di Don Sciortino
Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.
23 gen
Carissima Famiglia Cristiana e anche carissimi familiari del vescovo più "isolato" agli estremi confini della terra. Mi dite che il 3 gennaio è scaduto l'abbonamento alla rivista che, con generosità e gratuitamente, mi avete concesso anche per lo scorso anno, nonostante la crisi. È nella crisi che ci si sente più famiglia e ve ne sono grato di cuore. Non solo io, ma anche vari altri volontari e suore condividono con me la lettura della rivista. Alla fine, le copie vanno nella biblioteca delle scuole, ed è bello vedere i giovani studenti "salomonesi" sfogliarne le pagine. Grazie al vostro abbonamento gratuito ho potuto seguire i problemi dello scorso anno e condividere le speranze e i sogni per una crescita della classe politica a servizio del bene comune. È stato bello leggere cosa scrivono e pensano i lettori e le risposte di don Antonio. È stato stimolante sentire le varie proposte intelligenti che proponevano quei valori che possono unirci e farci sognare una società migliore. Sarà, certamente, ancora bello continuare a farlo, ma per questa mia richiesta dovrete prima fare i conti con i vostri "contabili". Da parte mia, sarei veramente felice di continuare a ricevere la rivista. Se non fosse possibile, vi ringrazio di cuore per la vostra vicinanza e amicizia. È incredibile come una rivista possa portare il messaggio agli estremi confini della terra! Grazie di cuore. Nella speranza di ricevere ancora un nuovo regalo, vi auguro un buon anno, pieno di energie e di grazia.
Mons. Luciano Capelli - Solomon Islands
Pensare che quello che scriviamo crea un legame così stretto e affettuoso a migliaia di chilometri di distanza, suscita emozione. Ma come potremmo, caro monsignore "volante" che ci scrive "dall'altro mondo", privarla della gioia di leggerci e seguire le nostre misere o esaltanti vicende italiane? Anche noi non vogliamo fare a meno della sua amicizia e simpatia. Né togliere alla sua comunità, che immagino sparsa per centinaia di chilometri, il piacere di sfogliare la rivista. Possiamo farlo, grazie alla generosità dei lettori.
Pubblicato il 23 gennaio 2013 - Commenti (2)
16 gen
Adesso che è terminata la campagna
pubblicitaria dell’otto per mille al
clero, lasciateci dire che lo spot non
ci è piaciuto. Siamo laici impegnati
nel volontariato come tantissime altre
persone, e ci è sembrato spudorato,
prima ancora che offensivo, che il clero
voglia apparire come l’unico soggetto
che si occupa di chi è meno fortunato.
Ancora una volta, disconoscendo o
sottovalutando l’apporto dei cristiani laici nella Chiesa.
Se dobbiamo basarci sulla nostra esperienza diretta,
non ci sembra che l’occupazione principale del clero
sia l’assistenza diretta ai meno fortunati. Ma sappiamo
che non è il loro compito principale. Ci è sembrato
che la Cei abbia posto l’accento sull’opera sociale
dei preti, perché questo tocca le coscienze e i portafogli
dei donatori. Nello spot si respira un clima cupo.
Non si dà l’idea della gioia del cristiano. Il prete
è solo. Ma che ne sarebbe di lui senza una comunità?
Alessandro e Margherita P. - Livorno
Ho visto sulla rivista una pubblicità che mi ha
sconcertata. Su uno sfondo tutto nero, a piena pagina,
risaltava la parola “Nessuno”, ripetuta tre volte.
E sotto, in piccolo, la domanda: «Se non ci fossero
i sacerdoti, al fianco di molti, chi ci sarebbe?». Come
a dire che, senza i sacerdoti, non ci sarebbe nessuno
a testimoniare l’amore di Dio verso il prossimo. La
realtà è ben differente. E sono tantissime le persone che
si dedicano al volontariato. Nel silenzio e nellagratuità.
Perché questo bisogno di dirsi “unici”, quasi fossero
una “casta”? Mi è parso un autogol.
