuali pare siano molto ricercati. Si tratterebbe di fare incontrare domanda e offerta. Quando i nostri politici legiferano sul futuro del Paese, mi piacerebbe avessero presenti storie come la tua. E si facessero carico dei giovani come fossero i propri figli. In fondo, tra tanto cinismo e opportunismo, sono anch’essi padri e madri. In qualche angolo del cuore dovrebbe albergare ancora un briciolo di umanità.

Pubblicato il 26 novembre 2012 - Commenti (3)
29
ott

Tanti lavori, nessun posto

La seguo da tanti anni, quasi quaranta. Le scrivo confidandole un mio grosso problema: sono disoccupata e vivo ancora con i miei genitori. Ho cominciato tanti lavori (una ventina), ma non sono mai stata assunta. Vengo sempre licenziata dopo il periodo di prova. Ne ho ricavato tanta amarezza e dispiaceri. Ormai, sono dieci anni che cerco lavoro dopo la laurea, che ho conseguito fuori corso e con una votazione bassissima. Fatico a trovare un’opportunità, e quando vi riesco, la perdo subito. Sono andata da psichiatri, che hanno tentato di aiutarmi, ma inutilmente. Il problema è sempre lo stesso: tutti ne approfittano, sapendo che ho bisogno di lavorare. Ho fatto di tutto, ma ora non ce la faccio più. Ho pregato anche la Madonna di soccorrermi, ma la sento distante.

Una lettrice disperata

La preghiera è vita per il credente. Dio e la Madonna ci sono vicini. Danno senso al nostro esistere. Pensarli, però, come datori di lavoro in un ufficio di collocamento, mi pare fuori luogo. Non è la Madonna distante da noi. Forse, sono le nostre pretese (anche su legittime aspirazioni) a farcela sentire lontana o disinteressata. L’esistenza di questa lettrice è davvero contorta. Non possiamo che esserle umanamente vicino, come a tutte le persone affrante e amareggiate. Per di più senza un lavoro stabile. Ma una ventina di “assunzioni a tempo” andate male, mi fanno riflettere. Non posso immaginare che tutti abbiano voluto approfittare della sua necessità di lavorare.

Pubblicato il 29 ottobre 2012 - Commenti (5)
19
ott

Diamo fiducia ai nostri giovani

Caro don Antonio, a me non fanno pena i ragazzi, ma gli adulti incapaci di trasmettere quei valori che sono alla base del vivere civile. Ai nostri figli, oggi, non facciamo mancare nulla. Ma spesso non abbiamo tempo per loro. Siamo troppo impegnati a correre nel nostro vivere quotidiano. E ciò riguarda anche i sacerdoti. Non ci fermiamo mai a cercare di capire cosa loro sentono dentro. Siamo bravi a criticarne i comportamenti, ma non ci chiediamo se anche noi abbiamo delle responsabilità. Vorrei dire a quei lettori che le scrivono per contestare i giovani, che la maggior parte di questi hanno ideali e valori. E si danno da fare. Sono molto meglio di quanto crediamo. Conosco laureati che non si vergognano di fare i camerieri. E poi non credo che le passate generazioni fossero tutti degli angioletti. Qui da noi, in Veneto, giravano tutti col coltello in tasca e bruciavano i pagliai. Diamo più fiducia ai giovani. Magari con qualche sorriso in più.

Guido B. - Romano d’Ezzelino (Vi)

A ogni tempo il suo affanno. A poco giova il confronto col passato, se è solo per una classifica qual è la generazione migliore. Non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Fin dall’inizio del mondo, da Caino e Abele. Una tavoletta assira del 2800 avanti Cristo dava per imminente la fine del mondo «perché la corruzione e l’insubordinazione sono diventate cose comuni e i figli non obbediscono più ai genitori ». Ciò detto, va colto l’invito di Guido ad avere più fiducia nei giovani. Con più ottimismo. E a puntare su di loro con coraggio. Sono il nostro investimento per il futuro. E sono molto meglio di come vengono rappresentati. I mass media parlano solo degli eccessi dei pochi, ma ignorano l’impegno dei molti. Basterebbe dare un’occhiata al mondo del volontariato. O alla preziosa opera di tanti giovani che impegnano il loro tempo, con generosità, per assistere ammalati, poveri o bambini handicappati. Purtroppo, la foresta che cresce fa poco rumore.

