Don Sciortino

di Don Sciortino

Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.

 
08
mar

L'esempio dei politici

Caro don Antonio, ho letto l’editoriale del ministro Andrea Riccardi su FC n. 3/2013. Sono d’accordo con lui quando dice che il Governo di cui fa parte ha salvato la nostra bella Italia dalla rovina totale in cui ci stava portando la peggior classe politica della nostra storia. Ma chi si è sobbarcato tutti questi sacrifici? Noi gente normale che già facevamo fatica prima. Gente onesta che, con dispiacere e rabbia, non ha visto però dare esempi da chi guidava il Paese. Mi creda, se la gente avesse visto un taglio serio ai costi della politica, ai super stipendi (cari ministri, voi siete troppo lontani per capire come si vive con settecento euro al mese di cassa integrazione...), alle super pensioni, e a quelle consulenze date a gente incompetente che non ha mai lavorato, alle auto blu, ai privilegi... avrebbe stretto i denti con meno fatica. Quando vedremo fare tutto ciò da chi ci governerà, allora forse sarete credibili e potrete parlarci di etica. Di sicuro, ministro Riccardi, se dovrò ancora vedere i malati di Sla protestare in piazza, o chi come mio fratello sofferente di distrofia subire umiliazioni per prendere una misera pensione, o artigiani che si tolgono la vita per disperazione, non potrò credere a nessuno di voi, cattolici compresi. Noi gente onesta abbiamo fatto la nostra parte, ora tocca a voi. Almeno ci spero.

Guido B.

La tua lettera, caro Guido, non fa una grinza. In tempi di crisi, la rabbia della gente onesta verso una classe politica inetta e famelica di soldi e privilegi, è montata a ragione. Quando si chiede ai cittadini di tirare la cinghia, non è facile accettare le resistenze che ancora ci sono sui tagli ai costi assurdi degli armamenti e per gli F35, rivelatisi difettosi oltre che inutili e costosissimi. Così come sono un pugno allo stomaco le allegre spese di politici con uso incontrollato di montagne di soldi pubblici, quando sempre più numerosi anziani e pensionati si contendono gli avanzi di frutta e verdura tra gli scarti dei mercati o nei cassonetti dell’immondizia. L’Italia che uscirà da queste elezioni non potrà che essere più equa e solidale. La “casta” ha allontanato la politica dalla gente, anzi gliel’ha resa ostile. C’è davvero bisogno di un ritorno a una politica di “servizio”. Assieme a una forte iniezione di etica e legalità.

Pubblicato il 08 marzo 2013 - Commenti (0)
28
dic

L'impegno dei cattolici

Sono una giovane, quasi trentenne. Volevo unirmi al coro che, nei mesi scorsi, ha cercato di far sentire la sua voce. Si va verso le elezioni e sono assai imbarazzata all’idea di dover esprimere una scelta fra soggetti politici dai quali non mi sento rappresentata. Mi sento a disagio. Non c’è stato un ricambio nella classe dirigente e si candidano i soliti noti (in entrambi gli schieramenti), cui dobbiamo il malgoverno e la grave crisi che stiamo vivendo. Mi riconosco nella dottrina sociale ed etica della Chiesa, ma non trovo nessuno che mi rappresenti. Sebbene siamo in un Paese cattolico. Ancora una volta, dovrò fare una scelta assurda e dolorosa: tra sostegno alle fasce disagiate della popolazione e difesa della vita. Ricerca di condizioni di lavoro eque per giovani e immigrati, oppure difesa della famiglia fondata sul matrimonio di un uomo e di una donna. Sono domande molto pesanti, senza risposta. Ci vorrebbe una presenza politica in cui un cattolico possa sentirsi rappresentato. Non importa se minoritaria. A che pro questo sfogo? Visto che la mia crocetta sulla scheda andrà perduta, desideravo almeno far sentire la mia voce.

Chiara B.