Marisa S. - Verona
Osservazioni più che pertinenti. Ma non credo che chi
ha realizzato quella pubblicità volesse mettere in “santa”
competizione clero e laici, per verificare chi è più vicino ai
poveri. L’amore per il prossimo, nella Chiesa, non è compito
appaltato a qualcuno. Riguarda tutti, perché il giudizio
finale verterà solo sulla carità (vedi Matteo 25). Il termine
“Nessuno” non intendeva essere esclusivo. Né ignorare
il vasto impegno dei laici nel volontariato. Certo, si è
puntato sui preti, perché loro erano lo scopo della campagna
promozionale. Ma, forse, si è data un’idea di Chiesa
ancora clericale e gerarchica. Distante dal concetto di “popolo
di Dio”, che il Concilio ci ha fatto riscoprire.
Pubblicato il 16 gennaio 2013 - Commenti (9)
15 gen
Dai giornali e dalla Tv ho appreso la notizia
della sentenza sulla causa di divorzio tra
Silvio Berlusconi e Veronica Lario. Il tribunale
di Milano ha sancito che il “Cavaliere” deve
corrispondere alla ex moglie centomila euro al
giorno. Dopo la laurea in Ingegneria, ho
lavorato per cinquanta anni, prima come
dipendente e poi, una volta pensionato, come
consulente. Ora percepisco una pensione
mensile che al confronto della somma
quotidiana che percepirà la signora Lario, è
davvero una “mancia”. Se non un’elemosina.
Sono indignato di tanto squilibrio sociale. È una
vera e propria ingiustizia. Un’offesa alla
stragrande maggioranza delle persone che
hanno lavorato per
una vita.
Nell’enciclica
Sollecitudo rei
socialis, Giovanni
Paolo II ha parlato
di «strutture di
peccato», presenti
nella società.
Bene, questo ne
è un esempio.
La gerarchia non
dovrebbe tacere
di fronte a tanta
sperequazione.
Un pensionato
Sarà, senz’altro, tutto secondo le leggi, che regolano
gli “alimenti” da passare alla moglie dopo il divorzio.
Ma certe cifre, centomila euro al giorno, offendono
milioni di lavoratori e pensionati, che faticano
ad arrivare a fine mese. E fanno la fila alle mense
della Caritas per un piatto di pasta. E di certo il Cavaliere
non andrà in bolletta per mantenere Veronica,
visto il patrimonio che si aggira sui quattro miliardi
di euro. Il Paese ha bisogno di più giustizia sociale,
di una più equa redistribuzione della ricchezza. Non
è più tollerabile che, in tempi di crisi, i ricchi diventino
ancora più ricchi, con maggiori privilegi, mentre
tanta gente diventa più povera e soccombe sotto il peso
di tasse e aumenti della spesa corrente.
Pubblicato il 15 gennaio 2013 - Commenti (3)
14 gen
Caro don Antonio, in questo periodo
tramite la rivista vorrei rivolgere un sentimento
di riconoscenza e un augurio di bene alle “badanti”,
presenti in centinaia di migliaia di famiglie italiane.
Queste donne moldave o ucraine di mezza età,
che lasciano la loro famiglia e i figli, sono oltre
seicentomila in Italia. Per tantissime famiglie
di casa nostra sono divenute un supporto prezioso
nell’assistenza degli anziani. E con costi, comunque,
più contenuti rispetto ad altre scelte per assistere
le persone non autosufficienti. Sarebbe doveroso
che le nostre comunità si interrogassero sul modello
sociale che stiamo realizzando. E quale spazio
vogliamo riservare a una presenza multietnica, che
determina molte nostre scelte di vita. Infatti, senza
questa loro presenza, saremmo costretti a rivolgerci
alle Case di riposo o ad altre soluzioni. Dopo aver appena festeggiato
la nascita di Gesù, venuto per riscattare l’umanità,
apriamoci ai migliori sentimenti di amore e di
gioia e anche alle nostre
collaboratrici familiari, per un dono verso le loro
famiglie lasciate “orfane”.
Giuseppe D. - Chiari (Bs)
Nessuno sa, con esattezza, quante siano le badanti in
Italia. C’è chi dice cinquecentomila, chi quasi un milione.
Comunque, un esercito di donne straniere, che curano anziani
e bambini. Evitando all’Italia l’implosione del sistema
dell’assistenza. Persone, spesso, trattate con poco garbo
e umanità. Talora, sfruttate. Costrette anche a sessanta
ore alla settimana, senza una vita privata, lontane dalle
loro famiglie e dagli affetti più cari: figli e mariti. Pur di
mettere assieme un po’ di soldi, un piccolo gruzzolo da far
fruttare nei Paesi d’origine. Per salvare le nostre famiglie,
spesso distruggono le loro. Al punto, che in qualche nazione,
in Ucraina in particolare, le autorità politiche e la Chiesa
cattolica e quella ortodossa stanno facendo pressione
per bloccare il flusso di badanti, che spezza nuclei familiari.
