di Don Sciortino
Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.
30 lug
Certo, l’uccisione in Turchia di
monsignor Padovese ci interroga,
non vedo, però, perché dovrebbe
imbarazzarci. La testimonianza fino
al martirio è nel codice del cristianesimo.
È stato così, fin dall’inizio, con le prime
comunità e lo stesso è ai nostri giorni.
Quel che dovrebbe “imbarazzarci”
è quando la “persecuzione” e “il male”
vengono dall’interno della stessa Chiesa.
Come più volte ha ricordato Benedetto
XVI, in questi ultimi tempi, riferendosi
ai preti pedofili. Quando la Chiesa, che
è santa e peccatrice, pretende di «lavare
i panni sporchi in famiglia» (vedasi
anche le spregiudicate operazioni
immobiliari e finanziarie), e denuncia
l’odio anticristiano quando è coinvolta
negli scandali, viene meno alla sua
missione. Per essere fedele al Vangelo,
deve essere una casa trasparente,
che manifesta all’umanità il suo amore
per i fratelli. E se sbaglia, deve trovare
il coraggio di chiedere perdono,
senza nascondersi dietro a orgogliose
rivendicazioni dei suoi privilegi.
CarloR. - Siena
Benedetto XVI ha sempre avuto parole forti
nel condannare gli scandali all’interno della
Chiesa, a cominciare dalla pedofilia di preti e
vescovi. Ha definito “terrificante” che essa debba
soffrire non per persecuzioni esterne, ma
per i peccati abominevoli dei suoi membri. Ha
espresso questo concetto, con molta chiarezza,
anche in occasione del suo viaggio a Fatima,
nel maggio scorso. Rispondendo alle domande
dei giornalisti, ha detto esplicitamente:
«La più grande persecuzione non viene dai
nemici di fuori, ma nasce dal peccato che esiste
nella Chiesa». La quale deve imparare a fare
penitenza, perché «il perdono non sostituisce
la giustizia». Già in passato, nel 2005, nelle
meditazioni della Via Crucis del Venerdì
santo, aveva denunciato questa “sporcizia”.
«Il Signore ci ha detto che la Chiesa sarà per
sempre sofferente, in modi diversi fino alla fine
del mondo», ha ricordato il Papa, spiegando
il terzo segreto di Fatima. Ma ci consoli sapere
che Dio è più forte del male.
Pubblicato il 30 luglio 2010 - Commenti (0)
26 lug
Ho letto, con disappunto, la lettera dove noi
mogli veniamo accusate, quando rifiutiamo
un rapporto sessuale, di essere la causa per cui
i mariti “vanno a donne”. Dunque, la moglie
sarebbe una prostituta che non si paga? Serve
solo per badare alla casa e per sfogare le voglie
del consorte? Sono sposata da cinque anni, ma
non sono mai stata considerata e trattata come
un oggetto. Mio marito ha sempre accettato
i miei rifiuti. Ne abbiamo parlato con serenità,
come facciamo con gli altri problemi di coppia.
A quegli uomini che si lamentano delle mogli
non disponibili per il sesso 24 ore su 24, chiedo:
avete mai provato a tornare a casa, dopo una
pesante giornata di lavoro, e mettervi a badare
alla casa? Fatelo: sparecchiare la tavola o buttare
la spazzatura sono gesti molto apprezzati dalle
mogli. O temete che sia compromessa la vostra
cosiddetta virilità?
Elena
Una malintesa (e antiquata) concezione della virilità porta a
distinzioni di compiti che, oggi, non hanno più ragione d’essere (qualora l’avessero mai avuta in passato). Ad esempio,
pensare che a occuparsi dell’educazione dei figli dovesse essere
solo la donna. All’uomo competeva, invece, portare i soldi in casa.
E non bisognava chiedergli nient’altro. Guai, se al ritorno
dal lavoro, mentre in ciabatte si stravaccava davanti alla Tv, lo
si assillava con i problemi dei ragazzi. Che se la sbrigasse la
mamma. D’altronde, non lavorando, che stava a fare tutto il
giorno? Anche se il maschilismo resiste e stenta a morire, la situazione
sta cambiando. Sempre
più donne lavorano fuori casa,
dividendosi tra famiglia e professione.
La condivisione dei compiti
domestici e dell’educazione dei
figli s’è ottenuta più per necessità
che per scelta. L’importante è
non arretrare da questo cammino
di conquiste.
