di Don Sciortino
Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.
29 ott
Sant’Agostino afferma, come ha ricordato il Papa,
che gli Stati che non praticano la giustizia e il diritto
sono in mano a bande di briganti. Su questo siamo
tutti d’accordo. Ma bisogna che la critica sia rivolta
a tutte le “bande”. Non solo ai “peccati personali”
di qualche carica istituzionale, ma a quei programmi
di partito che sono ben più lesivi del “bene comune”.
Mi riferisco a gravi posizioni su divorzio, aborto,
matrimoni omosessuali, eutanasia, fecondazione
artificiale, adozione di figli da parte di single e coppie
omosessuali.
Tommaso D. L. - Perugia
Un “cattolico del dissenso” sembra stupirsi che
i credenti praticanti siano più tolleranti verso le
“malefatte” di chi ci governa. Anch’io sono tra quelli
che pensano che l’azione politica sia più importante
della condotta personale. Ci sono valori per noi
cattolici “non negoziabili” come la pace e la giustizia.
Ma non dimentichiamo la famiglia fondata sul
matrimonio tra uomo e donna, e il rispetto della vita
dalla nascita alla morte. Perché ignorare chi vuole
la legalizzazione delle coppie di fatto, il matrimonio
tra omosessuali, ed è a favore dell’eutanasia? Che dire
poi dell’anticlericalismo della stampa di sinistra?
Gli stessi che la elogiano se critica il Governo, ma
poi attaccano la sua istituzione per l’Ici.
Simone
Non c’è dubbio che non bisogna avere remore contro
nessuna “banda”. Nel nome della coerenza evangelica.
Noi non abbiamo scelto una parte contro l’altra. Non ci riguarda
né ci interessa. Abbiamo scelto di seguire il Vangelo
e la dottrina sociale della Chiesa. Senza pregiudizi o interessi
da difendere. Mi dispiace solo quando ci attribuiscono
schieramenti che non ci appartengono. Come se la difesa
dell’etica privata e pubblica fosse in alternativa all’etica
della vita. Non abbiamo mai ceduto a questa separazione.
Il Vangelo non l’abbiamo mai fatto a pezzettini.
Pubblicato il 29 ottobre 2011 - Commenti (3)
26 ott
Nel giorno in cui, a Lecce, una ragazzina e quattro lavoratrici,
che cucivano magliette in uno scantinato per meno di quattro
euro all’ora, morivano travolte dalle macerie, qualche alto
rappresentante delle istituzioni non solo ignorava l’accaduto,
ma si esibiva garrulo in una nuova performance di pessimo gusto.
Con le peggiori volgarità nei confronti delle donne, per trovare il
nome al proprio “partito padronale”. Da parte dei cattolici del suo
schieramento ci si sarebbe aspettata una levata di scudi. Macché,
solo i soliti sorrisetti ebeti e qualche sottile distinguo, annacquato
nel banale, per non disturbare il manovratore! Non c’è bisogno di
commenti. Pur avendo ben presente la carità evangelica, mi sento di dare una bella “tirata d’orecchie” a questi “cattolici”. Cos’altro deve
accadere perché ci sia un sussulto di dignità? Come si può tollerare d’essere
così malamente rappresentati nel mondo? A volte, come ha detto il Papa
in Germania, i non credenti sono meglio di tanti “cattolici della mutua”.
Giuseppe F. - Milano
Già, cos’altro deve accadere perché i cattolici, soprattutto quelli impegnati in politica,
aprano finalmente gli occhi? Il male è male, chiunque lo commetta e da qualunque
parte venga. E bisogna dirlo con chiarezza e a voce alta. A costo di pagarne
le conseguenze. Sminuirne la gravità o spostare l’attenzione su altri obiettivi è una
forma di grave corresponsabilità. Peggio ancora, quando si vuole accomunare tutti
nello stesso mucchio. Tutti colpevoli, nessuno colpevole. Così hanno reagito alcuni
politici cattolici dopo il forte richiamo del cardinale Bagnasco contro «comportamenti
licenziosi e relazioni improprie di attori della scena pubblica, che la collettività
guarda con sgomento». Adorano
e seguono il “principe”
più di quanto non facciano con
nostro Signore e il Vangelo.
Una foglia di fico a stili di vita
riprovevoli. È troppo grave il
momento perché ci sia spazio
per ambiguità ed equivoci. Fino
a che punto deve degradarsi
l’immagine dell’Italia nel mondo,
prima di indignarsi e reagire
a tanta indecenza?