Chiara carissima, se guardiamo alla politica di questi tempi, c’è davvero da scoraggiarsi. Ma non bisogna arrendersi. Qualcosa potrà cambiare se, finalmente, si spezzerà quella logica assurda che porta i soliti partiti a perpetuarsi, purtroppo nel peggio. Una forte irruzione della società civile, con persone oneste che sappiano guardare, prima di ogni cosa, al “bene comune”, potrà dare quella svolta necessaria contro ogni “gattopardismo”. A patto, però, che anche i cattolici si mettano seriamente in gioco. Seguendo, con coerenza, il Vangelo.

Pubblicato il 28 dicembre 2012 - Commenti (20)
18
lug

I cattolici senza voce

Caro don Antonio, è da un pezzo che ci penso, ma è giunto il momento di dirglielo. Soprattutto dopo aver letto il Primo piano intitolato: “Un’anima per l’Italia con più etica e ideali” (FC n. 26/2012). Non vorrei che i cattolici “afoni” restassero anche “anonimi”. Dove sono questi “uomini liberi e forti” che dovrebbero ridare un’anima alla politica? Perché non usate la rivista per farceli conoscere? Non si tratta di fare una campagna elettorale per qualcuno, ma di offrire a noi cattolici la possibilità di conoscere e valutare. Il resto, poi, verrà da sé.

Vincenzo



Caro Vincenzo, i cattolici che potrebbero essere una risorsa per il Paese, sono “anonimi” proprio perché sono diventati “afoni” e insignificanti. Hanno abdicato all’impegno civile per migliorare la società. Più che a noi doverli indicare, sta a loro venire allo scoperto. Con la loro presenza, testimonianza e forti prese di posizione. In questi anni, di fronte al degrado etico in cui è scivolato il Paese, abbiamo assistito a un silenzio assordante dei cattolici. Nessuno che abbia alzato la voce a difesa dei valori o delle istituzioni democratiche di cui s’è fatto scempio ultimamente. A prevalere sono stati interessi di parte o la spartizione di poltrone, privilegi e potere. Spesso sotto la copertura dell’etichetta cattolica. Ma questa è la degenerazione della politica, da cui non sono esenti tanti bravi cristiani, che si appellano, per lo più a sproposito, al Vangelo.

Pubblicato il 18 luglio 2012 - Commenti (16)
09
gen

Cattolici adulti, ma nel senso giusto

Noto che anche lei, negli ultimi tempi, usa volentieri il termine “cattolici adulti”. Mi sembra che Prodi sia stato il primo a utilizzarlo e voleva significare la sua indipendenza dal Magistero della Chiesa. Soprattutto sui temi etici. Leggo, ora, che su Repubblica, in riferimento ai cattolici del Governo Monti ci si è augurato che siano “cattolici adulti”. E che non ascoltino il cardinale Bagnasco quando parla di difesa dei valori definiti essenziali, irrinunciabili. Sarebbe utile capire che cosa significano queste espressioni. 

                                                                                                                          Fabiano B.

Dovrebbe essere l’auspicio di tutti che i cattolici fossero davvero adulti. Ne guadagnerebbe la comunità ecclesiale e la stessa società. Ma adulti nel senso giusto. Non per polemica o in contrapposizione alle indicazioni dottrinali del Magistero. Non è questa la strada giusta. Ma adulti in quanto persone che hanno raggiunto una fede matura, dopo un serio cammino di crescita spirituale e religiosa. Con una fede convinta, non di semplice facciata. Come avviene, generalmente, nel Paese, dove quasi il novanta per cento delle persone si dicono cattolici. In realtà, lo sono solo all’anagrafe battesimale. Perché il Vangelo non ispira più i loro stili di vita e le scelte di ogni giorno.

Pubblicato il 09 gennaio 2012 - Commenti (3)
21
dic

Cattolici senza arrossire

Per usare una sua espressione, sembra che i cattolici comincino ad aprire gli occhi. Finalmente! Speriamo sia vero. Se ci troviamo in questo sfascio etico e politico, qualche responsabilità ce l’ha pure la Chiesa come istituzione.
Non basta chiedere perdono per gli errori del passato. Occorre pentirsi anche per quelli recenti. Ai cattolici di facciata, preferisco quelli “adulti”. La maturità nella fede non è una colpa.
Dovremmo, forse, essere eternamente bambini, perché qualcuno possa indirizzarci e condurre dove vuole? La Chiesa, purtroppo, ha preferito “atei devoti” a cattolici onesti e competenti. Lo dobbiamo a Famiglia Cristiana se, in questi tempi, possiamo dirci cattolici senza arrossire.

