Don Sciortino

di Don Sciortino

Don Antonio Sciortino è il direttore responsabile di Famiglia Cristiana. In questo blog affronterà le tematiche riguardanti la famiglia e le questioni sociali, dalla disoccupazione, all'immigrazione all’impegno dei cristiani.

 
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gen

Un "grazie" alle badanti

Caro don Antonio, in questo periodo tramite la rivista vorrei rivolgere un sentimento di riconoscenza e un augurio di bene alle “badanti”, presenti in centinaia di migliaia di famiglie italiane. Queste donne moldave o ucraine di mezza età, che lasciano la loro famiglia e i figli, sono oltre seicentomila in Italia. Per tantissime famiglie di casa nostra sono divenute un supporto prezioso nell’assistenza degli anziani. E con costi, comunque, più contenuti rispetto ad altre scelte per assistere le persone non autosufficienti. Sarebbe doveroso che le nostre comunità si interrogassero sul modello sociale che stiamo realizzando. E quale spazio vogliamo riservare a una presenza multietnica, che determina molte nostre scelte di vita. Infatti, senza questa loro presenza, saremmo costretti a rivolgerci alle Case di riposo o ad altre soluzioni. Dopo aver appena festeggiato la nascita di Gesù, venuto per riscattare l’umanità, apriamoci ai migliori sentimenti di amore e di gioia e anche alle nostre collaboratrici familiari, per un dono verso le loro famiglie lasciate “orfane”.

Giuseppe D. - Chiari (Bs)

Nessuno sa, con esattezza, quante siano le badanti in Italia. C’è chi dice cinquecentomila, chi quasi un milione. Comunque, un esercito di donne straniere, che curano anziani e bambini. Evitando all’Italia l’implosione del sistema dell’assistenza. Persone, spesso, trattate con poco garbo e umanità. Talora, sfruttate. Costrette anche a sessanta ore alla settimana, senza una vita privata, lontane dalle loro famiglie e dagli affetti più cari: figli e mariti. Pur di mettere assieme un po’ di soldi, un piccolo gruzzolo da far fruttare nei Paesi d’origine. Per salvare le nostre famiglie, spesso distruggono le loro. Al punto, che in qualche nazione, in Ucraina in particolare, le autorità politiche e la Chiesa cattolica e quella ortodossa stanno facendo pressione per bloccare il flusso di badanti, che spezza nuclei familiari. Con conseguenze devastanti sul piano sociale nel Paese. Ci si accorge di situazioni di sfruttamento spaventoso e si corre ai ripari. La tua lettera, caro Giuseppe, sia lo stimolo per una seria riflessione. Per tutti.

Pubblicato il 14 gennaio 2013 - Commenti (1)
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La dignità delle donne

Sono un’assidua lettrice di Famiglia Cristiana e, per la prima volta, mi permetto di far sentire la mia voce per esprimere tutta la mia indignazione nei confronti del manifesto che il parroco di Lerici ha osato affiggere nella bacheca della sua parrocchia. Come a volere giustificare gli uomini che si macchiano del delitto orribile e della violenza inaccettabile contro le donne alle quali magari avevano giurato in passato amore! Si può essere più misogini e maschilisti di così? Che questa “predica” inaudita e scandalosa venga da un pastore di anime, che dovrebbe sempre ricordare il comandamento dell’amore verso tutti, mi riempie di sdegno. E mi fa pensare che, forse, oggi molte donne si allontanano dalla fede perché non si sentono accolte da sacerdoti come il parroco di Lerici! È mai possibile che proprio un prete che dovrebbe testimoniare la misericordia di Gesù, soprattutto verso chi è più debole, si faccia invece promotore di un’iniziativa così disgustosa che offende la dignità di tutte le donne e invita, implicitamente, alla violenza, giustificando chi pretende di essere “padrone” della vita altrui, e sopprime senza pietà chi decide di tagliare un rapporto, che magari è diventato una schiavitù insopportabile? Possibile che proprio un discepolo del “buon Pastore” che cerca la pecora smarrita, che difende l’adultera e invita gli accusatori a un esame di coscienza prima di scagliare la prima pietra contro di lei, sia così incosciente da scusare e quasi incoraggiare quanti si rendono responsabili di tale inaudita ferocia? Mi chiedo: quale Vangelo annunciano e testimoniano parroci come quello di Lerici? Che cosa significa per loro il Comandamento: “Non uccidere”? E quello “nuovo” dell’amore, sintesi di tutto il Vangelo? Sinceramente, mi vergogno di quanto è successo. Penso che simili pastori non siano degni di avere cura di una comunità ecclesiale.

