di Don Sciortino
Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.
14 gen
Caro don Antonio, in questo periodo
tramite la rivista vorrei rivolgere un sentimento
di riconoscenza e un augurio di bene alle “badanti”,
presenti in centinaia di migliaia di famiglie italiane.
Queste donne moldave o ucraine di mezza età,
che lasciano la loro famiglia e i figli, sono oltre
seicentomila in Italia. Per tantissime famiglie
di casa nostra sono divenute un supporto prezioso
nell’assistenza degli anziani. E con costi, comunque,
più contenuti rispetto ad altre scelte per assistere
le persone non autosufficienti. Sarebbe doveroso
che le nostre comunità si interrogassero sul modello
sociale che stiamo realizzando. E quale spazio
vogliamo riservare a una presenza multietnica, che
determina molte nostre scelte di vita. Infatti, senza
questa loro presenza, saremmo costretti a rivolgerci
alle Case di riposo o ad altre soluzioni. Dopo aver appena festeggiato
la nascita di Gesù, venuto per riscattare l’umanità,
apriamoci ai migliori sentimenti di amore e di
gioia e anche alle nostre
collaboratrici familiari, per un dono verso le loro
famiglie lasciate “orfane”.
Giuseppe D. - Chiari (Bs)
Nessuno sa, con esattezza, quante siano le badanti in
Italia. C’è chi dice cinquecentomila, chi quasi un milione.
Comunque, un esercito di donne straniere, che curano anziani
e bambini. Evitando all’Italia l’implosione del sistema
dell’assistenza. Persone, spesso, trattate con poco garbo
e umanità. Talora, sfruttate. Costrette anche a sessanta
ore alla settimana, senza una vita privata, lontane dalle
loro famiglie e dagli affetti più cari: figli e mariti. Pur di
mettere assieme un po’ di soldi, un piccolo gruzzolo da far
fruttare nei Paesi d’origine. Per salvare le nostre famiglie,
spesso distruggono le loro. Al punto, che in qualche nazione,
in Ucraina in particolare, le autorità politiche e la Chiesa
cattolica e quella ortodossa stanno facendo pressione
per bloccare il flusso di badanti, che spezza nuclei familiari.
Con conseguenze devastanti sul piano sociale nel Paese.
Ci si accorge di situazioni di sfruttamento spaventoso e
si corre ai ripari. La tua lettera, caro Giuseppe, sia lo stimolo
per una seria riflessione. Per tutti.
Pubblicato il 14 gennaio 2013 - Commenti (1)
09 gen
Sono un’assidua lettrice di Famiglia
Cristiana e, per la prima volta, mi
permetto di far sentire la mia voce per
esprimere tutta la mia indignazione nei
confronti del manifesto che il parroco
di Lerici ha osato affiggere nella bacheca
della sua parrocchia. Come a volere
giustificare gli uomini che si macchiano
del delitto orribile e della violenza inaccettabile
contro le donne alle quali magari
avevano giurato in passato amore!
Si può essere più misogini e maschilisti
di così? Che questa “predica” inaudita e
scandalosa venga da un pastore di anime,
che dovrebbe sempre ricordare il
comandamento dell’amore verso tutti,
mi riempie di sdegno.
E mi fa pensare che, forse, oggi molte
donne si allontanano dalla fede perché
non si sentono accolte da sacerdoti come
il parroco di Lerici! È mai possibile
che proprio un prete che dovrebbe testimoniare
la misericordia di Gesù, soprattutto
verso chi è più debole, si faccia invece
promotore di un’iniziativa così disgustosa
che offende la dignità di tutte
le donne e invita, implicitamente, alla
violenza, giustificando chi pretende di
essere “padrone” della vita altrui, e sopprime
senza pietà chi decide di tagliare
un rapporto, che magari è diventato
una schiavitù insopportabile?