Un lettore

Il lettore ci gratifica al di là del nostro impegno. Che è quello di raccontare la realtà, senza manipolarla. E prendere posizione netta a favore dei valori. A difesa della dignità delle persone e dell’uguaglianza di tutti gli esseri umani. Non ci muovono interessi di parte, ma la ricerca e l’amore per il bene comune. Cioè il benessere di tutti. A cominciare dalle famiglie che non hanno voce per essere rappresentate. Lo facciamo ispirandoci ai princìpi evangelici. In libertà e autonomia. Da qualsiasi potere. Con la responsabilità che ogni credente deve avere nell’offrire il proprio contributo per la costruzione della “città terrena”.

Pubblicato il 21 dicembre 2011 - Commenti (0)
26
ott

I cattolici aprano gli occhi

Nel giorno in cui, a Lecce, una ragazzina e quattro lavoratrici, che cucivano magliette in uno scantinato per meno di quattro euro all’ora, morivano travolte dalle macerie, qualche alto rappresentante delle istituzioni non solo ignorava l’accaduto, ma si esibiva garrulo in una nuova performance di pessimo gusto. Con le peggiori volgarità nei confronti delle donne, per trovare il nome al proprio “partito padronale”. Da parte dei cattolici del suo schieramento ci si sarebbe aspettata una levata di scudi. Macché, solo i soliti sorrisetti ebeti e qualche sottile distinguo, annacquato nel banale, per non disturbare il manovratore! Non c’è bisogno di commenti. Pur avendo ben presente la carità evangelica, mi sento di dare una bella “tirata d’orecchie” a questi “cattolici”. Cos’altro deve accadere perché ci sia un sussulto di dignità? Come si può tollerare d’essere così malamente rappresentati nel mondo? A volte, come ha detto il Papa in Germania, i non credenti sono meglio di tanti “cattolici della mutua”.

 Giuseppe F. - Milano

Già, cos’altro deve accadere perché i cattolici, soprattutto quelli impegnati in politica, aprano finalmente gli occhi? Il male è male, chiunque lo commetta e da qualunque parte venga. E bisogna dirlo con chiarezza e a voce alta. A costo di pagarne le conseguenze. Sminuirne la gravità o spostare l’attenzione su altri obiettivi è una forma di grave corresponsabilità. Peggio ancora, quando si vuole accomunare tutti nello stesso mucchio. Tutti colpevoli, nessuno colpevole. Così hanno reagito alcuni politici cattolici dopo il forte richiamo del cardinale Bagnasco contro «comportamenti licenziosi e relazioni improprie di attori della scena pubblica, che la collettività guarda con sgomento». Adorano e seguono il “principe” più di quanto non facciano con nostro Signore e il Vangelo. Una foglia di fico a stili di vita riprovevoli. È troppo grave il momento perché ci sia spazio per ambiguità ed equivoci. Fino a che punto deve degradarsi l’immagine dell’Italia nel mondo, prima di indignarsi e reagire a tanta indecenza?

Pubblicato il 26 ottobre 2011 - Commenti (22)
19
ott

Cattolici praticanti e caso Ruby

Ruby, al centro del processo milanese.
Ruby, al centro del processo milanese.

Ho letto il commento del sociologo Franco Garelli sulla divisione dei cattolici sul “caso Ruby”.

Mi reputo un “cattolico del dissenso”. Così, trentacinque anni fa, veniva chiamato un gruppo di giovani della mia città, che si opponeva alle posizioni rigide della Chiesa. Per questo, le sembrerò un po’ severo e non troppo ortodosso nelle mie interpretazioni.