Agata S.

La condanna deve essere netta e chiara. Non si può addurre nessuna scusante. Non si può scherzare col fuoco, con “provocazioni deliranti”, quando in ballo c’è la vita di tante donne, vittime di brutale violenza. Ancor più grave se a farlo è un sacerdote, che dovrebbe mostrare il “volto misericordioso” della Chiesa. O un sito on-line, dal nome “Pontifex”, che dice di ispirarsi ai princìpi cristiani, e che ora genera confusioni confondendosi col Twitter di Benedetto XVI. «Parole prive di senso e di senno», quelle di don Corsi, parroco di una frazione di Lerici, hanno scritto tante donne. «Vicenda grave e triste», l’ha liquidata con estrema durezza il presidente dei vescovi italiani, il cardinale Bagnasco. «C’è una violenza diffusa che si abbatte, talora, in maniera drammatica sulle donne», gli ha fatto eco monsignor Vincenzo Paglia, neopresidente del Pontificio consiglio per la famiglia, avendo ben presente che in Italia, ogni due giorni, viene uccisa una donna in quanto donna. Per non dire delle altre violenze come stupri, discriminazioni e vessazioni varie. Aggiunge monsignor Paglia: «Non è possibile pensare che sia colpa delle donne stesse se tutto questo avviene. È, quindi, inequivocabile la condanna delle affermazioni di questo parroco». La Chiesa ha detto ben altre cose della donna, della sua dignità e del suo “genio” femminile. Come queste parole di Giovanni Paolo II: «Grazie a te, donna, per il fatto stesso che sei donna». Un innamorato non avrebbe detto di meglio.

d.a.

Pubblicato il 09 gennaio 2013 - Commenti (10)
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Rispetto per le donne incinte

Sono un suo affezionato lettore trentenne. Sposato da due anni, con infinita gioia aspettiamo il nostro primo figlio. Sia io che mia moglie siamo stati educati al rispetto del prossimo. Voglio raccontarle un episodio che ci ha tanto feriti, legato alla gravidanza di mia moglie. Lei, libera professionista, lavora a Venezia e si sposta con i mezzi pubblici. È al settimo mese di gravidanza e continua a lavorare, non potendo usufruire del permesso di maternità. Una mattina, sul vaporetto che la portava a Venezia, era seduta nei posti riservati ai disabili, alle donne in gravidanza e agli anziani. Poco dopo, sale una signora anziana, ma in perfetta forma fisica, che in modo arrogante le ordina di alzarsi e lasciarle il posto. Tre ragazze sedute accanto avrebbero potuto alzarsi, ma fanno “orecchie da mercante”. Anzi, insultano mia moglie. Nell’indifferenza generale. Solo una signora interviene allibita. E fa notare la gravidanza avanzata di mia moglie. A quel punto, lei si era già alzata. L’episodio mi ha fatto sorgere tanti interrogativi. Ma in che mondo viviamo? Perché prevalgono solo i furbi e gli arroganti? Che rispetto c’è per la vita? L’inciviltà ha davvero preso il sopravvento su tutto il resto?