Pubblicato il 26 ottobre 2011 - Commenti (22)
22 ott
Mentre tutti i partiti, almeno a parole,
dicono di voler aiutare la famiglia, essa
con questa Manovra finanziaria pagherà
mille euro netti in più per salvare il Paese
dalla speculazione. Ma quale Italia
dovremmo salvare? Quella delle auto blu
e dei festini? Quella che chiede agli altri
di stringere la cinghia, mentre allarga
i cordoni per sé stessa? O il Paese delle
mafie che patteggia i voti? Certo, esiste
un’Italia migliore, che ha ben altri valori.
Ho due figli piccoli, e cercherò di farli
crescere bene, sugli insegnamenti di Gesù.
Il nostro Paese, purtroppo, è in una grave
crisi etica. Peggio di quella economica.
È questo dovrebbe preoccuparci di più.
Carlo F. - Venezia
C’è un’Italia migliore e maggioritaria rispetto
a quella che ha occupato la scena e che dà
un’immagine distorta del Paese. Anche al di fuori
dei confini nazionali. È l’Italia dei buoni sentimenti,
che si rimbocca le maniche ogni mattina,
che fa sacrifici per il futuro dei propri figli. È
l’Italia solidale, che ammortizza povertà, mancanza
di lavoro e futuro per i giovani. Ha solo
bisogno d’essere meglio rappresentata.
Pubblicato il 22 ottobre 2011 - Commenti (3)
19 ott
Ruby, al centro del processo milanese.
Ho letto il commento del sociologo Franco
Garelli sulla divisione dei cattolici
sul “caso Ruby”.
Mi reputo un “cattolico
del dissenso”. Così, trentacinque anni fa,
veniva chiamato un gruppo di giovani della
mia città, che si opponeva alle posizioni rigide
della Chiesa. Per questo, le sembrerò un po’
severo e non troppo ortodosso nelle mie interpretazioni.
L’articolo si chiedeva come mai i
praticanti sono più tolleranti rispetto a chi frequenta
di meno la Chiesa. Probabilmente, a
mio parere, perché sono più “ortodossi”. Mentre
i meno praticanti sono più abituati a pensare
con la propria testa e non secondo i voleri
dell’autorità.
Purtroppo, nella storia, si è creato un sodalizio
poco virtuoso tra Chiesa e potere. Le masse
poco alfabetizzate facevano comodo ai potenti.
Questi elargivano benefici e leggi a favore della
Chiesa, perché predicando l’obbedienza al potere,
tenesse le masse nell’ignoranza.
Che c’entra
ciò con la situazione attuale? Anche oggi, la
Chiesa ha preferito appoggiare un potente,
dai comportamenti moralmente discutibili,
che però le garantiva leggi a suo favore sulla
vita e la scuola, piuttosto che schierarsi dalla
parte di chi ha maggior senso dello Stato,
dell’onestà, della democrazia.
Mi lasci fare, per un attimo, il “comunista”
(non lo sono, ma voglio provocare). Qual è il
grande vulnus del pensiero progressista di sinistra?
È la sottrazione del potere della Chiesa
sui temi della bioetica. Quel che conta non è
l’onestà della società, ma che il monopolio sulla
sfera vitale e sessuale rimanga saldo nelle
mani della Chiesa.
È facile che chi è ai margini
della Chiesa sia portato a essere severo con i
comportamenti libertini. Mentre chi è più ortodosso
consideri che la maggior disgrazia sia
il pericolo comunista. Non l’immoralità, la
corruzione o il rischio totalitario.
Aggiungiamoci, poi, un sentimento tipicamente
italiano: è meglio fare invidia che pietà.
Così l’immagine del “macho”, dell’aggressivo,
del vincente, attira le masse. Ne abbiamo
avuto un esempio circa ottant’anni fa. Anche
allora un signore diceva: «Me ne frego». E a lui
abbiamo consegnato la Patria, i figli e anche
l’oro delle fedi nuziali.
La Chiesa, oggi, deve
scongiurare il pericolo di una guerra fratricida.
Non voglio dire che debba rinunciare ai
propri princìpi, ma c’è anche il bene dello Stato
da tutelare. Le democrazie sono molto più
fragili, e le vite umane più preziose di ogni
dogma.
Credo sia più meritorio per la Chiesa
convincere i cattolici a combattere contro il
pericolo della disgregazione.