L’articolo si chiedeva come mai i praticanti sono più tolleranti rispetto a chi frequenta di meno la Chiesa. Probabilmente, a mio parere, perché sono più “ortodossi”. Mentre i meno praticanti sono più abituati a pensare con la propria testa e non secondo i voleri dell’autorità.

Purtroppo, nella storia, si è creato un sodalizio poco virtuoso tra Chiesa e potere. Le masse poco alfabetizzate facevano comodo ai potenti. Questi elargivano benefici e leggi a favore della Chiesa, perché predicando l’obbedienza al potere, tenesse le masse nell’ignoranza.

Che c’entra ciò con la situazione attuale? Anche oggi, la Chiesa ha preferito appoggiare un potente, dai comportamenti moralmente discutibili, che però le garantiva leggi a suo favore sulla vita e la scuola, piuttosto che schierarsi dalla parte di chi ha maggior senso dello Stato, dell’onestà, della democrazia.

Mi lasci fare, per un attimo, il “comunista” (non lo sono, ma voglio provocare). Qual è il grande vulnus del pensiero progressista di sinistra? È la sottrazione del potere della Chiesa sui temi della bioetica. Quel che conta non è l’onestà della società, ma che il monopolio sulla sfera vitale e sessuale rimanga saldo nelle mani della Chiesa.

È facile che chi è ai margini della Chiesa sia portato a essere severo con i comportamenti libertini. Mentre chi è più ortodosso consideri che la maggior disgrazia sia il pericolo comunista. Non l’immoralità, la corruzione o il rischio totalitario.
Aggiungiamoci, poi, un sentimento tipicamente italiano: è meglio fare invidia che pietà. Così l’immagine del “macho”, dell’aggressivo, del vincente, attira le masse. Ne abbiamo avuto un esempio circa ottant’anni fa. Anche allora un signore diceva: «Me ne frego». E a lui abbiamo consegnato la Patria, i figli e anche l’oro delle fedi nuziali.

La Chiesa, oggi, deve scongiurare il pericolo di una guerra fratricida. Non voglio dire che debba rinunciare ai propri princìpi, ma c’è anche il bene dello Stato da tutelare. Le democrazie sono molto più fragili, e le vite umane più preziose di ogni dogma.

Credo sia più meritorio per la Chiesa convincere i cattolici a combattere contro il pericolo della disgregazione. Non dimentichiamo il danno che farà quella dottrina che porta a legalizzare l’illecito, pur di rimanere in sella. Siamo a un novello machiavellismo: il fine che giustifica i mezzi. Oggi, però, il fine è molto meno nobile di quello di “messer Machiavelli”. Non più il governo dello Stato, ma il tornaconto personale. A ogni costo, in modo arrogante e sfacciato.
Gian Piero

Sulla vicenda del caso Ruby, che ha coinvolto direttamente e pesantemente il capo del Governo, i cattolici più praticanti hanno dimostrato una maggiore tolleranza rispetto a chi frequenta meno la Chiesa. Così, almeno secondo i sondaggi. Come spiegare questa differenza? In particolare, come interpretare la tolleranza di una vicenda che non è proprio tollerabile?

Gian Piero indulge sulla tesi di un certo sodalizio tra Chiesa e potere politico. Di qui l’enfasi sull’obbedienza al potere politico, piuttosto che sull’agire secondo la propria coscienza. Anche in un eventuale disaccordo con l’ordine costituito. È una tesi che, in assoluto, non rende ragione del fatto che, nella storia, si sono verificati più contrapposizioni che compromessi tra Chiesa e potere politico.

L’altra obiezione riguarda la massa analfabeta e disinformata di una volta, lasciata volutamente in questa condizione da parte della Chiesa. Ignorando, invece, quanto essa ha fatto per l’istruzione dei ceti popolari. Grazie anche a tante iniziative di istituzioni religiose.

Forse, una maggiore tolleranza sul caso Ruby, da parte dei più praticanti, va trovata in quella tendenza del mondo cattolico a identificarsi in una cultura conservatrice. Considerando più sovversivi persone e gruppi sociali che propongono profondi cambiamenti sociali.