Possibile che proprio un discepolo
del “buon Pastore” che cerca la pecora
smarrita, che difende l’adultera e invita
gli accusatori a un esame di coscienza
prima di scagliare la prima pietra contro
di lei, sia così incosciente da scusare e quasi incoraggiare quanti si rendono
responsabili di tale inaudita ferocia? Mi
chiedo: quale Vangelo annunciano e testimoniano
parroci come quello di Lerici?
Che cosa significa per loro il Comandamento:
“Non uccidere”? E quello
“nuovo” dell’amore, sintesi di tutto il
Vangelo? Sinceramente, mi vergogno
di quanto è successo. Penso che simili
pastori non siano degni di avere cura di
una comunità ecclesiale.
Agata S.
La condanna deve essere netta e chiara.
Non si può addurre nessuna scusante.
Non si può scherzare col fuoco,
con “provocazioni deliranti”, quando in
ballo c’è la vita di tante donne, vittime di
brutale violenza. Ancor più grave se a farlo
è un sacerdote, che dovrebbe mostrare
il “volto misericordioso” della Chiesa. O
un sito on-line, dal nome “Pontifex”, che
dice di ispirarsi ai princìpi cristiani, e che
ora genera confusioni confondendosi col
Twitter di Benedetto XVI.
«Parole prive di senso e di senno», quelle
di don Corsi, parroco di una frazione di
Lerici, hanno scritto tante donne. «Vicenda
grave e triste», l’ha liquidata con estrema
durezza il presidente dei vescovi italiani,
il cardinale Bagnasco. «C’è una violenza
diffusa che si abbatte, talora, in maniera
drammatica sulle donne», gli ha fatto
eco monsignor Vincenzo Paglia, neopresidente
del Pontificio consiglio per la famiglia,
avendo ben presente che in Italia,
ogni due giorni, viene uccisa una donna
in quanto donna. Per non dire delle altre
violenze come stupri, discriminazioni e
vessazioni varie. Aggiunge monsignor Paglia:
«Non è possibile pensare che sia colpa
delle donne stesse se tutto questo avviene.
È, quindi, inequivocabile la condanna
delle affermazioni di questo parroco». La
Chiesa ha detto ben altre cose della donna,
della sua dignità e del suo “genio”
femminile. Come queste parole di Giovanni
Paolo II: «Grazie a te, donna, per il fatto
stesso che sei donna». Un innamorato
non avrebbe detto di meglio.
d.a.
Pubblicato il 09 gennaio 2013 - Commenti (10)
18 ott
Sono un suo affezionato lettore trentenne. Sposato
da due anni, con infinita gioia aspettiamo il nostro
primo figlio. Sia io che mia moglie siamo stati educati
al rispetto del prossimo. Voglio raccontarle un
episodio che ci ha tanto feriti, legato alla gravidanza di
mia moglie. Lei, libera professionista, lavora a Venezia
e si sposta con i mezzi
pubblici. È al settimo mese
di gravidanza e continua
a lavorare, non potendo
usufruire del permesso
di maternità. Una mattina,
sul vaporetto che la portava
a Venezia, era seduta nei
posti riservati ai disabili,
alle donne in gravidanza
e agli anziani. Poco dopo,
sale una signora anziana,
ma in perfetta forma fisica,
che in modo arrogante
le ordina di alzarsi e lasciarle il posto. Tre ragazze
sedute accanto avrebbero potuto alzarsi, ma fanno
“orecchie da mercante”. Anzi, insultano mia moglie.
Nell’indifferenza generale. Solo una signora interviene
allibita. E fa notare la gravidanza avanzata di mia
moglie. A quel punto, lei si era già alzata. L’episodio mi
ha fatto sorgere tanti interrogativi. Ma in che mondo
viviamo? Perché prevalgono solo i furbi e gli arroganti?
Che rispetto c’è per la vita? L’inciviltà ha davvero preso
il sopravvento su tutto il resto?
Un futuro papà
Non c’è nulla di peggio dell’indifferenza. Se ciascuno
bada solo a sé stesso e chiude gli occhi (e il cuore) sui bisogni
degli altri, siamo al trionfo dell’egoismo. Mauna società
che non rispetta nemmeno una donna incinta al settimo
mese, è davvero poco umana. Più che le invettive dell’anziana
signora e la strafottenza delle tre ragazze, colpisce il
silenzio dei presenti. Nessuno ha avuto il coraggio di intervenire,
eccetto una donna. Quando di fronte al sopruso si
gira lo sguardo altrove, è un gran brutto segno.