Con conseguenze devastanti sul piano sociale nel Paese.
Ci si accorge di situazioni di sfruttamento spaventoso e
si corre ai ripari. La tua lettera, caro Giuseppe, sia lo stimolo
per una seria riflessione. Per tutti.
Pubblicato il 14 gennaio 2013 - Commenti (1)
09 gen
Sono un’assidua lettrice di Famiglia
Cristiana e, per la prima volta, mi
permetto di far sentire la mia voce per
esprimere tutta la mia indignazione nei
confronti del manifesto che il parroco
di Lerici ha osato affiggere nella bacheca
della sua parrocchia. Come a volere
giustificare gli uomini che si macchiano
del delitto orribile e della violenza inaccettabile
contro le donne alle quali magari
avevano giurato in passato amore!
Si può essere più misogini e maschilisti
di così? Che questa “predica” inaudita e
scandalosa venga da un pastore di anime,
che dovrebbe sempre ricordare il
comandamento dell’amore verso tutti,
mi riempie di sdegno.
E mi fa pensare che, forse, oggi molte
donne si allontanano dalla fede perché
non si sentono accolte da sacerdoti come
il parroco di Lerici! È mai possibile
che proprio un prete che dovrebbe testimoniare
la misericordia di Gesù, soprattutto
verso chi è più debole, si faccia invece
promotore di un’iniziativa così disgustosa
che offende la dignità di tutte
le donne e invita, implicitamente, alla
violenza, giustificando chi pretende di
essere “padrone” della vita altrui, e sopprime
senza pietà chi decide di tagliare
un rapporto, che magari è diventato
una schiavitù insopportabile?
Possibile che proprio un discepolo
del “buon Pastore” che cerca la pecora
smarrita, che difende l’adultera e invita
gli accusatori a un esame di coscienza
prima di scagliare la prima pietra contro
di lei, sia così incosciente da scusare e quasi incoraggiare quanti si rendono
responsabili di tale inaudita ferocia? Mi
chiedo: quale Vangelo annunciano e testimoniano
parroci come quello di Lerici?
Che cosa significa per loro il Comandamento:
“Non uccidere”? E quello
“nuovo” dell’amore, sintesi di tutto il
Vangelo? Sinceramente, mi vergogno
di quanto è successo. Penso che simili
pastori non siano degni di avere cura di
una comunità ecclesiale.
Agata S.
La condanna deve essere netta e chiara.
Non si può addurre nessuna scusante.
Non si può scherzare col fuoco,
con “provocazioni deliranti”, quando in
ballo c’è la vita di tante donne, vittime di
brutale violenza. Ancor più grave se a farlo
è un sacerdote, che dovrebbe mostrare
il “volto misericordioso” della Chiesa. O
un sito on-line, dal nome “Pontifex”, che
dice di ispirarsi ai princìpi cristiani, e che
ora genera confusioni confondendosi col
Twitter di Benedetto XVI.
«Parole prive di senso e di senno», quelle
di don Corsi, parroco di una frazione di
Lerici, hanno scritto tante donne. «Vicenda
grave e triste», l’ha liquidata con estrema
durezza il presidente dei vescovi italiani,
il cardinale Bagnasco. «C’è una violenza
diffusa che si abbatte, talora, in maniera
drammatica sulle donne», gli ha fatto
eco monsignor Vincenzo Paglia, neopresidente
del Pontificio consiglio per la famiglia,
avendo ben presente che in Italia,
ogni due giorni, viene uccisa una donna
in quanto donna. Per non dire delle altre
violenze come stupri, discriminazioni e
vessazioni varie. Aggiunge monsignor Paglia:
«Non è possibile pensare che sia colpa
delle donne stesse se tutto questo avviene.
È, quindi, inequivocabile la condanna
delle affermazioni di questo parroco». La
Chiesa ha detto ben altre cose della donna,
della sua dignità e del suo “genio”
femminile. Come queste parole di Giovanni
Paolo II: «Grazie a te, donna, per il fatto
stesso che sei donna». Un innamorato
non avrebbe detto di meglio.
d.a.
Pubblicato il 09 gennaio 2013 - Commenti (10)
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