Un futuro papà

Non c’è nulla di peggio dell’indifferenza. Se ciascuno bada solo a sé stesso e chiude gli occhi (e il cuore) sui bisogni degli altri, siamo al trionfo dell’egoismo. Mauna società che non rispetta nemmeno una donna incinta al settimo mese, è davvero poco umana. Più che le invettive dell’anziana signora e la strafottenza delle tre ragazze, colpisce il silenzio dei presenti. Nessuno ha avuto il coraggio di intervenire, eccetto una donna. Quando di fronte al sopruso si gira lo sguardo altrove, è un gran brutto segno.

Pubblicato il 18 ottobre 2012 - Commenti (2)
12
ott

Quegli insulti alle donne di strada

Vorrei parlarle di un grave problema sociale. Ogni sera, davanti alla mia casa, si appostano delle prostitute. Le confesso che mi irritavano moltissimo. Poi, una volta, dopo averle insultate, mi sono pentita pensando che forse, come diceva don Benzi, sono costrette a fare quel mestiere. Ma sono uomini senza scrupoli quelli che le sfruttano. Non solo i cosiddetti “protettori”, ma anche i clienti. Persone di giorno considerate rispettabili, che di notte usano quelle donne come oggetti. Si dovrebbero vergognare. Può immaginare cosa si prova a dover assistere, ogni sera, a questo penoso spettacolo. Faccio appello ai governanti perché intensifichino la lotta contro gli sfruttatori di prostitute.

Stefania

C’è nei confronti della prostituzione quasi una rassegnazione a non poter fare nulla. Perché, si dice, è un mestiere antico come il mondo. Difficile da estirpare. Pura ipocrisia, per non affrontare il problema, lasciando vittime inermi nelle mani di “protettori” violenti e senza scrupoli. Ma per combattere seriamente la prostituzione nelle strade, dovremmo cominciare a ribellarci contro lo sfruttamento della donna e del suo corpo anche in Tv.

Pubblicato il 12 ottobre 2012 - Commenti (7)
18
nov

Vogliamo una biblista

Grazie a lei e ai suoi collaboratori per il vostro impegno a favore di un mondo più equo e sano. Secondo la giustizia di Dio. Sono un fedele abbonato, da venticinque anni. Vorrei chiederle di affidare i commenti al Vangelo della domenica a una donna. Mi piacerebbe che, tra tante omelie e catechesi maschili, ci fosse un pensiero femminile. Quando vado a sentire qualche teologa, resto sempre colpito favorevolmente. Le donne hanno una marcia in più. E una delicatezza particolare. Perché non dà spazio a una biblista nella nostra rivista? Ce ne sono diverse. 

                                                                                                                            Valerio S.

Non si fa ancora abbastanza, all’interno della Chiesa, per valorizzare quello che Giovanni Paolo II aveva definito il “genio femminile”. E, forse, anche da parte nostra qualche voce di donna in più non guasterebbe. Tieni, però, conto che in passato i commenti ai Vangeli della domenica li abbiamo affidati a una coppia di sposi, i coniugi Zattoni Gillini. Molto apprezzati. Non abbiamo avuto solo preti e vescovi. Per il nuovo anno liturgico, che comincia con la prima domenica d’Avvento, abbiamo scelto di affidare al cardinale Tettamanzi un commento dei Vangeli in chiave familiare. In vista del Forum internazionale della famiglia che si terrà a Milano nel giugno 2012. Il tuo consiglio, caro Valerio, resta sempre valido. Anzi, è un monito.

Pubblicato il 18 novembre 2011 - Commenti (0)
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ago