Pubblicato il 19 ottobre 2012 - Commenti (4)
09
ago

Lavoro più di 16 ore, lo sa Monti?

Leggo Famiglia Cristiana da quand’ero bambina. Ho cinquantotto anni e quasi quaranta di lavoro alle spalle. Quando torno a casa la sera, oltre ai lavori domestici, accudisco mio marito disabile grave. Se metto assieme i miei impegni, praticamente lavoro dalle 6.30 del mattino fino alle 23 di sera. La manovra del Governo Monti sulle pensioni mi ha gettato nello sconforto. Dov’è l’attenzione per la famiglia?
Nemmeno sfiorata! Centinaia di migliaia di lavoratrici sono nella mia stessa situazione, con un familiare disabile grave o genitori anziani da accudire. Per queste persone quarant’anni di lavoro contributivo non sono abbastanza per la pensione? Perché non si chiede di più a quegli italiani che, nonostante la crisi, si sono arricchiti tantissimo? O a quel dieci per cento della popolazione che possiede il cinquanta per cento della ricchezza del Paese? Togliere qualcosa a questi è portare via il superfluo. Diverso è infierire su chi fatica ad arrivare a fine mese. Lo dica al presidente Monti!

Franca C.

Quanto mi dici, cara Franca, ho avuto modo di riferirlo direttamente al presidente Monti, nell’intervista che gli ho fatto. Due i temi su cui ho insistito tanto: primo, la necessità di una politica familiare degna di questo nome, perché le famiglie sono la vera risorsa del Paese, il volano per uscire dalla crisi. Secondo, l’urgenza di un fisco più equo, che prenda i soldi dove ci sono. E basta spremere pensionati, lavoratori e famiglie come fossero limoni. Il presidente Monti mi è parso convinto delle argomentazioni, anche se ho avuto l’impressione che non abbia le mani del tutto libere per incidere pesantemente su alcuni settori. Senza una maggioranza propria, la vecchia politica prova continuamente a metterlo all’angolo. La nobiltà delle intenzioni cede il passo ai ricatti. Avanzati, per lo più, in modo subdolo. Proprio da chi l’appoggia in Parlamento, ma subito dopo lo contesta nelle piazze. E trama sottobanco per farlo cadere. Altro che pacificazione nazionale!

Pubblicato il 09 agosto 2012 - Commenti (16)
30
mag

La vera ricchezza? I figli

Mi sono decisa a scriverle dopo aver letto la lettera di Ivana e Umberto (FC n. 20/2012). Anch’io sono cresciuta con Famiglia Cristiana. Confesso che, per ragioni economiche, mi era balenata l’idea di rinunciarci. Ma mi sono resa conto che non potrei farlo. La nostra rivista è l’unico “lusso” che mi permetto. Da tempo sono abituata a tirare la cinghia. Ma anche nei momenti di difficoltà, aiuto gli altri. Ora, purtroppo, ho perso il lavoro. Così anche i miei figli. Può immaginare come si vive. La pensione di mio marito è spalmata su quattro famiglie. Sono orgogliosa di aver dato al mondo quattro meravigliosi ragazzi. Chi ha rubato il loro futuro? Mi appello ai politici, prima che sia troppo tardi: «Salvate i giovani. Rinunciate ai vostri privilegi». Qualcuno non ci crederà, ma non ho mai mangiato un’aragosta in vita mia. Ma non ne sento la mancanza.

Rosa Maria C.