Non dimentichiamo il danno che farà quella
dottrina che porta a legalizzare l’illecito,
pur di rimanere in sella. Siamo a un novello
machiavellismo: il fine che giustifica i mezzi.
Oggi, però, il fine è molto meno nobile di
quello di “messer Machiavelli”. Non più il governo
dello Stato, ma il tornaconto personale.
A ogni costo, in modo arrogante e sfacciato.
Gian Piero
Sulla vicenda del caso Ruby, che ha coinvolto
direttamente e pesantemente il capo
del Governo, i cattolici più praticanti
hanno dimostrato una maggiore tolleranza rispetto
a chi frequenta meno la Chiesa. Così, almeno
secondo i sondaggi. Come spiegare questa
differenza? In particolare, come interpretare
la tolleranza di una vicenda che non è proprio
tollerabile?
Gian Piero indulge sulla tesi di
un certo sodalizio tra Chiesa e potere politico. Di qui l’enfasi sull’obbedienza al potere politico,
piuttosto che sull’agire secondo la propria
coscienza. Anche in un eventuale disaccordo
con l’ordine costituito. È una tesi che, in assoluto, non rende ragione
del fatto che, nella storia, si sono verificati
più contrapposizioni che compromessi tra Chiesa
e potere politico.
L’altra obiezione riguarda
la massa analfabeta e disinformata di una volta,
lasciata volutamente in questa condizione
da parte della Chiesa. Ignorando, invece, quanto
essa ha fatto per l’istruzione dei ceti popolari.
Grazie anche a tante iniziative di istituzioni
religiose.
Forse, una maggiore tolleranza sul caso
Ruby, da parte dei più praticanti, va trovata
in quella tendenza del mondo cattolico a
identificarsi in una cultura conservatrice.
Considerando più sovversivi persone e gruppi
sociali che propongono profondi cambiamenti
sociali.
Si pensi, nel mondo cattolico di allora,
alla scarsa recezione dell’enciclica sociale Rerum
novarum di Leone XIII. C’è stato chi ha letto
quel documento, che rivoluzionario non era,
in chiave favorevole al socialismo e al comunismo.
Chiunque faceva un discorso di giustizia
sociale o di lavoro era considerato di sinistra
(comunista).
L’articolo 1 della Costituzione italiana
recita: «L’Italia è una Repubblica democratica,
fondata sul lavoro». E non è mancato,
tra i commentatori, chi ci ha visto l’influsso della
cultura marxista. Come se la problematica
del lavoro fosse monopolio del marxismo.
E così
i cattolici più praticanti stavano con il potere
politico della destra, considerata baluardo contro
i comunisti. Unico pericolo dal quale occorreva
difendersi.
Un’altra spiegazione della maggiore tolleranza
sta nel prevalere di interessi, finalizzati al dominio
su ogni altra istanza. O nel ridurre la politica
a un mestiere redditizio, nel sostituire la normalità
della menzogna alla verità morale dei diritti
umani, alla verità storica e alla verità giudiziaria.
Non sparisce il richiamo ai valori, ma
il riferimento è abbastanza retorico, perché
i valori non sono legati a ideali di vita che riguardano
giustizia, società e storia.
Se c’è una maggiore tolleranza dei cattolici
praticanti del malcostume personale e politico,
c’è da chiedersi come mai la dottrina sociale
della Chiesa intercetta così poco i credenti praticanti.
È segno, forse, che la fede cristiana è ancora
ridotta alla celebrazione del culto. Con poca
o scarsa incidenza nella formazione sociale
delle coscienze. Rese, così, incapaci di indignazione,
protesta e proposta.
Pubblicato il 19 ottobre 2011 - Commenti (37)
19 ott
Stiamo attraversando periodi molto brutti.
Difficili da sopportare, senza indignarci: ma
a che scopo? Per uscire dalla crisi, i politici non
hanno soluzioni. Anzi, non sanno cosa siano.
La Chiesa non muove un dito. Sì, ogni tanto,
si alza la voce del Papa contro i soprusi, ma chi
lo ascolta? Tutto si risolve in un applauso, al
massimo una fiaccolata. Nella realtà, aumentano
le tasse e cresce il malessere. Forse, è tempo
di svegliarsi e agire.
Enzo - Biella
Il quadro, forse, è troppo pessimistico. Non perché
non siano vere le cose che dici, ma per l’assenza
di uno spiraglio di luce. E perché il giudizio negativo
è esteso a tutti, in modo indistinto.