Pubblicato il 26 luglio 2010 - Commenti (0)
20 lug
Dal 1987 lavoro in un grande ospedale del Nord, uno di quelli dove la gente accorre da tutta Italia. E pure dall’estero. Anche qui il rispetto e la dignità di noi dipendenti sono calpestati. Sono stata spostata di reparto una decina di volte, di cui tre solo perché ho avuto la “cattiva idea” di fare dei figli e usufruire del congedo maternità. Ho visto colleghi umiliati in pubblico, davanti a pazienti e medici. Sono stata denigrata dalla mia caposala, per qualche giorno di malattia. Eppure, non era cosa leggera. Ho assistito al dolore di colleghi ai quali non è stato rinnovato il contratto. Clientelismo e nepotismo la fanno da padrone. I turni sono massacranti. La notte dura undici ore, senza soste. Non esistono festività. Se non lavorasse anche mio marito, lo stipendio non mi basterebbe a mantenere la famiglia.
Una lavoratrice
È una delle tante lettere giuntemi, dopo che ho pubblicato i lamenti d’una giovane lavoratrice che, in fabbrica, si sentiva trattata come un numero e non come persona. Cambiano i luoghi, ma le proteste si rassomigliano.Tra tutte, quella che più fa male, è la scarsa considerazione che ancora si ha della maternità. Che non viene affatto favorita, come si dovrebbe in un Paese civile, ma è biecamente considerata come un ostacolo alla produttività. E, per questo, penalizzata. Anche con mezzi subdoli. In Italia le donne sono costrette a dover scegliere tra maternità e professione. Manca una politica familiare orientata ai figli e al rispetto della vita. In questo siamo davvero masochisti, perché il Paese ha il tasso di natalità più basso al mondo. E senza figli non c’è futuro, né speranza di un domani migliore. Altro che produttività!
Pubblicato il 20 luglio 2010 - Commenti (1)
02 lug
Un lettore l’ha
provocata invitandola
a candidarsi alla
presidenza del Consiglio.
La sua risposta secca
(“Non credo d’esserne
all’altezza”) non mi è
piaciuta. Ma si crede
davvero inferiore al
nostro presidente e ai
ministri che si è scelto?
Crede che non potrebbe
fare meglio? Ma li ha visti
bene? Capisco che la sua
è stata una battuta per
liquidare una questione
scomoda. E che preferisce
fare bene il suo mestiere
di giornalista, che è molto
apprezzabile per la
chiarezza delle posizioni
e per il fatto che non
si lascia intimidire dai
potenti. Che spesso lei
fustiga. Per me, però non
basta. Bisogna combattere
contro questi “nuovi
barbari”, che sono in tutti
gli schieramenti politici,
scendendo in campo
in prima persona. Non
possiamo consegnare ai
nostri figli una società in
cui ingiustizia, egoismo,
tutela degli interessi dei
privilegiati, sprechi delle
risorse pubbliche siano
considerati leciti.
Ad Alcamo, assieme
a un gruppo di amici
stiamo cercando di dare
il nostro contributo.
Battaglia difficile, ma
abbiamo l’ambizione
di rendere più giusta la
nostra città. Soprattutto
verso i poveri, gli anziani
e i giovani in cerca di primo
impiego.
VitoP.
“Silvietto” per fare
contento Bossi s’è inventato
il ministero per l’attuazione
del federalismo. Non bastava
quello per l’attuazione del
programma? A quando il
ministero per l’attuazione
della riforma fiscale o
sanitaria? Pazienza se
facciamo doppioni, tanto
navighiamo nell’oro! Visto
che abbiamo un imponente
e costoso parco di 690 mila
auto blu, perché non fare
un apposito ministero?
Che vergogna!
MarioP.
La mia era davvero una battuta. Ognuno deve fare bene il proprio
mestiere. Anche se in politica molti vi sono stati catapultati
per “sistemarsi”, mettersi al riparo da guai giudiziari o per sbarcare
il lunario, grazie alla benevolenza dei capi che li hanno nominati
e ricompensati per i servigi resi, più che per la libera scelta
dei cittadini, attraverso il voto. La politica è sempre più distante
dalla gente, non si interessa più dei veri problemi dei cittadini.
Non c’è più, ad esempio, dopo una fugace apparizione, un ministero
per la famiglia, di cui tanto si sente il bisogno. È vacante,
da mesi, quello per lo sviluppo, dopo le dimissioni di Scajola. Ci
si preoccupa, invece, di fare un ministro del nulla, in tempi rapidi
e sospetti, con deleghe e funzioni fumose, che due giorni dopo la
nomina si avvale del “legittimo impedimento” per non recarsi in
tribunale. Siamo fuori dai Mondiali di calcio, ma siamo ancora
“nel pallone” quanto a confusione mentale. Da far paura. Quest’ultima
nomina, assurda e arrogante, è la goccia che fa traboccare
il vaso. E aprire gli occhi anche ai ciechi e a chi non vuol vedere.
Perché non se ne traggono le dovute conseguenze?
Pubblicato il 02 luglio 2010 - Commenti (0)
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