Quanta dignità nella tua lettera, cara Rosa Maria. Nelle tue condizioni, altri si sarebbero disperati. Tu, invece, riesci a mantenere una compostezza e una serenità che non si improvvisano. Sei come la “donna saggia” della Bibbia. Pur nelle ristrettezze e nelle difficoltà, sai gestire bene la casa e i tuoi cari. Soprattutto i figli, per i quali invochi un lavoro. E un’attenzione particolare da parte dei politici. Non chiedi privilegi o favori. Ma quel che è necessario per vivere e crescere i figli. E ci fai capire, con orgoglio, quel che molti fingono di non voler intendere. Che la vera ricchezza non sono i soldi, ma i figli. Vale per la famiglia. E, ancor più, per la società e il Paese. Purché le istituzioni ne prendano coscienza. Con concrete politiche familiari.

Pubblicato il 30 maggio 2012 - Commenti (12)
10
mag

Troppi soldi nei programmi Tv

Ieri sera, ho visto una trasmissione Tv a quiz. Dopo il brillante finale dei due concorrenti, mi sono sentita amareggiata. Sono contenta per loro, che sono due bravi ragazzi. Ma perché tutti quei soldi in palio? Io e mio marito abbiamo insieme una pensione di mille euro al mese. Nostro figlio, laureato da due anni, vive ancora con noi. Tutti i giorni, fa tre ore di macchina per andare a lavorare, per 800 euro al mese. Ma se pensiamo a tanti nostri amici e conoscenti senza lavoro, anche nella ricca Brianza, ci riteniamo fortunati. Ma quelle cifre in Tv ci offendono. Con i tempi che corrono, non basta come giustificazione dire che quella è una Tv privata e dei propri soldi può farne quel che vuole!

Elisa

Che cosa non si fa per l’audience! Montagne di soldi in premio, ormai, imperversano in tutti i programmi Tv. Per premiare banali risposte, scontate o suggerite dai presentatori o dal pubblico. Non è un buon apporto alla crescita della cultura. Semmai, si illudono le persone. Quasi che partecipare ai quiz fosse la strada migliore per fare soldi. Non è certo un bell’esempio per tanti giovani che si sacrificano e si impegnano nello studio. Purtroppo, la corsa ai quiz con ricchi premi ha invaso anche la Tv pubblica.

Pubblicato il 10 maggio 2012 - Commenti (8)
28
feb

Niente lavoro ma porte in faccia

Èla prima volta che scrivo a Famiglia Cristiana. Non mi aspetto soluzioni, ma devo esternarle il mio stato d’animo che, in questo momento, mi fa star male. Ho aspettato per troppo tempo che mia figlia avesse un lavoro. Le ho dato la possibilità di studiare e laurearsi, con eccellenti risultati. Ha un curriculum invidiabile per titoli e referenze. Eppure, le porte le si chiudono in faccia. Non trova lavoro. L’ultima delusione è di qualche giorno fa. A quarant’anni si ha l’esigenza di essere indipendenti dai genitori e non di vivere a carico loro. So che tante giovani si offrono come merce in cambio di un lavoro. Sarà triste, ma non ci sono alternative. Purtroppo, bisogna vivere. E vivere vuol dire avere i soldi per mangiare e pagare l’affitto. A che serve essere onesti in un mondo di corrotti? Anche la fede in Dio vacilla. Certo, ci sono situazioni peggiori, ma è duro vedere mia figlia depressa e senza speranza, dopo l’ennesimo rifiuto. Non so più come aiutarla. Ho solo voglia di gridare la mia rabbia contro questo mondo di furbi e disonesti. 

                                                                                                                               Luciana

La rabbia è cattiva consigliera, anche se non mancano le ragioni per gridare al mondo la propria delusione. E per imprecare contro un mondo di furbi, corrotti e disonesti che fanno terra bruciata attorno ai sogni di chi, dopo anni di impegno e studi, trova solo porte serrate alle richieste di lavoro. Invidiare, però, le scorciatoie che altre persone praticano, con disinvoltura e senza remore morali, mettendo in dubbio la propria fede in Dio, non è la via da seguire. Anche se vedere la propria figlia quarantenne andare in depressione, nonostante le tante qualità, può sembrare il fallimento di una mamma. Ma così non è, non c’è da colpevolizzarsi. Le responsabilità vanno cercate altrove.