Anche se la
Chiesa non è sempre stata tempestiva nelle sue denunce,
metterla sullo stesso piano dei politici è farle
torto. Soprattutto di questi politici, servili “a livelli
inauditi”. Senza ideali e amore per il Paese.
Se c’è
una cosa che offende i cittadini, è l’attaccamento
che hanno alla poltrona. Pur di non perderla, si mettono
in vendita, ricattano, fanno la questua. Non vogliono
rinunciare a privilegi e rendite. Su cui non solo
non è calata la scure, tanto annunciata, ma nemmeno
un piccolo taglio. Invocano la privacy per nascondere
doppi e tripli vitalizi, o conflitti di interessi.
Se il Paese va alla malora, pazienza. Prima vanno
salvaguardati i propri affari. Per questo sono in Parlamento.
Non certo eletti dal popolo, ma “nominati”
dai segretari di partito. La loro libertà è soggetta alla
prossima lista per le elezioni.
Pubblicato il 19 ottobre 2011 - Commenti (2)
12 ott
Sono la mamma di due figlie
di venti e diciott’anni e di un
ragazzino di dodici. Non abbiamo
problemi economici grazie al lavoro,
duro e soddisfacente, di mio marito.
Il problema che mi assilla e che sta
minando i rapporti in famiglia,
riguarda la nostra figlia più grande.
Da un anno circa, si è innamorata
e fidanzata con un coetaneo serio,
sensibile e solare, per quel poco che
conosco. Ma di pochi studi e di pochi
mezzi. Anche familiari. Ha finito i corsi
professionali e, pare, cominci presto
un lavoro come apprendista. Suo papà
è bidello e ha una famiglia numerosa.
Condivido la preoccupazione di mio
marito per il futuro di nostra figlia.
Anche per il livello culturale di questa
famiglia. Ma il suo atteggiamento
ostile temo che non farà altro che
allontanare nostra figlia. Già ora
non ha niente da dirci, e si è chiusa
a riccio. Non le nascondo che anch’io
avrei sperato per lei una situazione
più “sicura”, ma vedo che si vogliono
un gran bene, legati anche da una
comune pratica religiosa. Credo che
i figli debbano fare le loro scelte da
persone libere.
Vanna B. - Verona
Mi pare, cara Vanna, che nella tua lettera
ci sia un’analisi attenta dei problemi,
ma anche diverse piste di riflessione e
una soluzione quando dici che i «figli devono
fare le loro scelte da persone libere».
È normale che i genitori siano preoccupati
del futuro dei propri figli, che vorrebbero
esenti da preoccupazioni e fastidi. E
delle scelte che fanno in vista di una vita
in comune. Forse, però, più che perdere
tempo a recriminare sulle condizioni economiche
della famiglia del fidanzato di
vostra figlia, potreste dedicarvi di più a
conoscerlo meglio. Invitandolo, ad esempio,
a casa vostra e frequentandolo con
più intensità. Evitereste, così, di allontanare
vostra figlia. E, soprattutto, di darle
l’impressione che per voi quel che conta
sia soltanto il conto in banca. Senza interesse
ad altri valori.
Pubblicato il 12 ottobre 2011 - Commenti (7)
11 ott
L’esperienza di una malattia in famiglia ti insegna
a ridimensionare tante cose. Soprattutto il modo
di vivere. Ma c’è un’altra cosa che considero sempre
con stupore: il silenzio di Dio. Quando entro
in chiesa, guardo il crocifisso e mi sento immersa
in un silenzio avvolgente. Fuori c’è chi si affanna,
piange, gioisce, lavora, si dispera o è in pace con sé
stesso. Non so cosa sia la fede. E non ho mai chiesto
un miracolo. Ho capito che ero impotente di fronte
alla malattia di una persona amata. Mi sono
affidata a Dio. Lui è sempre lì, vicino a chi soffre.
Io ho creduto alla promessa della vita eterna.
E le promesse vanno mantenute. Quel che doniamo
ci verrà restituito in abbondanza.
Simona
La malattia, spesso, è il momento della verità. Dove
quel che conta è ciò che sei. Tutto il resto, dai soldi ai
successi, svanisce come neve al sole. La vera ricchezza
è quella interiore, che non ha prezzo. Tu dici di non sapere
cos’è la fede, ma ci dai una lezione di come viverla.