Pubblicato il 18 ottobre 2012 - Commenti (2)
12 ott
Vorrei parlarle di
un grave problema
sociale. Ogni sera,
davanti alla mia casa,
si appostano delle
prostitute. Le confesso
che mi irritavano
moltissimo. Poi, una
volta, dopo averle
insultate, mi sono pentita
pensando che forse,
come diceva don Benzi,
sono costrette a fare
quel mestiere. Ma sono
uomini senza scrupoli
quelli che le sfruttano.
Non solo i cosiddetti
“protettori”, ma anche
i clienti. Persone
di giorno considerate
rispettabili, che di notte
usano quelle donne come
oggetti. Si dovrebbero
vergognare. Può
immaginare cosa si prova
a dover assistere, ogni
sera, a questo penoso
spettacolo. Faccio appello
ai governanti perché
intensifichino la lotta
contro gli sfruttatori
di prostitute.
Stefania
C’è nei confronti della
prostituzione quasi una
rassegnazione a non poter
fare nulla. Perché, si dice, è
un mestiere antico come il
mondo. Difficile da estirpare.
Pura ipocrisia, per non
affrontare il problema, lasciando
vittime inermi nelle
mani di “protettori” violenti
e senza scrupoli. Ma
per combattere seriamente
la prostituzione nelle strade,
dovremmo cominciare
a ribellarci contro lo sfruttamento
della donna e del
suo corpo anche in Tv.
Pubblicato il 12 ottobre 2012 - Commenti (7)
18 nov
Grazie a lei e ai suoi collaboratori per il vostro impegno a favore di un mondo più equo e sano. Secondo la giustizia di Dio. Sono un fedele abbonato, da venticinque anni. Vorrei chiederle di affidare i commenti al Vangelo della domenica a una donna. Mi piacerebbe che, tra tante omelie e catechesi maschili, ci fosse un pensiero femminile. Quando vado a sentire qualche teologa, resto sempre colpito favorevolmente. Le donne hanno una marcia in più. E una delicatezza particolare. Perché non dà spazio a una biblista nella nostra rivista? Ce ne sono diverse.
Valerio S.
Non si fa ancora abbastanza, all’interno della Chiesa, per valorizzare quello che Giovanni Paolo II aveva definito il “genio femminile”. E, forse, anche da parte nostra qualche voce di donna in più non guasterebbe. Tieni, però, conto che in passato i commenti ai Vangeli della domenica li abbiamo affidati a una coppia di sposi, i coniugi Zattoni Gillini. Molto apprezzati. Non abbiamo avuto solo preti e vescovi. Per il nuovo anno liturgico, che comincia con la prima domenica d’Avvento, abbiamo scelto di affidare al cardinale Tettamanzi un commento dei Vangeli in chiave familiare. In vista del Forum internazionale della famiglia che si terrà a Milano nel giugno 2012. Il tuo consiglio, caro Valerio, resta sempre valido. Anzi, è un monito.
Pubblicato il 18 novembre 2011 - Commenti (0)
10 ago
La Chiesa italiana non può tacere. Anzi,
dovrebbe farsi portavoce della rivolta
morale di tanti credenti. Il degrado etico
è sotto gli occhi di tutti. Assistiamo, ogni giorno,
alla mercificazione del corpo delle donne,
all’uso della comunicazione per manipolare
fatti e notizie a proprio beneficio, alla denigrazione
del dissenso attraverso la macchina del
fango. Il potere non è più a servizio dei cittadini.
La legalità è piegata a interessi individuali.
Si fa esibizione sfacciata della ricchezza.
La corruzione dilaga negli appalti pubblici. E
i diritti dei più deboli sono elargiti come assistenza.