Pubblicato il 28 febbraio 2012 - Commenti (4)
22
feb

Il lavoro e la festa

Sono una mamma credente, con due bambini. Lavoro non per scelta, ma per necessità. E faccio fatica a conciliare tutto. Ma, almeno, la domenica posso dedicarla alla famiglia, andare a Messa, pranzare tutti insieme, fare una passeggiata o andare all’oratorio. Mi metto, però, nei panni di una povera commessa che, grazie alla liberalizzazione degli orari dei negozi, dovrà lavorare anche nei giorni festivi. Certo, ci sono lavori socialmente utili che non si possono fermare. Ma è proprio necessario fare la spesa di domenica e togliere un altro giorno alla famiglia? La Chiesa dovrebbe intervenire. 

                                                                                                                          Barbara G.

«E il settimo giorno, Dio si riposò». Così è scritto nella Bibbia. Ma questo non vale per noi dipendenti del commercio. La domenica non è più un giorno di festa, da trascorrere in armonia con la propria famiglia. E andare a Messa, per chi ci crede. Tutto ciò ci è impedito dal Governo Monti. Mi dispiace che nessuno tuteli i nostri diritti. Neppure il suo settimanale ne ha parlato. Come mai? 

                                                                                                                               Daniele

Mi spiace dovervi smentire, cari Barbara e Daniele. La Chiesa è intervenuta in più occasioni. Di recente, a gennaio, il cardinale Bagnasco ha detto parole chiare al Consiglio permanente della Cei. Ma anche sulle nostre pagine e su FC on-line non sono mancati interventi a difesa della domenica come “giorno del Signore” e momento di ritrovo per la famiglia. Non più tardi della settimana scorsa, il nostro teologo, Luigi Lorenzetti, ci ha ricordato come una società civile deve darsi una giusta legislazione sul lavoro. «Non è proprio un modello di società», ha scritto, «quello che vede le persone, per tutta la giornata e buona parte della notte, in negozio o in ufficio, quasi che tutto il resto sia secondario. La preoccupazione aumenta se questa logica occupa anche la domenica e i giorni festivi». Il riposo, la festa e le relazioni familiari non vanno sacrificati al “dio consumismo”.

Pubblicato il 22 febbraio 2012 - Commenti (11)
14
feb

Il lavoro e la domenica

Di fronte alla crisi economica si diffonde la convinzione che dobbiamo lavorare di più. Se questa ipotesi è auspicabile per i tanti (troppi) disoccupati, precari e cassaintegrati, lo stesso non può dirsi per padri e madri che, già ora, hanno poco tempo da dedicare a sé stessi e alla famiglia. Si dice che il lavoro nobilita l’uomo, ma perché sia vero occorre realizzarsi anche al di fuori di esso. Il lavoro è uno strumento, non il fine della vita. Alcuni tragici fatti di cronaca di madri che, nella fretta, hanno dimenticato i figli in macchina, evidenziano che c’è qualcosa che non va nei nostri ritmi. Altro che lavorare la domenica! Dobbiamo ripensare il lavoro quotidiano. Giustamente si parla di equa distribuzione delle ricchezze. Ma, forse, è bene parlare anche di equa distribuzione del lavoro. Così, chi ne è privo potrà finalmente averlo. Chi ne ha troppo alleggerirà il suo peso.

Stefano G.

Più che il lavoro in sé, dobbiamo mettere in discussione i nostri stili di vita. O, meglio, che tipo di società vogliamo costruire. E con quali valori a fondamento. Se il nostro obiettivo è il consumismo, da realizzare a ogni costo, ogni scelta è giustificabile. Anche quella che ci opprime. Ma se vogliamo costruire una società a misura umana, che non degradi le persone, come fossero oggetti o semplici ingranaggi di un meccanismo economico, allora le scelte da fare sono altre. E con coraggio. Sono quelle che anche tu suggerisci, caro Stefano. Perché il lavoro sia un mezzo per vivere e realizzarsi. Non una schiavitù. Tra l’altro, è dimostrato che dove c’è armonia tra esigenze lavorative e quelle familiari, la resa economica è superiore.