Anche quando è messa duramente alla prova. Come
l’esperienza della “notte buia” di tanti mistici e anche
di Madre Teresa di Calcutta. La luce arriva dall’abbandono
totale in chi abbiamo posto la fiducia e nel
donarsi agli altri. «C’è più gioia nel dare che nel ricevere
»: parole del Signore che non trovano, però, il dovuto
consenso in una società sempre più egoista.
Pubblicato il 11 ottobre 2011 - Commenti (0)
05 ott
Vorrei rispondere a Paolo B. (FC n. 38/ 2011), che accusava i giovani di non volersi sposare e avere figli a causa della crisi. Eppure, caro Paolo, non tutti i ragazzi sono come li descrivi tu. Personalmente, io voglio mettere su famiglia. Ho ventinove anni, ma come faccio ad avere un futuro senza lavoro? La precarietà brucia sogni, aspettative e illusioni. Faccio una vita come tanti. Non bevo né mi “sballo”. Credo in Dio e nei sani valori che i miei genitori mi hanno insegnato fin da piccola. Ho una laurea e un master: perché non ho un lavoro? Forse, perché non sono “figlia di papà” né ho “santi in paradiso”. Ho voglia di rimboccarmi le maniche e lavorare. Finora ho ricevuto porte in faccia. Ho una sola speranza: che l’Italia cambi. E che i nostri politici, un giorno, comincino a occuparsi di noi giovani disoccupati.
Un’assidua lettrice
L’auspicio di un’Italia più normale è nella mente di tanti. Ma non si vedono cambiamenti all’orizzonte. Almeno, con questa classe politica che non sa alzare lo sguardo dal ristretto terreno dei propri interessi. Non ha una visione ideale, non un progetto per il futuro del Paese. Dove il ruolo centrale dovrà essere quello di voi giovani. Ma, al di là di tante dichiarazioni retoriche, sembra che il vostro destino non interessi a nessuno. Eppure, i dati che vi riguardano, soprattutto nel Sud Italia, sono davvero preoccupanti. Al limite della disperazione. Nel Mezzogiorno in recessione, lavora meno di un giovane su tre. Svimez, l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Sud, ha parlato di “tsunami demografico”. «Da un’area giovane e ricca di menti e di braccia», scrive il rapporto Svimez, «il Mezzogiorno si trasformerà nei prossimi decenni in un’area spopolata, anziana ed economicamente sempre più dipendente dal resto del Paese». Non c’è in Parlamento uno straccio di legge che si preoccupi di come dare un lavoro e un futuro a voi giovani. Certo, è più urgente mettere il bavaglio a chi denuncia che il “re è nudo”!
Pubblicato il 05 ottobre 2011 - Commenti (15)
03 ott
Una nota pornostar, parlamentare per cinque anni, godrà di una pensione di circa tremila euro al mese. Mia moglie e io, con una lunga vita lavorativa e tanti sacrifici per mandare avanti la famiglia con onorabilità, abbiamo raggiunto la meritata pensione, ma fatichiamo a “sopravvivere”. La Manovra finanziaria è stata una farsa. A pagare sono sempre i cittadini più deboli. Gli onorevoli godono di immeritati privilegi, auto blu, servizi sanitari gratis, incluse le cure estetiche. Ho settant’anni, e sono avvilito. Però, ho più dignità e mi sento più “onorevole” dei nostri parlamentari.
Un fedele lettore
Non vorrei essere cattivo e mi si perdoni la battuta: oggi, ci vuole davvero poco ad avere più dignità e a essere più “onorevoli” di chi ci rappresenta nelle aule parlamentari. È tale il loro distacco dalla vita reale e dalle difficoltà che vivono le famiglie italiane, che sono ormai sordi e insensibili a tutto. Un muro di gomma. Eccetto al proprio interesse, che sanno difendere bene, con tutti i sotterfugi possibili. Ma oltre alla dignità, hanno perso credibilità e quella forza morale che permetterebbe loro di chiedere sacrifici ai cittadini. Non hanno dato alcun esempio di rigore e serietà, in un momento in cui gli italiani tirano la cinghia. “Politicanti” più che politici, che hanno perso di mira il bene del Paese. Opportunisti, spremono le casse pubbliche, con privilegi che offendono la gente laboriosa e onesta. È quanto mai urgente dare seguito all’appello del Papa, per una nuova classe politica. Con più etica e dignità.
Pubblicato il 03 ottobre 2011 - Commenti (5)
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