Tra morale personale e pubblica c’è
ampio divario. La stessa religione è usata e strumentalizzata.
I poteri dello Stato si delegittimano
l’un l’altro. E la democrazia è ridotta a demagogia
mediatica e populismo.
Per tutto ciò, la Chiesa è chiamata a far trasparire
la sua funzione profetica. Altrimenti,
verrebbe meno alla propria vocazione. Non si
può scambiare la prudenza con la diplomazia
del silenzio. Né ci si può estraniare, quando
sono in ballo valori evangelici. Sant’Ambrogio
lasciò fuori dalla chiesa l’imperatore Teodosio,
reduce dalla strage di Tessalonica. San
Leone Magno fermò Attila, che marciava su
Roma. Cara Chiesa non tacere! Se non ora,
quando?
Gian Mario - Macerata
È difficile, purtroppo, contestare la tua analisi,
caro Gian Mario. Il nostro Paese versa
in uno stato di profondo “coma etico”.
Il degrado morale, soprattutto quando alberga
in alto, rischia d’essere devastante nei confronti
delle nuove generazioni. I cattivi esempi, come
i vizi, fanno facile presa. Per questo, tu esigi
una denuncia netta da parte della Chiesa. Dai
pastori ai semplici fedeli.
L’attuale degrado è segno di una profonda
crisi morale. Tra le conseguenze, c’è il diffondersi
di un “pensiero debole”, che considera normale
la prevaricazione. E il progressivo affermarsi
di una mentalità utilitarista, che elimina la distinzione
tra ciò che è giusto e ingiusto. Per ridurre
tutto a interessi e tornaconto personale o
di gruppo. D’altra parte, se abbiamo uomini
delle istituzioni compromessi con legalità, giustizia
e malcostume, che non si preoccupano del
bene comune ma solo dei propri affari, tutto ciò
(e altro ancora) non piove dal cielo.
Se la classe politica è allo sbando, una giusta indignazione deve chiamare in causa anche quei cattolici che appoggiano provvedimenti inconciliabili con i diritti umani e i princìpi evangelici. A dire il vero, la Chiesa istituzione, in più occasioni, s’è pronunciata con forza su importanti questioni sociali: famiglia, lavoro, migranti (irregolari e rom). E, più ampiamente, sull’attuale modello di sviluppo, che dilapida le risorse naturali. E accresce le disuguaglianze tra i Paesi ricchi e quelli poveri.
Non sono mancati ripetuti richiami del Papa e dei vescovi ai cattolici che militano nei diversi partiti e schieramenti, perché siano coerenti al Vangelo e ai valori morali che professano. La missione della Chiesa non può essere altra che annunciare il Vangelo e i valori di uguaglianza, giustizia e fraternità che ne derivano. Una missione profetica. E, quindi, necessariamente critica. Forse, non sempre la Chiesa è intervenuta in modo tempestivo. E con voce netta, senza balbettare.
Il vero problema è chiedersi quanto le direttive del Magistero siano alla base dell’agire dei cattolici in politica. In qualunque schieramento e partito essi militino. E, soprattutto, qual è la formazione a un’autentica coscienza sociale della comunità cristiana. A cominciare dalla parrocchia, nel suo ruolo insostituibile di formare le coscienze. In vista di comportamenti competenti e onesti, sia nella sfera privata che in quella pubblica. In questa direzione, l’esito dei recenti referendum ha segnato un risveglio delle coscienze. E manifestato una maggiore partecipazione alla vita del Paese. Senza eccessive deleghe. Soprattutto in bianco. È tempo, semmai, di chiedere conto del loro operato a chi ci rappresenta in Parlamento. Nonostante l’esproprio del diritto a votare, dopo l’ignominiosa “legge porcata”. Da abolire quanto prima. Un altro segnale l’hanno dato le donne, con il loro sussulto di dignità, sfociato nelle manifestazioni di “Se non ora quando?”. La voglia di cambiamento si avverte nell’aria. Il soffio di una nuova primavera spira forte.
D.A.
Pubblicato il 10 agosto 2011 - Commenti (14)
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