Pubblicato il 14 febbraio 2012 - Commenti (0)
04
feb

Dove contano denaro e carriera

Leggo sempre, con interesse, le sue risposte. Tra le tante lettere, mi ha colpito quella di un giovane che ha problemi sul lavoro, perché non in linea con i valori in cui crede. Purtroppo, gli ambienti di lavoro rispecchiano la società. Dove contano soltanto denaro e carriera. Da ottenere con ogni mezzo. Oggi, a prevalere sono gli aspetti negativi della persona: individualismo, meschinità, falsità. Sul lavoro, spesso, si prova l’inferno. I rapporti sono tesi. C’è diffidenza reciproca. Il “capo”, di solito, è detestato. Molti abusano dell’azienda, per gli affari propri. Imbrogliare è quasi una virtù. Se ognuno facesse il proprio dovere, l’ambiente di lavoro sarebbe un paradiso.

M. Angela - Vicenza

Descrizione pessimista degli ambienti di lavoro, ma con un fondo di verità. Soprattutto dove s’è persa la dignità delle persone. E dove c’è un clima conflittuale, con pessime relazioni personali. Se a prevalere sono frustrazioni, invidie e furbizie, l’ambiente sarà invivibile. Un inferno. E il posto di lavoro una trincea: una guerra contro tutti. Un tempo c’erano i preti operai che condividevano le difficoltà dei lavoratori. E con la loro testimonianza mostravano che, oltre alla fatica quotidiana, esiste un’altra dimensione, quella spirituale. Per una crescita armonica e integrale della persona. O per non deprimersi in un ristretto orizzonte, che abbrutisce e non nobilita. Oggi, considerate le difficoltà della crisi dei lavoratori e delle loro famiglie, sarebbe quanto mai auspicabile una presenza più significativa della Chiesa nel mondo del lavoro.

Pubblicato il 04 febbraio 2012 - Commenti (0)
30
nov

Le banche mi stanno uccidendo

Ho appena finito di leggere “La lettera della settimana” (FC n. 48/2011). Volevo fare qualche considerazione. Ho cinquantadue anni e sono un agente di commercio. A causa della crisi economica e della cronica insolvenza delle aziende, sono sull’orlo della bancarotta. Mia figlia ha dovuto interrompere gli studi e trovarsi lavoro in un call center. Le banche mi stanno uccidendo. E non solo finanziariamente. Confesso che, più volte, ho meditato di farla finita. Non sopporto l’idea di non riuscire, col mio lavoro, a mantenere la famiglia. Negli ultimi anni, per tenere in piedi la mia attività, mi sono mangiato i risparmi di una vita. Mi resta solo la casa. Se il nuovo Governo ripristinerà l’Ici, non sarò in grado di pagarla. Per altri, con stipendi a sei zeri, anche la tassa patrimoniale non gli cambierà la vita. A me, invece, l’ennesimo balzello toglierebbe quella poca voglia di vivere che mi è rimasta.

Fabio D.

La tua situazione, caro Fabio, ti accomuna a tanti altri lavoratori in stato di crisi. O che già hanno perso l’occupazione. La disperazione è la tentazione più facile. Soprattutto quando si chiudono le porte in faccia. Sono questi i problemi che la politica, quella “alta” a servizio dei cittadini, che ha a cuore la dignità delle persone, dovrebbe tenere ben presente. In ogni provvedimento. Casi come il tuo non possono essere delegati alle associazioni di volontariato, alla Caritas o a iniziative come quella del cardinale Tettamanzi, che ha istituito un fondo “Famiglia e lavoro” per i disoccupati e le famiglie in difficoltà. Una società più solidale deve partire dagli ultimi. Dal basso. Da quelli che faticano a fare un pasto al giorno. Perché la via della disperazione non sia l’unica scelta.

Pubblicato il 30 novembre 2011 - Commenti (8)


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