Si pensi, nel mondo cattolico di allora, alla scarsa recezione dell’enciclica sociale Rerum novarum di Leone XIII. C’è stato chi ha letto quel documento, che rivoluzionario non era, in chiave favorevole al socialismo e al comunismo. Chiunque faceva un discorso di giustizia sociale o di lavoro era considerato di sinistra (comunista).

L’articolo 1 della Costituzione italiana recita: «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro». E non è mancato, tra i commentatori, chi ci ha visto l’influsso della cultura marxista. Come se la problematica del lavoro fosse monopolio del marxismo.
E così i cattolici più praticanti stavano con il potere politico della destra, considerata baluardo contro i comunisti. Unico pericolo dal quale occorreva difendersi.

Un’altra spiegazione della maggiore tolleranza sta nel prevalere di interessi, finalizzati al dominio su ogni altra istanza. O nel ridurre la politica a un mestiere redditizio, nel sostituire la normalità della menzogna alla verità morale dei diritti umani, alla verità storica e alla verità giudiziaria.

Non sparisce il richiamo ai valori, ma il riferimento è abbastanza retorico, perché i valori non sono legati a ideali di vita che riguardano giustizia, società e storia.

Se c’è una maggiore tolleranza dei cattolici praticanti del malcostume personale e politico, c’è da chiedersi come mai la dottrina sociale della Chiesa intercetta così poco i credenti praticanti.

È segno, forse, che la fede cristiana è ancora ridotta alla celebrazione del culto. Con poca o scarsa incidenza nella formazione sociale delle coscienze. Rese, così, incapaci di indignazione, protesta e proposta.

Pubblicato il 19 ottobre 2011 - Commenti (37)
17
nov

I cattolici e i comportamenti antievangelici

Complimenti per Famiglia Cristiana. È davvero nuova sia nella grafica che nei contenuti. Ma voglio ringraziarvi, soprattutto, perché avete sempre la “schiena dritta” e non vi lasciate intimidire da nessuno. La nostra famiglia è abbonata da più di trent’anni alla rivista, e ne siamo contenti. Anzi, qualche volta, ci siamo permessi di regalare l’abbonamento a un paio di famiglie che non se lo potevano permettere economicamente. Vi apprezzo perché date voce a chi non ha voce e vi battete per difendere le famiglie in difficoltà, i diversamente abili, gli anziani. Non stancatevi mai di annunciare la dottrina sociale della Chiesa. Oggi, ce n’è tanto bisogno.
Bruno

Sono rimasto scandalizzato, oltre che offeso, dalla proposta del signor Palmisano di proibire la vendita del vostro settimanale nelle chiese, perché fa “moralismo” contro i comportamenti del presidente del Consiglio. Ma come si può essere cattolici e, al tempo stesso, giustificare comportamenti così immorali e anticristiani? O far finta di nulla di fronte a chi ostenta le sue frequentazioni con prostitute? Quanto a etica pubblica, l’Italia è davvero ridotta a pezzi. La gente si lascia, facilmente, abbagliare dalla ricchezza e dal potere dei potenti. Grazie a persone come Palmisano, conosco moltissimi cristiani che hanno abbandonato la Chiesa e la religione.
Sergio P.

Noi andiamo avanti per la nostra strada, incuranti dei Palmisano di turno che, con proposte strampalate quanto false nei contenuti, non hanno altro modo per conquistarsi un briciolo di notorietà. O per ingraziarsi il proprio “datore di lavoro” con patetiche difese d’ufficio. Tutto è lecito, ma non a scapito della verità. Possiamo travisare i fatti, ma non addomesticare il Vangelo e piegarlo a interessi di parte. «La verità vi renderà liberi», ci ricorda l’evangelista Giovanni. Ma per essere liberi non si possono servire due padroni. Uno è di troppo. Spetta a noi chi scegliere, con dignità e a “schiena dritta”.

Pubblicato il 17 novembre 2010 - Commenti (4)
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