Il degrado etico è sotto gli occhi di tutti

La Chiesa italiana non può tacere. Anzi, dovrebbe farsi portavoce della rivolta morale di tanti credenti. Il degrado etico è sotto gli occhi di tutti. Assistiamo, ogni giorno, alla mercificazione del corpo delle donne, all’uso della comunicazione per manipolare fatti e notizie a proprio beneficio, alla denigrazione del dissenso attraverso la macchina del fango. Il potere non è più a servizio dei cittadini. La legalità è piegata a interessi individuali. Si fa esibizione sfacciata della ricchezza. La corruzione dilaga negli appalti pubblici. E i diritti dei più deboli sono elargiti come assistenza. Tra morale personale e pubblica c’è ampio divario. La stessa religione è usata e strumentalizzata. I poteri dello Stato si delegittimano l’un l’altro. E la democrazia è ridotta a demagogia mediatica e populismo.
Per tutto ciò, la Chiesa è chiamata a far trasparire la sua funzione profetica. Altrimenti, verrebbe meno alla propria vocazione. Non si può scambiare la prudenza con la diplomazia del silenzio. Né ci si può estraniare, quando sono in ballo valori evangelici. Sant’Ambrogio lasciò fuori dalla chiesa l’imperatore Teodosio, reduce dalla strage di Tessalonica. San Leone Magno fermò Attila, che marciava su Roma. Cara Chiesa non tacere! Se non ora, quando?

Gian Mario - Macerata

È difficile, purtroppo, contestare la tua analisi, caro Gian Mario. Il nostro Paese versa in uno stato di profondo “coma etico”. Il degrado morale, soprattutto quando alberga in alto, rischia d’essere devastante nei confronti delle nuove generazioni. I cattivi esempi, come i vizi, fanno facile presa. Per questo, tu esigi una denuncia netta da parte della Chiesa. Dai pastori ai semplici fedeli.
L’attuale degrado è segno di una profonda crisi morale. Tra le conseguenze, c’è il diffondersi di un “pensiero debole”, che considera normale la prevaricazione. E il progressivo affermarsi di una mentalità utilitarista, che elimina la distinzione tra ciò che è giusto e ingiusto. Per ridurre tutto a interessi e tornaconto personale o di gruppo. D’altra parte, se abbiamo uomini delle istituzioni compromessi con legalità, giustizia e malcostume, che non si preoccupano del bene comune ma solo dei propri affari, tutto ciò (e altro ancora) non piove dal cielo.

Se la classe politica è allo sbando, una giusta indignazione deve chiamare in causa anche quei cattolici che appoggiano provvedimenti inconciliabili con i diritti umani e i princìpi evangelici. A dire il vero, la Chiesa istituzione, in più occasioni, s’è pronunciata con forza su importanti questioni sociali: famiglia, lavoro, migranti (irregolari e rom). E, più ampiamente, sull’attuale modello di sviluppo, che dilapida le risorse naturali. E accresce le disuguaglianze tra i Paesi ricchi e quelli poveri.
Non sono mancati ripetuti richiami del Papa e dei vescovi ai cattolici che militano nei diversi partiti e schieramenti, perché siano coerenti al Vangelo e ai valori morali che professano. La missione della Chiesa non può essere altra che annunciare il Vangelo e i valori di uguaglianza, giustizia e fraternità che ne derivano. Una missione profetica. E, quindi, necessariamente critica. Forse, non sempre la Chiesa è intervenuta in modo tempestivo. E con voce netta, senza balbettare.

Il vero problema è chiedersi quanto le direttive del Magistero siano alla base dell’agire dei cattolici in politica. In qualunque schieramento e partito essi militino. E, soprattutto, qual è la formazione a un’autentica coscienza sociale della comunità cristiana. A cominciare dalla parrocchia, nel suo ruolo insostituibile di formare le coscienze. In vista di comportamenti competenti e onesti, sia nella sfera privata che in quella pubblica. In questa direzione, l’esito dei recenti referendum ha segnato un risveglio delle coscienze. E manifestato una maggiore partecipazione alla vita del Paese. Senza eccessive deleghe. Soprattutto in bianco. È tempo, semmai, di chiedere conto del loro operato a chi ci rappresenta in Parlamento. Nonostante l’esproprio del diritto a votare, dopo l’ignominiosa “legge porcata”. Da abolire quanto prima. Un altro segnale l’hanno dato le donne, con il loro sussulto di dignità, sfociato nelle manifestazioni di “Se non ora quando?”. La voglia di cambiamento si avverte nell’aria. Il soffio di una nuova primavera spira forte.

D.A.

Pubblicato il 10 agosto 2011 - Commenti (14)
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